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Sassoli (UPA): “Pubblicità nel 2020 a -17%, una chiusura meno negativa delle attese. Sorprendente la reattività dell' industry alla crisi, ma ora bisogna ridare fiducia agli italiani per far ripartire consumi e investimenti”

La contrazione del mercato pubblicitario e i trend relativi ad aziende, settori e mezzi; la necessità di interventi governativi che restituiscano ottimismo agli italiani; il cambiamento del linguaggio pubblicitario; le iniziative sulla trasparenza della filiera digitale (il progetto Blockchain di UPA); le attese per la ripartenza del mondo degli eventi. Questi gli argomenti toccati dal presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi ai microfoni di Advexpress.

“Nel culmine della crisi gli investimenti – esordisce il presidente dell’associazione degli utenti pubblicitari, Lorenzo Sassoli de Bianchi –, Nielsen ha rilevato cali drammatici: oltre il -40% in aprile. Di conseguenza già la stima di chiusura a -17% per fine anno – che ricordo è una previsione che UPA fa tradizionalmente in questo periodo tenendo conto delle indicazioni che riceve dai suoi associati, non da una sfera di cristallo, ed è leggermente migliorativa rispetto a quelle di altri operatori – sarebbe tutto sommato meno negativa delle attese”.

Tali indicazioni evidenziano contrazioni maggiori fra i grandi investitori (oltre 80 milioni l’anno) e i piccoli (fino a 5 milioni l’anno) rispetto ai medi e medio grandi (40-80 milioni l’anno): come si spiega?

“I primi e le multinazionali – osserva Sassoli – hanno probabilmente seguito politiche internazionali: il Covid-19 sta colpendo il mondo intero e la prudenza parte quindi da lontano. Quelle medie sono invece aziende principalmente italiane in cui c’è forse una propensione al rischio maggiore, e che forse hanno capito che c’era una grande opportunità durante il lockdown grazie all’innalzamento delle audience televisive e della lettura dei giornali, abbassando quindi il costo-contatto spingendole a tenere botta il più possibile. I piccoli investitori sono quelli che invece avevano le spalle meno larghe e problemi più immediati, e quindi, come spesso succede nelle fasi estremamente critiche, la prima cosa che si taglia è la pubblicità perché non rappresenta un problema sul breve, anche se sappiamo esserlo sul lungo periodo”.

Approfondendo l’andamento dei diversi settori, appare chiaro che quelli dei beni di prima necessità sono riusciti a difendersi e a difendere anche gli investimenti: “L’alimentare, il farmaceutico, la detergenza, la grande distribuzione durante la fase di lockdown hanno continuato a investire. Altri hanno completamente perso il proprio mercato, come il lusso, l’automobile e i beni durevoli in generale, risentendo maggiormente della crisi. Ma saranno poi i primi a ripartire e a migliorare il segno negativo nei prossimi mesi”.

Per quello che riguarda i mezzi e le polemiche sulla ‘guerra di sconti’ che si è innescata durante il lockdown, Sassoli osserva come il calo abbia riguardato tutti: “Come dico sempre, il mio motto è ‘don’t squeeze the supplier’. È stato un periodo transitorio e capisco perfettamente il discorso delle concessionarie di non considerare le condizioni che sono riuscite a farci in questa fase come regola per il futuro. Credo però che nei momenti difficili non sia sbagliato premiare chi ha avuto la forza e il coraggio di continuare a investire, e che tutto il mercato dovrebbe mostrare apprezzamento nei confronti dei mezzi di comunicazione. Io spero che si torni presto alla normalità nell’interesse di tutti e l’augurio che facciamo a tutti e a tutto il sitema industriale italiano è che possano ripartire i consumi e, parallelamente, gli investimenti”.

“Oggi che dalla fase più critica siamo usciti – prosegue Sassoli –, questo è l’aspetto più importante: si tratta però di una prospettiva che si fonda sulla fiducia. Se non riusciamo a dare fiducia agli italiani, difficilmente ci potrà essere una ripresa. Non è un caso se in questi mesi sono aumentati i risparmi degli italiani, che non hanno speso in attesa di vedere quel che succederà”.

