

Media
Wavemaker Italy cresce del +10% nel 2024, trainata da consulenza strategica (+20%), servizi e-commerce e tech (+30%). Vergani: “I brand chiedono awareness e integrazione. 2025 positivo, ma la criticità è il mercato Automotive”
Luca Vergani, CEO di WaveMaker, ha presentato alla stampa i risultati 2024 dell'agenzia che ha chiuso l’anno con una crescita complessiva del +10%, nettamente oltre la media del mercato,
“Da un certo punto di vista siamo stati aiutati dal mercato – ha esordito Vergani –, che si è chiuso al +5,8% e ci ha dato quella spinta positiva che ovviamente male non fa: correre col vento alle spalle aiuta sempre. È stato un anno di grandi soddisfazioni perché siamo riusciti sia a consolidare la relazione con grossi clienti come Sky e L’Oreal, che hanno rivisto il loro budget e ci hanno confermato, sia a conquistare la fiducia di aziende che ci hanno invece scelto per la prima volta, come Bolton”.
Una seconda ragione di questa crescita, prosegue Vergani, è che sempre più spesso, nel corso dell'anno, le aziende hanno deciso di coinvolgere l’agenzia uscendo da un perimetro di sola performance: “Dopo aver efficientato al massimo i costi di acquisizione attraverso le attività digitali, si sono rese conto che non riuscivano più a scalare con le vendite complessive, quindi sono tornati a coinvolgere agenzie come le nostre che sì, sono in grado di ottimizzare le performance, ma all'interno di analisi e considerazioni che razionalizzano l'intero percorso di acquisto dei consumatori. Questo grazie alla capacità di integrare a 360 gradi tutte le attività di comunicazione e di guardare anche alla Consideration e all'Awareness, facendo scalare i volumi e mantenendo sempre sotto controllo il costo di acquisizione”.
Terzo e non meno importante fattore ad aver spinto la crescita di Wavemaker è avere conquistato un pool di clienti – come Bata, NGG o Furla – che si interfacciano con l’agenzia anche per le loro pianificazioni internazionali: “La nostra capacità di gestire dall'Italia, attraverso i pannelli di pianificazione, visualizzazioni che il brand può avere in giro per il mondo, in giro per l'Europa – spiega Vergani – ci rende da un lato più attrattivi e dall’altro vuol dire che le aziende per la quale collaboriamo in Italia ci valgono non solo per il budget italiano ma anche per il budget multi-country che ci affidano”.
Ben vengano le gare, ma il mercato deve trovare un corretto bilanciamento
Come indicato dal CEO di Wavemaker, il 2024 è stato un anno particolarmente brillante sul fronte gare: su oltre 50 pitch cui l’agenzia ha preso parter è risultata vincitrice nel 76% dei casi.
Tuttavia la gara non è sempre il modo migliore per scegliere un consulente: come si incrocia questo dato con l’approccio sempre più strategico e consulenziale cui Vergani fa riferimento?
“Parto dal dato numerico, mai visto in precedenza e temo difficilmente ripetibile, che è figlio del fatto fortunato di aver difeso con successo Sky e L’Oreal e acquisito Bolton, tre grandissimi clienti che nella ponderata portano il risultato a quella cifra”.
Al di là della soddisfazione, però, Vergani tiene a sottolineare che una delle caratteristiche di Wavemaker è sempre stata “La capacità di erogare il giusto servizio, con la giusta qualità, a tutte le aziende indipendentemente dalla loro dimensione. Lo dico non perché possa diventare un claim, ma perché reputo che sia uno dei valori aggiunti dell'agenzia. Gestiamo grandi clienti, ma abbiamo anche cinque sedi in giro per il territorio italiano che ci consentano di essere più vicini, anche fisicamente, alle piccole e medie imprese sparse in tutta Italia”.
Tornando ai pitch, secondo il manager non è che la gara non sia il modo migliore di valutare un consulente dal punto di vista strategico, ma non è o non dovrebbe essere il solo modo:
“La realtà è che forse se ne fanno troppo spesso, invitando troppe agenzie. Non ne ho paura e anzi in agenzia il momento della gara è se vogliamo uno dei più stimolanti e di accrescimento della struttura. Ma non bisogna esagerare e il mercato deve trovare un corretto bilanciamento tra quanto spesso un’azienda indice una gara e quante agenzie coinvolge, per evitare che poi diventi un boomerang e metta sotto stress tutte le strutture sul mercato costrette poi a diminuire la qualità media del servizio erogato ai clienti. Ultimamente ci siamo trovati a rifiutare di partecipare a gare anche in difesa quando non trovavamo le condizioni ideali, proprio perché vogliamo tutelare la qualità del servizio: non perché voglio fare lo snob, ma nell'interesse dei clienti e della qualità che siamo in grado di produrre per la gara specifica”.
La crescita dell’organico e il ruolo dell’IA
Questa intensa attività di pitching ha portato anche l’agenzia a crescere in termini di organico: “Sì, siamo cresciuti tanto perché ci siamo dovuti strutturare grazie all'acquisizione delle nuove aziende che hanno scelto di farci collaborare con loro senza aver perso nessun grosso cliente. Quindi siamo cresciuti naturalmente grazie all’incremento dei volumi e di tutti
i servizi che siamo andati via via ad aggiungere al nostro portafoglio: e-commerce, retail, media, tutti i servizi in ambito digitale che mano a mano stanno crescendo indipendentemente dal volume perché concettualmente sono servizi che riusciamo a erogare anche ad investimento media zero: tutta la presenza e l'ottimizzazione su e- commerce, i piani editoriali in ambito social, piuttosto che la consulenza in ambito digitale, è svolta a prescindere dal fatto che poi ci sia un euro investito sulle piattaforme o nessun investimento. Anche questo poi genera un aumento della forza lavoro, un aumento delle
professionalità che abbiamo all'interno dell'agenzia e una loro diversificazione”.
