Csr
Andare “oltre” per rifondare la CSR
Pubblicato recentemente da ISEDI, il volume
"Oltre la CSR. L'impresa del Duemila verso la Stakeholder
Vision" (352pp, 24€), affronta il tema della Responsabilità Sociale da
un'ottica diversa dal solito, partendo dal presupposto che troppo spesso si
tratta di un concetto ambiguo che può avere risvolti negativi: rimanda infatti a
'sociale' nel senso di assistenza verso in presenza di 'svantaggio', ed è spesso
interpreatata come una pratica utilizzata dalle imprese per 'compensare' in
qualche modo i danni che esse stesse arrecano alla società e all'ambiente in cui
operano.
Occorre dunque andare oltre tale tradizionale accezione di CSR, legata alle
buone azioni, per intraprendere la via della stakeholder vision, ovvero gestire
l'azienda avendo presenti fin dall'inizio gli interessi di tutti i diversi
stakeholder.
Autori del libro sono Luigi Ferrari
(presidente di People, società di ricerca e consulenza
strategica e docente all'Università IULM di Milano),
Sebastiano Renna (presidente del Csr Manager Network
Italia e responsabile della comunicazione istituzionale e delle
politiche di sostenibilità del Gruppo Granarolo) e
Rossella Sobrero (presidente della consulta Relazione Pubbliche
di AssoComunicazione e di Koinètica e docente
all'Università degli Studi di Milano).
In occasione della presentazione del volume si è svolta a Palazzo Affari ai Giureconsulti, a Milano, una tavola rotonda moderata da Salvatore Carrubba (editorialista de Il Sole 24ORE), cui hanno partecipato, oltre agli autori, Paolo Anselmi (vicepresidente di Gfk Eurisko), Toni Muzi Falconi (senior counselor Methodos), Carmen Ragno (responsabile Sportello CSR della Camera di Commercio di Milano), e Federico Montelli (direttore di Formaper).
"Il dibattito sulla CSR – ha introdotto i lavori
Carrubba –, si colloca alla luce del cambiamento che sta avvenendo nella
relazione fra consumatori e produttori. E ancor di più in un momento in cui la
crisi sta portando le aziende a tagliare non solo la pubblicità e la
comunicazione ma anche le iniziative in questo ambito. La spiegazione è che la
CSR è stata vissuta fino a oggi proprio in funzione dell'immagine, come una leva
di marketing più che come un asset effettivamente strategico e di sostanza".
Un'interpretazione confermata da Luigi Ferrari, che per
il libro ha condotto personalmente una ricerca su 35 aziende italiane
con interviste approfondite i cui risultati dimostrano che l'orientamento
agli stakeholder è effettivamente minoritario: "A fronte di una crescita
quantitativa del settore – dalla presenza di responsabili in un sempre maggior numero
di aziende, fino all'incremento dei budget e alla nascita di società
specializzate –, quasi sempre ciò che rientra nel concetto di CSR è in realtà un
marketing evoluto, che utilizza, legittimamente, nuove leve comunque orientate al
profitto e all'immagine dell'impresa".
Sebastiano Renna ha evidenziato poi i troppi luoghi comuni che
circondano l'argomento, nonché le ancora forti debolezze dottrinali ed
esperienziali. La CSR è nata infatti "Per la volontà di alcune aziende di
costruirsi, in modo volontario, un capitale reputazionale, un valore capace di
andare oltre i limiti di legge e gli obblighi comuni. E questo si è inserito in
un regime di inefficienza dell'allocazione dei costi e dei rischi da parte delle
imprese, costi che sono stati in molti casi esternalizzati andando a gravare
sulle collettività". La reazione di alcuni gruppi di persone e i problemi da
questi causate problemi hanno quindi esasperato la conflittualità con alcuni
stakeholder.
"La comunicazione – ha osservato Rossella Sobrero – è anche
oggi la grande accusata. Ma è un'accusa infondata nei casi in cui, ed è questo
il mio sogno, diventa parte integrante del processo di CSR. La comunicazione è
infatti lo strumento per dare risposte e avviare il dialogo che consente a
un'azienda di vivere nel suo mercato. Sono d'accordo con quanto dice Ferrari nel
libro: oltre alla responsabilità aziendale è necessaria una responsabilità 'di
sistema', perché da sola nessuna impresa ce la può fare".
"Fare comunicazione – ha
proseguito –, non vuol dire più fare propaganda: il punto di snodo della CSR, per
i comunicatori, è quindi proprio quello di entrare nei processi interni ed esterni.
Non è 'greenwashing' né l'esaltazione di particolari molto spesso di secondo
piano".
Dal CSR Monitor e da
altre ricerche condotte da Gfk Eurisko, emergono indicazioni importanti: "Non
c'è dubbio – spiega Paolo Anselmi –, che il consumatore abbia ormai preso
coscienza del ruolo dell'impresa come attore economico, sociale e culturale. E i
consumatori condividono la visione multistakeholder. Inoltre, fra gli elementi
che identificano la qualità di prodotti e servizi – che in questo momento di
crisi è sempre più ricercata –, crescono rapidamente proprio quelli relativi
alla responsabilità".
Nell'ultimo anno, ha aggiunto Anselmi, è aumentata molto
anche la percezione dell'auto-efficienza del consumatore stesso: "E' cresciuta
la consapevolezza che le proprie scelte di consumo individuali – i packaging
ridotti, il riciclo dei rifiuti, l'uso dei mezzi pubblici... - abbiano un
effetto più ampio".
Non va infine trascurato il fatto che i consumatori abbiano
in questo momento un atteggiamento più punitivo che premiante: "Cresce il
numero di coloro che dichiara di non comprare prodotti o di parlarne male proprio
per punire le aziende poco responsabili. E solo il 26% degli italiani sa indicare il
nome di un'azienda responsabile: una percentuale in calo rispetto agli scorsi
anni non perché le aziende si comportino peggio ma perché si stanno alzando i
parametri valoriali".