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Diego Parassole, stand-up comedian, autore e formatore: “Vi spiego come veicolare i messaggi in maniera efficace mantenendo l’attenzione (e, perché no, divertendo!)”

Il celebre comico e autore è un personaggio a tutto tondo, sempre più richiesto dalle aziende per speech, percorsi di formazione e team building. Esperto di neuromarketing e mindfulness, insegna ‘come lavorare meglio’ entrando in contatto con se stessi e ottimizzando le proprie risorse, ma mantenendo sempre la giusta dose di leggerezza e autoironia.

Dal 1995 si occupa di formazione. E non è ‘solo’ un formatore. E’ anche un coach, un esperto di neuromarketing, di storytelling, di public speaking, di team building, di mindfulness. Ma, probabilmente, la maggioranza del pubblico lo conosce per la sua attività più ‘in vista’, ovvero quella di stand-up comedian e attore. Stiamo parlando di Diego Parassole (in foto), un personaggio a tutto tondo che, grazie alla sua versatilità e alle sue competenze viene sempre più richiesto dal mondo degli eventi e da quello aziendale per veicolare messaggi efficaci e insegnare a lavorare meglio, magari divertendosi. 

Stand-up comedian, attore, autore e formatore. Ci racconti in breve come si è evoluto il tuo rapporto con il pubblico, nel tuo ruolo di formatore?

Premetto che le interviste mi mettono sempre un po’ in imbarazzo: se parli bene di te stesso, rischi di sembrare un megalomane. Se parli male, rischi di sembrare un pirla. In quale delle due versioni mi volete? Spero solo di non passare per un ‘megalomane pirla’!

Ehm, ci fidiamo della tua lucidità! Tornando alla domanda: il passaggio da comico a formatore...

Pura 'serendipità' - uso questa parola per dare l’idea di essere colto -: nel 1995 quello che era stato il mio compagno di banco delle elementari, allora CFO di un’importante azienda farmaceutica - uso la parola CFO per dare l’idea che conosco a fondo il linguaggio aziendale - mi vide in tv, al Maurizio Costanzo Show e mi chiamò per una serie di eventi. I responsabili della formazione mi chiesero: “Ti va l’idea di aiutarci a far parlare i manager?” Detto così… potrebbe sembrare che mi avessero scambiato per un logopedista. No! Si trattava di public speaking. Ho iniziato e non ho più smesso. Poi, Carlo Turati, uno dei miei autori storici che allora era docente di organizzazione in Bocconi, mi coinvolse su altri progetti formativi. Insomma: pura serendipità. O fortuna sfacciata, scegliete voi! Studiavo medicina veterinaria e ho finito col fare il comico e il formatore. Probabilmente ho salvato più animali così che se avessi fatto il veterinario…

Non crediamo proprio sia solo fortuna… Hai un curriculum invidiabile. Ci spieghi in che modo ti poni a servizio del mondo aziendale e degli eventi? Quale valore aggiunto una figura come la tua può portare al cliente?

Dietro il mio lavoro, in effetti, ci sono anni di studio: a teatro, all’Accademia Paolo Grassi di Milano, ma anche corsi di coaching. E molto altro. Metto insieme competenze che vengono da mondi estremamente diversi: quello dello spettacolo e della comunicazione, quello della formazione, quello delle neuroscienze che mi ha appassionato nel periodo dell’università e ho continuato ad approfondire negli anni… Non a caso sono anche istruttore certificato di Mindfulness, un percorso la cui validità è dimostrata dalle ricerche dei più eminenti neuroscienziati, da Daniel Goleman a Richard Davidson. E poi, ci sono tanta pratica ed esperienza: se fai l’attore o il formatore devi saper comunicare e anche gestire le tue emozioni. Ma il tema vero non è solo conoscere molte tecniche: è saperle utilizzare al meglio, saperle calare nella realtà e, quando serve, saperle trasferire agli altri. Mi piace molto aiutare le persone a crescere. (clicca sul link per vedere Parassole in azione alla seconda giornata di 'Certamente 2018- Italian Neuromarketing Days)

Quali sono, nel dettaglio, le tue aree di intervento?

Quello che noi chiamiamo ‘edutainment’: in contesti aziendali racconto in maniera divertente concetti scientifici sofisticati. Come diceva Einstein: “Semplificare senza banalizzare”. E in più - aggiungo io - facendo ridere. Insomma sono una specie di Alberto Angela comico. Oggi è sempre più difficile tenere l’attenzione del pubblico. L’umorismo ti aiuta a farlo, in un’epoca in cui tra tablet e smarphone la nostra attenzione è inferiore a quella di un pesce rosso, almeno secondo una ricerca fatta in Canada da Microsoft! Insomma, dal punto di vista dell’attenzione ormai i pesci rossi ci fanno un mazzo così. Io non ho mai parlato a una platea di pesci rossi, ma immagino che sia più attenta di una platea di umani. Di certo più silenziosa. E soprattutto, non guardano continuamente il cellulare! Ma so per certo che con gli umani, se non hai la capacità di coinvolgere e interessare il pubblico, il messaggio non passa. Insomma: aiuto le aziende a comunicare i propri messaggi in maniera più efficace.

