Partner
Sassoli: per UPA una Rai di qualità, con una rete senza spot. Malegori: proposta ragionevole
Si tratta infatti di una questione di particolare rilevanza, dal momento che la Rai ha avuto un ruolo storico nella crescita del nostro Paese e che la televisione continua a essere il medium più importante degli italiani, che passano ben 4,2 ore al giorno davanti alla tv, un tempo superiore alla media europea.
Da qui è nata l'idea di commissionare ad AstraRicerche la realizzazione dell'indagine 'Rai: quale futuro?': una ricerca che ha coinvolto stakeholder, investitori, consulenti ed esperti del mondo della comunicazione per tracciare un quadro di valutazioni sulle condizioni attuali della tv pubblica e sulla possibile riforma che potrebbe cambiare il suo futuro. (Per maggiori dettagli sui risultati della ricerca leggi qui)
Sulla base degli stimoli raccolti attraverso l'indagine, Upa ha elaborato la sua idea. Come ha spiegato il presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi ai microfoni di ADVexpress tv, oggi la Rai si comporta più da broker che da broadcaster: è avanzata tecnologicamente ma, nonostante i 13.000 dipendenti, esternalizza le produzioni, è arretrata culturalmente e ingovernabile a causa delle lottizzazioni. E' come "una nave incagliata in una foresta pietrificata di interessi di parte e di partiti".
Nelle intenzioni di Upa, come ha detto il presidente ai nostri microfoni, la Rai deve restare pubblica. Le privatizzazioni e le cordate sul modello di quanto avvenuto con Alitalia vanno evitate, poichè solo il servizio pubblico è garanzia di democrazia e di pluralismo. Allo stesso tempo la Rai deve essere allontanata il più possibile dalla politica e protetta dalla lottizzazione.
Come? La proposta di Upa prevede che sia una Fondazione a divenire proprietaria dell'ente pubblico, con uno statuto che rifletta l'attuale contratto di servizio. La Fondazione avrà l'obbligo del pareggio di bilancio e gestirà la Rai attraverso due livelli decisionali: il Consiglio di Indirizzo, Controllo e Garanzia, volto a definire le strategie a controllarne il rispetto, e il Consiglio di Amministrazione deputato alla gestione. Il primo sarà composto da persone di riconosciuta onestà, serietà, impegno professionale e civile, nominate da soggetti istituzionali quali ad esempio: Presidenti delle due Camere, Corte Costituzionale, Authority, Regioni, Comuni, Associazione Consumatori, Università, CNEL etc.
A far parte del Consiglio di Amministrazione saranno invece 5/7 membri con chiara professionalità, indipendenza e competenza specifica nominati dal consiglio di Indirizzo. All'interno del Consiglio verrà nominato un Amminisratore Delegato, che sarà responsabile della gestione nel rispetto delle linee guida fornite dal Consiglio di Indirizzo.
A fungere da raccordo tra i due organi sarà un presidente nominato dal Consiglio di Indirizzo.
In secondo luogo, bisognerà provvedere al recupero dell'evasione del canone, attraverso modalità da definire (si potrebbe pensare ad esempio di abbinare il pagamento del canone alle bollette dell'Enel). Un problema particolarmente sentito, basti pensare che attualmente risultano 16 milioni di abbonati su 22 milioni di famiglie, per un ammanco pari a 600 milioni. Proprio tale recupero sarebbe più che sufficiente a compensare i mancati ricavi (circa 300 milioni) derivanti dalla decisione di abolire la pubblicità da una delle tre rei Rai.
Come ha dichiarato Sassoli de Bianchi ai nostri microfoni, infatti, l'istituzione di un canale senza advertising potrebbe liberare almeno parzialmente la Rai dalla schiavitù dell'audience, ponendola nelle condizioni di sperimentare per rinnovare i format all'insegna della qualità, anche nell'ottica di giustificare il pagamento del canone. Una proposta che, se da un lato sembra andare contro gli interessi delle aziende che investono in pubblicità, è assolutamente necessaria per riconferire alla Rai il ruolo di avamposto nel mondo dei media, sia in ambito culturale che di intrattenimento.
Ma la mossa di Upa non potrebbe favorire le reti Mediaset, spostando di fatto gli investimenti dalle reti pubbliche a quelle private? Ricordiamo che attualmente i canali Mediaset catalizzano ogni anno investimenti pari a 3 miliardi di euro, ovvero tre volte superiori rispetto al budget investito sulle reti Rai, sulle quali vige il tetto del 12% (4% settimanale).
Secondo il presidente Sassoli de Bianchi con un canale senza spot tornerebbero in circolo 300 milioni di euro che non necessariamente verrebbero reinvestiti sui canali Mediaset. Inoltre i rappresentanti del Pdl si sono espressi più volte negativamente in merito alla riforma Rai. In ogni caso, afferma il presidente Upa, l'interesse dell'Associazione risiede in primis nella modernizzazione del Paese, che passa anche attraverso la modernizzazione della tv pubblica: è solo questa esigenza ad aver spinto Upa a prendere posizione su un tema sul quale in precedenza non era mai intervenuta.
E poi non è detto che la pubblicità debba sparire del tutto dal canale 'prescelto'. Come ha anticipato Sassoli de Bianchi all'incontro organizzato a Milano per la presentazione dei risultati dell'indagine di AstraRicerche, infatti, si potrebbe pensare di reintrodurre il vecchio Carosello, visto come momento di valorizzazione di giovani cineasti che avrebbero così modo di esprimere il proprio talento in brevi filmati completi di codino pubblicitario.
Ora non resta che vedere come la proposta di Upa verrà accolta dal governo. Sassoli de Bianchi ha già chiesto un appuntamento al Presidente del Consiglio Mario Monti per discuterne. Non resta che aspettare.
Giulio Malegori, presidente Aegis Media Italia, risponde con un giudizio positivo alla proposta di riforma della Rai presentata dall’Upa oggi a Milano.
Il manager concorda sull’ipotesi che un’istituzione come
Positivo il giudizio di Malegori anche sulla possibilità che una delle tre reti Rai sia senza pubblicità, sul modello di quanto già avviene in altre nazioni europee. Una ipotesi, questa, che, secondo Malegori, non dovrebbe creare problemi di pianificazione alle aziende considerando l’ampia offerta di reti in cui si articola oggi la televisione italiana. In altri termini, gli investimenti pubblicitari verrebbero quindi redistribuiti sulla molteplicità degli altri canali satellitari, digitali e sulle web tv di cui oggi si compone l'offerta televisiva, senza impattare negativemente neppure sulle attività dei centri media. Con la premessa che questa&nb