Evento b2b

Investimenti in Corporate Venture Capital: un trend in forte crescita che emerge dalla quarta edizione dell'evento Corporate Entrepreneurship di cui Accenture Italia è main partner

Dal confronto tra gli speaker che si sono susseguiti nelle tavole rotonde e insieme alla platea virtuale di decision makers collegata il 9 e l'11 novembre, sono emersi spunti e buone pratiche che i vari stakeholder (aziende corporate, PMI, CVC e startup) potranno cogliere per lavorare proficuamente con gli altri attori dell’ecosistema nell’implementazione di una propria strategia di innovazione di medio-lungo periodo.

Lunedì 9 e mercoledì 11 Novembre si è svolta online la quarta edizione dell’evento annuale della Community B2B GELLIFY dal titolo “Corporate Entrepreneurship” a cui hanno partecipato 20 speaker internazionali con solida esperienza nel Corporate Venture Capital e nel Venture Building ed oltre 200 decision makers tra CVC, C-level, Executives e Innovation Manager collegati da tutto il mondo.

Nel corso delle 2 sessioni si sono susseguite 4 tavole rotonde in cui sono stati affrontati con una certa profondità aspetti relativi alle nuove modalità di crescita e sviluppo delle aziende consolidate attraverso il corporate venturing e la diffusione di una cultura imprenditoriale all’interno delle organizzazioni per innovare più rapidamente, in modalità più agile ed economica.

Main partner dell’edizione appena conclusa Accenture Italia oltre ai partner strategici Studio legale Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, Kaspersky, Studio di consulenza tributaria Pirola Pennuto Zei & Associati.

Dal confronto tra gli speaker che si sono susseguiti nelle tavole rotonde e insieme alla platea virtuale di decision makers collegata, sono emersi spunti e buone pratiche che i vari stakeholder (aziende corporate, PMI, CVC e startup) potranno cogliere per lavorare proficuamente con gli altri attori dell’ecosistema nell’implementazione di una propria strategia di innovazione di medio-lungo periodo.

Il corporate venture capital è caratterizzato da una forte ascesa.

Secondo Pitchbook, gli investimenti di CVC sono passati dal pesare per il 20% dei 50 miliardi di euro investiti globalmente dal VC nel 2012 al 26% dei 147 miliardi di euro investiti nel 2017. Gli investimenti di CVC sono stati quindi caratterizzati da un impressionante tasso di crescita composto (CAGR), pari a circa 31%.” – ha commentato Laura Scaramella, Partner di CDP Venture Capital SGR - Fondo Nazionale Innovazione.

Mentre l’Europa è ancora un passo indietro rispetto agli altri continenti, l’Asia ha iniziato a sottrarre fette di mercato al Nord America grazie ad alcune importanti operazioni chiuse negli ultimi tre anni. In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio sul CVC a cura di Assolombarda, InnovUp e Smau, si rileva un incremento del 40,3% tra il 2018 e il 2020 di startup che rientrano nel portafoglio di investimenti di un CVC o di una corporate.

Dal confronto durante le tavole rotonde è emerso che vi è una sostanziale assenza di trend rispetto ai settori a cui i CVC sono più interessati ad investire. Restano in prima linea il digitale (con una crescita di 10 volte superiore dell’intelligenza artificiale e della cybersecurity rispetto al 2013) e il settore della salute e delle scienze della vita. In Medio Oriente si aggiungono come trend in crescita il fintech, la mobilità, l’e-commerce e l’intrattenimento.

Il CVC è l’anima dell’organizzazione che si spinge oltre i propri confini, in mercati in cui la corporate potrà lavorare in futuro.

Il suo obiettivo primario deve riguardare il raggiungimento di un ragionevole livello di rendimento sugli investimenti che devono quindi risultare finanziariamente sostenibili. Ma non basta: bisogna avere anche obiettivi strategici allineati a quelli della casa madre e la vera difficoltà è misurarli.

Spesso il vantaggio di lavorare con startup a livello internazionale può supportare le corporate ad accelerare alcuni piani di business in aree che richiedono maggiore agilità.

Dal punto di vista dei team di un CVC è necessario dedicare almeno il 50% del tempo alle unità di business e l’altro 50% del tempo a studiare il mercato e bisogna mantenere un costante allineamento con l’azienda madre e le proprie startup investite.  

Dal punto di vista delle aziende corporate è emerso un modello vincente, sia rispetto alla cultura organizzativa sia rispetto alla performance del business, che prevede che i dipendenti che hanno promosso internamente una startup promettente e su cui l’azienda decide di investire possano entrare nella società con una quota del 10-20%, in modo da poter restare protagonisti del nuovo business che hanno contribuito a creare e da poter trarre benefici concreti dal loro approccio imprenditivo.