Fra gli ambiti di cui il mondo dei media oggi non può fare a meno di essere parte attiva c’è naturalmente quello dell’Intelligenza Artificiale, la cui principale applicazione a oggi è nel vero e proprio ‘sistema operativo’ che è alla base del lavoro di tutte le agenzie del Gruppo WPP. Ma in quali termini, concretamente?
“Negli ultimi anni WPP ha investito e sta investendo più di 300 milioni di euro all'anno per sviluppare sistemi di IA proprietaria che riteniamo diventeranno poi il vero valore aggiunto del gruppo e di tutte le agenzie che ne fanno parte – specifica Vergani –. Alla base, o all'interno del sistema è stato creato un ambiente chiamato WPP Open, proprio perché non si vuole vincolare a una sola banca dati o un solo data set, ma è aperto a qualsiasi sistema di dati accessibile perché riteniamo che dalla ricchezza dei dati nasca una miglior capacità di gestione delle erogazioni delle campagne”.
Nello specifico, continua Vergani, WPP ha creato due macroambienti: Open Media Studio e Open Creative Studio: “In quello media, ovviamente, si ottimizzano le campagne di comunicazione creando dei data set e dei cluster di audience sui quali vengono stimati miliardi di alternative, di pianificazioni diverse, in modo da creare la miglior pianificazione possibile – piuttosto che anche cose più banali: meeting report, gestione dell'email. È un ambiente che facilita la gestione e l'implementazione di tutto il lavoro di un'agenzia media. In quello Creative, per quanto poi ormai anche la creatività sia in sovrapposizione rispetto a quello che facciamo e alle capabilities all'interno di GroupM con tutta la parte di gestione del content, si possono clusterizzare i consumatori per momenti di consumo, rispetto al meteo o alla geografia, e in ciascuno di questi incroci in automatico generare testo e immagine che, se approvati dall'azienda, possono andare in erogazione automatica per l'ottimizzazione delle campagne”.
In un epoca in cui i cookie perderanno gradualmente valore – non scompariranno, sostiene Vergani, ma saranno così ridotti di numero che non consentiranno più una visione completa della realtà – si aprono quindi, grazie all’IA, la capacità, la necessità e l'opportunità di pianificare in logica di geoplanning, una delle aree chiave, insieme all’eCommerce e al Retail Media per il mercato e per le strategie dei clienti.
“In questo senso sono ottimista – chiosa Vergani –, e penso che le persone capaci di usare l'IA sostituiranno le persone che non ne sono capaci: non sarà l'intelligenza artificiale che porterà via i posti di lavoro”.
Un impegno costante per la DEI
Oltre all’innovazione tecnologica, Wavemaker Italy continua a distinguersi per il suo impegno verso i valori di Diversità, Equità e Inclusione. Questo approccio non è solo una dichiarazione d’intenti, ma si traduce in azioni concrete e continuative, pensate per coinvolgere tutti i Wavemakers ma anche partner e comunità esterne.
Le iniziative organizzate nel 2024 testimoniano l'impegno del centro media nel promuovere inclusione e consapevolezza: dall’evento per l’International Women’s Day in collaborazione con L’Oréal, che ha celebrato il talento e il contributo delle donne nel mondo del lavoro, al DEI Talk per il Pride con Ikea e Casa Arcobaleno, un’occasione per approfondire il valore
della diversità e dell’inclusione, fino all’importante iniziativa contro la violenza sulle donne con l’associazione Scarpetta Rossa, che ha unito sensibilizzazione e azioni concrete per contrastare questo drammatico fenomeno. Questi progetti, insieme a molte altre attività, non sono semplici iniziative simboliche, ma pilastri fondamentali di una strategia che punta a costruire una cultura aziendale inclusiva.
Ottimismo per il 2025 ma visibilità ancora scarsa
La previsione di Vergani per il 2025 è ottimistica, ma cauta: “Stimiamo una chiusura d’anno a +1% o +2%, ma è una ‘non-stima’. Ormai non si sa esattamente da che parte andranno gli investimenti: sì, abbiamo delle indicazioni da parte delle aziende, che però poi, giustamente, le cambiano settimanalmente, per non dire quotidianamente. Il mese di Gennaio non è andato male, pur confrontandosi con una base dell'anno scorso elevata, perché a gennaio- giugno o anche gennaio-settembre 2024 il mercato è andato molto forte”.
Oggi, aggiunge, non si vedono segnali di crisi o di gravi criticità: “L'unico elemento di attenzione in questo momento è collegato al mercato dell'auto. Non tanto perché, come successo in anni recenti, la domanda sia bassa o perché i prodotti non siano disponibili, ma per l’entrata in vigore di regolamentazioni europee sull'inquinamento vincolate alla quantità di immatricolato elettrico che non sta ovviamente decollando come leggiamo sui giornali tutti i giorni. Questo potrebbe portare un rallentamento del mercato Automotive stimato tra il 10 e il 15% dei volumi di vendita, e se le aziende non vendono tendenzialmente riducono gli investimenti pubblicitari: essendo un settore grosso, una frenata a doppia cifra sarebbe un segnale al quale prestare particolare attenzione”.
Tommaso Ridolfi