Csr
Consumatori consapevoli, comunicazione trasparente
Secondo uno studio globale Nielsen, la metà dei consumatori under 40 è disposta a pagare di più per prodotti e servizi di aziende socialmente responsabili. Ciò conferma quanto l'attenzione a tali tematiche costituisca un reale e concreto vantaggio competitivo per un brand, con evidenti riflessi anche sotto il profilo della comunicazione: che non può non essere onesta e trasparente. Pubblichiamo l'inchiesta della rivista NC Nuova Comunicazione sul tema Csr.
I consumatori 'socialmente consapevoli'? Sono in gran parte giovani (il 63% ha meno di 40 anni), consultano i social media prima di prendere decisioni d’acquisto, e si preoccupano di questioni ambientali, educative e di alimentazione. È quanto emerso dall’indagine Global Corporate Citizenship di Nielsen, condotta intervistando oltre 28.000 utenti internet in 56 paesi, secondo la quale il 46% dei consumatori globali è disposto a pagare di più per prodotti e servizi di aziende che hanno sviluppato programmi di responsabilità sociale.
Un target specifico quello sul quale si è concentrato lo studio Nielsen, che l'indagine contribuisce a identificare e a riconoscere offrendo ai responsabili marketing delle aziende uno strumento in più per massimizzare il Roi dei propri investimenti negli ambiti ambientale e sociale, promuovendo e impegnandosi nel genere di iniziative più rilevanti che questi consumatori dimostrano di apprezzare.
Esigenze, aspettative e comportamenti degli italiani verso il mondo dei prodotti e servizi ‘verdi’ sono state analizzate anche da un’altra ricerca, svolta a settembre 2012 da Green Intelligence, dalla quale sono emerse differenze tra le dichiarazioni e il reale comportamento degli intervistati (vedi mappa nella pagina a fianco).
Età e territorio
Chi sono dunque questi consumatori? La ricerca Nielsen mostra che, nel complesso, i consumatori più giovani sono maggiormente disposti a spendere di più per prodotti e servizi di aziende socialmente responsabili. Il 50% degli intervistati tra i 15 e i 39 anni pagherebbe un extra per tali prodotti e servizi, rispetto al 37% degli intervistati di età superiore ai 40 anni.
I consumatori in Asia Pacifico (55%), Medio Oriente e Africa (53%) e America Latina (49%) sono maggiormente disposti a pagare di più per prodotti e servizi di aziende socialmente responsabili rispetto ai consumatori in Nord America (35%) ed Europa (32%). La più alta concentrazione è nelle Filippine, dove il 68% degli intervistati si dichiara disposto a pagare un extra per tali prodotti, mentre la concentrazione più bassa è nei Paesi Bassi, dove solo il 21% degli intervistati ha indicato la propria disponibilità a spendere più. In Europa, l’Italia si posiziona al primo posto (38%), seguita da Germania (32%), Spagna (31%), Francia e Gran Bretagna (entrambe 27%).

Le cause più importanti
Tra le 18 cause prese in considerazione, Nielsen rileva che, a livello globale, gli intervistati socialmente consapevoli considerano prioritari i programmi aziendali che riguardano la sostenibilità ambientale (66%), i miglioramenti apportati a scienza, tecnologia, educazione tecnica e matematica (56%) e l'eliminazione della povertà estrema e della fame (53%).
In Italia la prima causa è la creazione di posti di lavoro ben remunerati (69%), a cui seguono la sostenibilità ambientale (57%), i miglioramenti apportati a scienza, tecnologia, educazione tecnica e matematica (48%) e l'eliminazione della povertà estrema e della fame (45%).
Non si tratta di una classifica fine a se stessa, sottolinea lo studio Nielsen, ma di uno strumento utile per aiutare le aziende a dare priorità agli investimenti socio-ambientali".
Comunicazione: trasparente e personale
Quando si tratta di brand e pubblicità, i consumatori globali socialmente attenti si fidano dei consigli da parte di persone che conoscono (95%) e cercano pareri e informazioni pubblicate online da altri consumatori (76%). Queste persone sono inoltre più propense, rispetto ad altri partecipanti alla ricerca, a utilizzare i social media per prendere decisioni d’acquisto (59% rispetto al 46% sul totale degli intervistati): dimostrando che i social media rappresentano uno strumento fondamentale per l’effettiva riuscita di una strategia di marketing sociale.
Gli investimenti in Cause Related Marketing
A proposito di marketing sociale, fra l'altro, l'Italia è il primo paese a essersi dotato di un Osservatorio specifico dedicato al Cause Related Marketing, grazie alla partnership fra Fondazione Sodalitas e Nielsen Media Research. L'Osservatorio monitora annualmente l'andamento degli investimenti e del numero di annunci pubblicitari di crm nel mercato italiano, nonché la distribuzione di investimenti e annunci sui vari tipi di media (tv, radio, quotidiani, periodici, web, affissioni), evidenziando le aziende top spender in questo settore.
