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NC n.99. COVER STORY. Mariano di Benedetto (The Trade Desk): “Open internet ed equity per generare valore”

Il valore del digitale non deve essere confinato nelle mani di pochi, ma distribuito sull’intera filiera secondo il concetto di equity. Parole di Mariano di Benedetto, premiato all’ultima edizione degli NC Digital Awards come ‘Digital Media Person of the Year’. Priorità del 2023: la crescente attenzione al retail media, una soluzione innovativa per l’identity e lo sviluppo della connected tv.

Diffondere soluzioni tecnologiche che siano efficaci, customizzabili e, soprattutto, fruibili in un’ottica di equity. Mariano di Benedetto, country manager Italia di The Trade Desk, che è stato premiato come ‘Digital Media Person of The Year’ agli NC Digital Awards 2022, negli anni ha significativamente contribuito a promuovere uno scatto evolutivo verso un’advertising più aperta, accessibile e trasparente. Le tecnologie e le soluzioni d’avanguardia che Mariano e il suo team hanno introdotto nel mercato italiano oggi permettono alle aziende di costruire e mantenere relazioni brand-safe e privacy first con i consumatori, con una scelta ampissima di editori e mezzi in oltre cento Paesi nel mondo. Il tutto con una logica collaborativa tra tutti i player della filiera e gli intermediari della comunicazione e con un modello che si pone come obiettivo primario un’equa distribuzione del valore, volano di progresso e ricchezza per il mercato italiano del digital advertising.

Come ci si sente a incarnare oggi il ruolo di ‘Digital Media Person of The Year’, in un mondo in cui il digitale è sempre più al centro delle dinamiche di comunicazione?
Ricevere questo premio oltre a essere gratificante, rappresenta un’ulteriore sfida per il mio percorso. Per me, incarnare questo ruolo significa adottare un insieme di comportamenti combinati con un’attitudine che porta a una costante ricerca di aspetti innovativi, mantenere sempre attiva la curiosità verso le innovazioni e combinare questo mood con uno spiccato spirito critico e un’expertise consolidata. Trovo che lo spirito critico, in particolare, oggi sia fondamentale: dico no alla ricerca spasmodica dell’innovazione a ogni costo a favore di un’innovazione rilevante in relazione ai modelli di business.
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La motivazione del premio sottolinea che lei ha significativamente contribuito a uno scatto evolutivo dell’intera industry verso un’adv più aperta. Ci parla di questo processo e di come l’ha reso realtà
Se sono riuscito a renderlo realtà è perché l’ho vissuto in prima persona, sulla mia pelle. A inizio degli anni 2000, incuriosito dal mondo di Google, creai una delle prime campagne AdWords con 2 milioni di keywords, gestite a mano, su un pannello di controllo. Lavoravo per una banca d’affari e facevo le fotocopie dei primi business plan che si affacciavano al mondo digitale. Un fascicolo fece scattare in me il desiderio di saperne di più e iniziai a studiare tantissimo: di giorno lavoravo e di sera leggevo i siti e le newsletter americane che circolavano sul settore. In particolare, c’era una community che parlava del modello ‘pay per click’ che si contrapponeva diametralmente all’adv classico. Nota a margine: il mio responsabile di allora mi disse che quel modello non sarebbe mai decollato. Iniziai a sperimentarlo con piccole aziende e poi lo scalai con advertiser sempre più grandi. Ed eccoci qui: il mio approccio parte dalla convinzione di non dare mai per scontato che tutto possa funzionare. Ho un mio mantra: innovazione non è mai sinonimo di successo, perché si tratta comunque di sperimentazione e non è detto che sia giusta per l’ambito in cui si sta operando. L’intelligenza artificiale, gli algoritmi… Non possono essere applicati a tutti i settori merceologici nella stessa, identica maniera, perché ciascuno di essi ha un proprio journey che attiva comportamenti diversi.

Prima di approdare in The Trade Desk Italia, lei ha accumulato un’esperienza ventennale in grandi gruppi come Facebook e Dentsu Aegis. Quale bagaglio e quali expertise ha portato con sé?
Ho avuto la fortuna di lavorare nelle più grandi global tech company a livello mondiale, fortemente orientate ai risultati, ma anche a sposare un sistema di valori e di cultura aziendale. Realtà dove nulla è lasciato al caso e dove le differenze tra le persone rappresentano una ricchezza. Ecco, questo è il bagaglio che porto con me dopo tanti anni oltre alle skill accumulate. Se l’obiettivo è prosperare nel lungo periodo, sono questi gli aspetti su cui puntare. E saper dare alle persone la possibilità di giocare sui propri punti di forza e anche di correre dei rischi, altrimenti si sta fermi.

