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IAB Seminar. Rompere i "silos" la vera sfida del mobile advertising
Dati, creatività e “regole” per il mobile adv: se n’è parlato nella tavola rotonda che ha messo a confronto Luca Daher (Spotify), Benedetta Arlati (IGPDecaux), Donatella Urrai (Teads Italia) ed Elia Blei (Condé Nast), realtà completamente diverse ma accomunate dalla convinzione che per la miglior comunicazione mobile occorre lavorare fin dall’inizio in partnership e senza barriere.

Benché rappresentanti di quattro realtà molto diverse una dall’altra, dalle loro testimonianze è emersa una interessante concordanza: la necessità di abbattere i silos con cui ancora oggi si tende ad approcciare il mobile advertising.
Luca Daher ha raccontato come alle origini di Spotify non ci fosse l’attenzione per l’advertising ma quella per gli utenti, ossia l’interesse a creare la miglior piattaforma possibile per gli utenti di musica: “Solo dopo - ha detto Daher -, concentrandoci sul mondo dei dati forniti dagli stessi consumatori, ci si sono aperte le porte della pubblicità e l’opportunità di monetizzare queste informazioni”.
Questo stretto rapporto fra Spotify e utenti rappresenta un aiuto fondamentale per le pianificazioni delle aziende: “Un esempio è quello dei runner - ha proseguito -: le persone che corrono utilizzano tipologie specifiche di playlist e contenuti, alcuni dei quali creati ad hoc da noi. L’utilizzo di queste playlist ci permette di riconoscerli, e di conseguenza di offrire ai brand - pensiamo a un integratore di sali minerali - l’opportunità di essere presenti e comunicare con loro in momenti di interesse particolare”.
In una situazione come questa, ha sottolineato però Daher, “lo smartphone non basta ed è necessario ‘chiudere’ la call to action su altri device”. Per questa ragione le iniziative di comunicazione pensate per il mobile vanno dunque pensate fin dall'inizio insieme a tutto il resto e non mantenendo i silos e le barriere che ancora le differenziano dalle altre attività dei brand.
Benedetta Arlati, ha ricorda come IGPDecaux, concessionaria di pubblicità Out Of Home, si trovi ad affrontare da sempre la macrosfida di comunicare con persone in mobilità: “Ciò significa cercare tutte le sinergie possibili con la stimolazione visiva mentre le persone camminano, pedalano, guidano o anche semplicemente aspettano… Le nostre pensiline e tutti gli altri nostri spazi sono già in mezzo alla gente, non vanno cercati: il nostro media non si impone ma si propone alle persone, ed è da lì che si attiva il dialogo con loro. Dialogo che attraverso il mobile può diventrare molto profondo”.
A patto però che la proposizione della marca sia chiara, sintetica e capace di promettere al consumatore un benefit realmente interessante.
Arlati ha portato come esempio il caso di chi attende un mezzo di trasporto: “L’attesa media per un treno della Metropolitana milanese durante il giorno è di circa 3 minuti - spiega -: il manifesto sulla banchina potrà catturare l’attenzione di un viaggiatore ma non riuscirà la trattenerla per così tanto tempo”.
Ma il poster può diventare la ‘scintilla’ che porta a utilizzare lo smartphone per interagire con la pubblicità sul poster: a quel punto a guadagnarci saranno entrambi, il viaggiatore che avrà potuto sfruttare meglio il suo tempo e il brand che avrà avuto l’occasione di dialogare con lui.
“Uscire da silos è il concetto vincente - ha concluso quindi Arlati -: tutti quelli che lavorano nel mondo digitale dovrebbero lavorare insieme per non vanificare gli sforzi”.
“Per noi - ha sostenuto Donatella Urrai di Teads Italia - è cruciale non solo mantenere l’innovazione al centro di ogni nostra strategia, ma anche e soprattutto l’attenzione nei confronti degli utenti che oggi intercettano i video principalmente da mobile. Lo smartphone è diventato un compagno della nostra vita quotidiana, ed è necessario fare moltissima attenzione non solo a cosa ma anche a come si comunica”.
Da qui nascono le linee guida alla base dell’offerta Teads che si concretizza in formati “Sempre rispettosi della navigazione degli utenti che magari in quel momento stanno facendo ‘altro’ e non vogliono essere disturbati. È l’utente che deve scegliere: forzare la visione di una pubblicità non gradita sarebbe controproducente”.
Ragionare in questi termini, però, significa “non cercare di inseguire la performance a tutti i costi!” aggiunge Urrai. Quella sui device mobili deve essere per l’utente una brand experience a tutto tondo, reale e interattiva: “Non catturare l’attenzione, fare pressione, o magari sbagliare il formato e non approfittare della verticalità dello schermo di uno smartphone possono rendere quell’esperienza molto più povera o addirittura negativa”.
“La forza dei brand editoriali di Condé Nast sono i contenuti di altissima qualità - osserva Elia Blei -, da cui deriva il fortissimo appeal social: non è dunque un caso se la maggioranza del nostro traffico sia mobile. Su questi device il display non performa benissimo, perciò preferiamo lavorare in partnership con gli operatori che possono aiutarci a incrementare la monetizzazione dei nostri contenuti”.
Alla base di tutto, ricorda Blei, ci sono i dati, “Anche se ancora siamo a un livello che definirei basico: sesso, età, geolocalizzazione… Più avanti, ma ci vorrà ancora del tempo, potremo integrarli con profili di navigazione, consumi, potenziale di spesa e molto altro ancora. Perché per chi come noi lavora sui contenuti verticali, i video costruiti ad hoc e distribuiti pensando fin dall’inizio al mobile, più dati significano più segmentazione e più profilazione degli individui e delle audience, indispensabili per poterle vendere a un prezzo più alto”.
TR