L’altra mia area di competenza è l’aula di formazione vera e propria. Un numero relativamente ridotto di persone, pochissima teoria e molta pratica. Insomma: formazione esperienziale. Perché conoscere cognitivamente un concetto non vuol dire saperlo applicare nella realtà. Impariamo soprattutto dall’esperienza. E in una situazione protetta come quella dell’aula possiamo permetterci anche di sbagliare. Ora, siccome gli sbagli credo di averli fatti quasi tutti, ho molta esperienza… quindi, diciamo, ‘molto da insegnare’! Ma in realtà non sono io che insegno: semplicemente, sono un tramite per aiutare le persone a sviluppare le proprie competenze.

Dal 1995 lavori nel campo della formazione come trainer e coach ed esperto di mindfulness, proponendo percorsi di edutainment. Ci racconti un po’ più nel dettaglio come sono strutturati i tuoi format e su quali leve poni l’accento?

Negli speech parlo soprattutto di vendita e di cambiamento. E a volte di team, di relazione interpersonale, di gestione dei conflitti, di feedback, dei valori personali e aziendali e, siccome non ho studiato mnemotecnica, sicuramente ho scordato qualcosa! Affronto questi temi a partire dal punto di vista delle neuroscienze. In genere si tratta di capire bene qual è l’esigenza dell’azienda. Cosa ha bisogno di comunicare, qual è il messaggio da far passare. Questo vuol dire confrontarsi con i responsabili dell’evento, raccogliere informazioni, preparare il progetto, scriverlo. Poi di nuovo confrontarsi con i referenti aziendali per capire se quello che ho preparato è allineato con le loro esigenze. Insomma un processo laborioso. Ma che porta sempre a risultati notevoli.

Sei un appassionato di ecologia, tecnologia e neuroscienze. Come sono nate queste passioni e come le declini nel tuo lavoro di formatore e intrattenitore?

Rispetto alle tematiche legate ai temi ambiente, ecologia, alimentazione: mi hanno sempre appassionato. Quando è nata mia figlia ho deciso che avrei voluto capirne di più. Capire che mondo avremmo lasciato ai nostri figli. E cosa potremmo fare per lasciar loro un mondo un po’ migliore. Per questo, su questi temi ho scritto tre spettacoli e un libro. Ad esempio, rispetto al tema ‘brain’: il nostro cervello ha quasi 100 miliardi di neuroni che possono farci fare migliaia di ...zate in milioni di modi diversi! Forse possiamo imparare a usarlo al meglio. Insomma, sono passato dall’ecologia dell’ambiente all’ecologia della mente.

Ci racconti una case history particolare di qualche evento di cui sei stato protagonista dove ritieni che gli obiettivi siano stati raggiunti in modo veramente efficace?

Dal punto di vista dell’aula di formazione un po’ di tempo fa - con un collega - ho avuto la possibilità di fare con lo stesso gruppo di persone una decina di giorni di lavoro sul tema public speaking e storytelling. Avere tutto questo tempo permette di andare davvero a fondo. Permette di seguire le persone - dopo aver dato loro i ‘fondamentali’ - nella scrittura del loro speech. Di aiutarle mentre lo provano e fino a quando lo portano in scena. Permette alle persone di assimilare quanto sperimentano. E i risultati, alla fine, si vedono. Oggi si tende a far tutto velocemente. Qualche volta capitano richieste surreali: “Avremmo bisogno di un team building: 200 persone, 3 ore”. Vuol dire, ammesso che le persone riescano a fare un’esperienza, che poi non c’è il tempo di riflettere su quell’esperienza. E non c’è apprendimento. Per soddisfare certe richieste, più che di un formatore, ci sarebbe bisogno di un miracolo! Ovvio, poi non sempre sono necessari 10 giorni. Ma, in poche ore, non ha senso provare a fare formazione esperienziale. Allora meglio uno speech, se non ci sono aspettative esagerate. Voglio dire: se sento Vettel che mi spiega come guidare una Formula Uno, alla fine del suo speech non saprò guidare una Formula Uno. Per dirla in maniera un po’ trasgressiva: anni fa a Zelig ho chiacchierato un po’ con Rocco Siffredi. Ma mia moglie non ha notato la differenza! Dal punto di vista dell’edutainment, il recente progetto con ENEA (l’Ente del Ministero dello Sviluppo Economico) sull’efficienza energetica mi ha portato ad affrontare un tipo di pubblico a cui non ero abituato: quello dei ragazzi delle scuole superiori di diverse città d’Italia. Una bella sfida quella di ingaggiarli, di incuriosirli su un tema come quello dell’energia, per molti di loro apparentemente lontano. Un lavoro davvero appassionante.

Infine… Affermi che il nostro cervello sia lo strumento di business più potente che ci sia. Qualche piccola anticipazione o consiglio per allenarlo? Tu, in particolare, cosa fai?

Negli anni ho provato percorsi diversi. Tra tutti, quello che ho trovato più efficace è la mindfulness. Essa non rende il cervello un miglior strumento di business. Anzi, apparentemente potrebbe sembrare in antitesi rispetto alle richieste del mondo aziendale, dove l’essenziale sembra essere la velocità. Eppure, oggi, in molte delle aziende di maggior successo si pratica la mindfulness. E questo, aiuta anche la produttività e la qualità della vita. Perché la mindfulness ci aiuta a entrare in contatto con noi stessi. A gestire meglio lo stress, ad affrontare in maniera più efficace le nostre emozioni. Non ti rende perfetto. Ma almeno… sei consapevole di non esserlo.

Ora vi saluto: la mia capacità d’attenzione sta rapidamente scemando. E forse anche la vostra. Fortuna mi sono iscritto a un corso su quest’argomento. Lo tiene un pesce rosso…

Serena Roberti