Nelle organizzazioni è inoltre importante stabilire una chiara metrica che indica il livello di raggiungimento degli obiettivi dei progetti di innovazione e che riguarda soprattutto il livello di ingaggio dei dipendenti che si riesce a raggiungere.

È anche emerso che le organizzazioni della old economy, quindi con business più tradizionali, non devono trascurare il proprio business as usual, cioè quello ordinario, bensì affiancare a quest’ultimo un nuovo “motore” che opera parallelamente per implementare processi e progetti di innovazione nell’organizzazione.

Per quanto riguarda invece le corporate che operano in ambito tecnologico è emerso che queste pesano circa il 40% del fatturato dell’intera Europa e quindi il loro interesse nel dotarsi di CVC ha un potenziale importante.

Nel fare business con le startup è importante per le aziende corporate definire come primo aspetto in maniera chiara la relazione e il ruolo di entrambe le parti. Un numero sempre maggiore di aziende corporate è disposto a lavorare con le startup e chiede loro di affiancarsi alle proprie unità di business, adattarsi al proprio contesto organizzativo e testarne rapidamente le tecnologie. Se poi si tratta di aziende quotate in borsa preferiscono che i loro investitori le vedano coinvolte in tutte queste attività; questo aspetto si rivela utile anche per la startup nell’ottica di future possibili operazioni.

Le piccole e medie imprese in questo contesto in evoluzione hanno un’occasione importante, perché si sta verificando una sorta di “democratizzazione” del corporate venture capital che si sta consolidando come meccanismo che oggi non possono permettersi solo le large corporation.

Dal mondo accademico è emerso che il corporate venturing può arrivare a ridurre dalle 3 alle 5 volte i costi dei processi di innovazione e ciò viene appunto a vantaggio anche delle organizzazioni di media grandezza e non solo delle grandi aziende.

Secondo alcune testimonianze dirette lo sviluppo interno di startup e prototipi deve essere visto come una modalità per sviluppare nuove tecnologie, nuove competenze e modalità di crescita, ricevendo feedback rapidi dai clienti e decidendo poi se implementare ed investire in quelle soluzioni. In questo modo si può scardinare quell’inerzia che tipicamente caratterizza le PMI e che le vede magari combattere ad armi impari con aziende straniere più grandi.

Un modello emergente segnalato dal mondo accademico, precisamente da Josemaria Siota, Executive Director IESE, e che può essere adottato sia da aziende corporate che PMI, riguarda la costituzione di 'corporate venturing squads', ovvero piccoli gruppi di aziende (da 4 a 6) che uniscono le proprie forze per collaborare con una o più startup, confrontarsi tra loro per dimostrare la fattibilità di un progetto, migliorare la propria value proposition e potenzialmente avere accesso a più mercati internazionali. Le aziende hanno così la possibilità di innovare in modo più rapido, diminuendo al contempo rischi e costi e collaborando anche con abilitatori.

Per una startup gli elementi di differenziazione fondamentali nel lavorare con un corporate venture capital sono l’accesso al mercato e al trasferimento tecnologico.  

È importante ribadire che stabilire un chiaro accordo con l’azienda con cui si collabora fin dall’inizio può evitare conseguenze indesiderate come eccessiva influenza sul prodotto o sulla sua strategia.

L’autonomia conferita ad una startup interna ne può determinare il grado di dirompenza. Al contempo quest’ultima deve essere allineata alle unità di business della corporate ed oggetto di una ponderata strategia di integrazione.

Queste buone pratiche scaturite dalle sessioni online appena concluse sono solo un’anticipazione delle pillole formative che verranno rilasciate sui canali di GELLIFY fino al 24 novembre: vi saranno tanti altri contributi da parte di speaker internazionali del calibro di quelli già intervenuti live.

GELLIFY lancia inoltre una survey internazionale rivolta esclusivamente a C-level di corporate venture capital che verrà elaborata dal team di analisti di GELLIFY ed i cui risultati confluiranno in un report internazionale sullo stato dell’arte del CVC che verrà distribuito entro il primo semestre del 2021. 

Queste buone pratiche scaturite dalle sessioni online appena concluse sono solo un’anticipazione delle pillole formative che verranno rilasciate sui canali di GELLIFY fino al 24 novembre: vi saranno tanti altri contributi da parte di speaker internazionali del calibro di quelli già intervenuti live.

Per ascoltare le pillole formative di Corporate Entrepreneurship: https://bit.ly/3plOP5F

Per partecipare alla survey internazionale sul Corporate Venture Capital: https://bit.ly/2K5sw4d