In riferimento alle misure adottate o promesse dallo Stato, Sassoli è del parere che “Se si fanno annunci a cui non si dà seguito, o lo si fa in un lasso di tempo troppo lungo, si alimenta il clima di sfiducia. Non si può promettere una bicicletta domani per regalare
invece un triciclo a Natale: prima di tutto perché del triciclo non si sa che farsene, ma soprattutto perché si fa crollare la fiducia in chi non mantiene le promesse”.

Per contro, ci sono incentivi e bonus una tantum che si potrebbero dare e sarebbero molto utili: “Penso per esempio al fatto che il parco auto italiano è vecchissimo, e questa potrebbe essere l’occasione per rinnovarlo andando verso una direzione più sostenibile; ma al di là di questo penso alla cassa integrazione, che deve essere tenuta in piedi soprattutto per le aziende che non hanno ancora mercato e per le più piccole, che a causa dei limiti sull’aggregazione, non possono esercitare la loro attività”.

Oltre all’aspetto strettamente legato all’investimento, come valuta Sassoli la reazione del mondo della comunicazione alla crisi? “C’è stata sicuramente una reazione sorprendente – è la risposta –, per la rapidità con cui è cambiato il linguaggio e per la capacità di interpretare lo spirito del tempo e del momento grazie all’efficacia delle scelte comunicative: abbiamo visto campagne che univano, davano senso di appartenenza, orgoglio nazionale, spot che inneggiavano a superare le difficoltà. Tutta l’industria ha reagito: dalla messa in sicurezza di milioni di lavoratori switchando rapidamente alla modalità dello smart working che non era affatto scontato in un paese che ha una certa arretratezza dal punto di vista della banda larga. Si è dimostrata la parte ‘buona’ del Paese e la struttura portante del futuro, e questo mi dà fiducia”.

Riguardo ancora al cambiamento del linguaggio, il presidente UPA si dice convinto che non si tornerà indietro: “Ci si occuperà di più di sostenibilità, di valori in generale. E un segnale debole ma importante arriva dalle molte aziende che stanno ingaggiando i più grandi registi italiani per realizzare gli spot del futuro: questo impegno, gravoso anche sul piano economico, significa da un lato che hanno fiducia, e dall’altro che stanno cercando collaborazioni creative che permettano loro di interpretare lo spirito del tempo”.
A proposito di digitale, e in particolare delle notizie degli ultimi giorni sul boicottaggio degli OTT da parte di molte aziende, la posizione di Sasssoli è chiara: “UPA sta affrontando da anni il tema degli hater, delle fake news e della collocazione della nostra pubblicità in ambienti brand safe, tanto è vero che già 3 anni fa abbiamo realizzato il Libro Bianco sulla

Comunicazione Digitale che ha fatto il giro del mondo ed è stato ripreso ovunque. Da tempo chiediamo che le nostre marche siano protette rispetto a messaggi di odio e discriminatori. Ora la sensibilità si è acuita anche perché in questo periodo il mondo si è
interconnesso – ricordiamoci che la frequentazione di Internet negli ultimi 3 mesi è aumentata esponenzialmente! Io non personalizzerei sugli Over The Top perché è un problema più generale del mondo della rete. Ho fatto una ricerca in questi giorni sul tema del boicottaggio, e il blocco di certi siti da parte degli OTT, che fino a 3 o 4 anni fa rappresentava circa il 20% del problema, oggi arriva a bloccarne fino al 90%. Resta il fatto che l’ultimo 10% è un problema ancora enorme e certamente ci aspettiamo decisioni forti in questa direzione tenendo conto che non è di facile soluzione”.

Nella fase di lockdown, intanto, è proseguito il lavoro sul progetto di Blockchain avviato da UPA lo scorso anno: “è un progetto molto complesso – spiega Sassoli – piuttosto oneroso perché parliamo di investimenti nell’ordine dei milioni di euro che necessitano del coinvolgimento di tutto il sistema della comunicazione, ma sarebbe un passo decisivo verso la trasparenza dell’intera catena grazie alla tracciabilità di tutti i passaggi, dal momento in cui l’azienda investe fino all’arrivo della campagna sul mezzo. Ciò permetterà per esempio di impedire che i messaggi vadano a finire su siti non graditi, cosa che spesso con il programmatic può accadere. Presumibilmente ci vorrà ancora un anno per farlo partire: a oggi UPA è l’unica ad averci investito, ma presenteremo il progetto all’intero mercato perché come dicevo solo se l’intero mercato aderisce potrà funzionare”.