Qual è il suo ruolo in The Trade Desk Italia?
La definizione ufficiale è country manager Italia The Trade Desk. Mi occupo di tutti gli aspetti dell’azienda perché, di fatto, qui è una start up. Ai dipendenti dico sempre che stiamo vivendo l’esperienza di una start up, ma con le spalle coperte, perché facciamo riferimento alla nostra sede madre negli Usa. La responsabilità che sento maggiormente è quella di costruire un team affiatato con forti competenze trasversali che sappia immettere sul mercato soluzioni tecnologiche che possano produrre valore per gli advertiser. Ma, soprattutto, la mission è quella di distribuire questo lavoro in modo equo attraverso l’open internet. Non ho mai creduto nelle oligarchie, le posizioni dominanti che si sono create nel mondo digitale non aiutano il sistema e non ne migliorano percezione e trasparenza. Il nostro compito è essere alla portata di tutti con soluzioni tecnologiche integrabili e facili da usare.
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A proposito di start up italiana… Quando e come nasce The Trade Desk?
The Trade Desk nasce a Ventura in California nel 2009 su iniziativa di Jeff Green e Dave Pickles, oggi ceo e cto dell’azienda. Mi piace sottolineare che è un’azienda che, nonostante la rapidissima espansione, ha mantenuto gli stessi identici valori di quando è nata. Oggi siamo la più grande demand-side platform a livello globale totalmente indipendente. La grande intuizione è stata concepire una tecnologia che si basa sulla multicanalità già nel lontano 2009 puntando sul programmatic, senza immaginare che oggi saremmo arrivati a gestire il buying sui mezzi tradizionali. Come accennavo, The Trade Desk sostiene con forza il concetto di open internet perché crede che il valore del digitale non debba essere confinato nelle mani di pochi, ma distribuito sull’intera filiera secondo il concetto di equity.

Quali servizi offre al mercato?
Offriamo una soluzione tecnologica per gestire le campagne omincanale. Mettiamo a disposizione il più grande marketplace di dati al mondo, diamo accesso a tutta l’offerta editoriale e non abbiamo conflitti d’interesse perché non siamo produttori di contenuti e non lo saremo. Abbiamo un’offerta tecnologica con algoritmi sofisticatissimi e fortemente customizzabili, lavoriamo in una logica di partnership e questo è ciò che vogliamo offrire al mercato italiano. Siamo l’unica tecnologia che consente, nel rispetto delle normative, di fare data in & data out. È questo che ci rende outstanding.

Quali sono le esigenze dei clienti che, oggi, scelgono di affidarsi a una media buying platform?
Avere a disposizione soluzioni tecnologiche che abbiano la flessibilità di integrarsi con i sistemi e le altre soluzioni tecnologiche che hanno richiesto investimenti negli anni. I clienti ci chiedono tecnologie che siano in grado di gestire una moltitudine di canali e mezzi avendo a disposizione algoritmi che non siano solo un mezzo per le valutazioni finali, ma che possano correggere il percorso real time, nella fase di acquisto. Noto anche molto interesse per il mondo del retail media, che sarà anche una delle nostre priorità 2023: c’è la necessità di comprendere quali sono gli effetti di un investimento pubblicitario sulle vendite non solo nel digitale, ma anche nel mondo fisico. Creare partnership con i grandi retailer aiuta a chiudere il loop tra il digitale l’on field.
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Quali saranno, quindi, riassumendo, le vostre priorità per il 2023?
Oltre al discorso sul retail media, abbiamo in cima agli obiettivi anche il tema dell’identity: stiamo lavorando a una soluzione che abbiamo già annunciato, l’European Unified ID. Non c’è ancora una data di lancio, ma sarà una grande rivoluzione perché si tratta di un’ID interoperabile sul mercato, il che significa che cediamo il codice sorgente a chi desidera partecipare, rendendola patrimonio di tutti. Un’altra priorità, infine, è quella del mondo della connected tv e digital out of home perché la partita che si gioca ora è quella che mette a disposizione la tecnologia anche per i mezzi tradizionali.

La struttura sta crescendo. Avete inserito o inserirete nuove risorse? Come avete chiuso l’anno e quali sono i prossimi obiettivi?
Posso dire che l’anno è stato estremamente positivo: abbiamo tassi di crescita altissimi in un momento storico davvero complesso. Per il futuro, il piano è quello di ampliarci fino ad arrivare a un team di 100 dipendenti come è accaduto nel giro di pochi anni in altri mercati come Germania, Francia e UK. A oggi Trade Desk è in 29 Paesi e l’espansione continua.

Infine, come docente esperto di economia digitale, quali sono le sfide di oggi?
La mia missione come docente è quella di aiutare l’economia digitale a colmare il mismatch tra domanda e offerta. Tante opportunità del digitale non vengono raccolte perché le persone che si avvicinano a questo mondo hanno un approccio iper specialistico. ll mio compito è di aiutare le persone a unire i puntini, a cercare di avere una visione d’insieme, che, combinata con l’esperienza, sviluppa quello spirito critico che io trovo indispensabile nel nostro settore. La classica domanda che pongo agli alunni a lezione è: qual è il ruolo che diamo al digitale all’interno di un determinato business? E, per farlo, serve comprendere i ruoli nell’ecosistema più ampio e complesso. La passione è importante, ma non è tutto, bisogna studiare tanto. Diciamo che la passione mi ha aiutato a non sentire la fatica nelle notti insonni.

dI Serena Roberti

Rivista NC n. 99 Dic-Gen 2023
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