Gli ultimi dati disponibili si riferiscono al 2011, quando gli investimenti lordi in crm ammontavano a 239 milioni di Euro, permettendo di registrare una crescita del +16,4% rispetto all’anno precedente (il Cause Related Marketing vale dunque attualmente lo 0,65% del mercato pubblicitario italiano). Dal punto di vista del numero di annunci pubblicitari, sono stati 12.431 quelli realizzati lo scorso anno, contro i 10.597 del 2010 (+17,3%).
Ad attrarre la quota percentuale più significativa di investimenti continua ad essere, anche nel 2011, la carta stampata (l’82,2% tra quotidiani e periodici). Radio (43,1%) e televisione (20,6%) prevalgono tuttavia per numero di annunci pubblicati; la radio in particolare ha guadagnato ulteriore terreno (la percentuale del 2010 era 35.45%) mentre la Tv ha visto ridursi la capacità di attrarre gli investimenti in crm (29.47%).
Anche dal punto di vista dei settori di mercato di appartenenza delle imprese investitrici il 2011 ha fatto registrare alcune interessanti inversioni di tendenza: l’abbigliamento per esempio, pur mantenendo il primato in termini di investimenti (18,5%) si è decisamente ridimensionato (24,1% nel 2010), come del resto gli oggetti personali (10,4% anziché 13.4%) e la cura della persona (9,4% anziché 11.8%); in crescita, invece, il settore della finanza e delle assicurazioni (18,1%, contro il 14.7% dell’anno precedente).
La pubblicità 'green'
Il Cause Related Marketing, però, è solo uno degli aspetti legati alla comunicazione che ha per tema valori sociali e ambientali. Per indagare il più ampio e complesso universo della pubblicità ambientale, o per meglio dire con espliciti riferimenti all'ambiente, l’Osservatorio Comunicazione e Informazione Ambientale dello Iefe - Università Bocconi ha avviato un progetto di ricerca in collaborazione con AssoComunicazione, Assorel e Nielsen per analizzarne le dimensioni quantitative e qualitative, analizzando in particolare il quinquennio 2006-2010.
Il primo passo è stato quello di individuare e selezionare le creatività ambientali e le creatività di alcuni settori merceologici, produttivi e servizi tipicamente 'green', definendo come tali quelli strettamente associati a una tematica ambientale (es. raccolta e riciclo dei rifiuti) o che sono l’esito di un processo produttivo con prestazioni ambientali molto diverse dai processi produttivi tradizionali (es. agricoltura biologica) o prevedono l’utilizzo di una particolare tecnologia 'verde' (es. energie rinnovabili, automobili ibride).
L’individuazione del campione di creatività ambientali si è svolta quindi in due fasi. Nella prima, il team di ricerca ha elaborato una lista di parole chiave e ha selezionato dal database di AssoComunicazione le creatività contenenti almeno una delle parole chiave nel titolo o nel testo del messaggio. Nella seconda fase, le creatività così estratte sono state incrociate con il database di Nielsen e visionate per identificare le sole creatività che contenessero effettivamente un riferimento all’ambiente o ai benefici ambientali del prodotto/servizio, per le quali risultassero disponibili dati relativi al numero di annunci ed investimenti netti e sulle quali fosse possibile svolgere l’analisi qualitativa. Il campione individuato è costituito da 771 creatività apparse tra il 2006 ed il 2010 sui mezzi tv, radio e stampa (quotidiani e periodici).
La prima evidenza - che non rappresenta certo una sorpresa - è la dinamica di forte crescita del numero e delle creatività di annunci legati al 'green': tra il 2006 e il 2010 per le creatività si evidenzia un aumento del 900%, per il numero di annunci l’aumento è ancora più elevato e supera il 2.800%. Anche il trend degli investimenti netti in pubblicità ambientale risulta nettamente positivo con una crescita pari a quasi il 1.000% tra il 2006 e 2010. Naturalmente, va sottolineato come nonostante la crescita esponenziale l'incidenza di questo settore sugli investimenti complessivi rimanga molto bassa (1 per mille nel 2006, 1% nel 2010).
Il settore che ha investito maggiormente in pubblicità ambientale nel periodo considerato è quello automobilistico, che nel 2006 copriva il 71% del mercato pubblicitario ambientale e nel 2010 il 63%, seguito dal settore industriale (comprendente aziende o prodotti dell’edilizia e aziende multiutility o prodotti connessi alla produzione energetica), che nel quinquennio è passato dal 3% all’11% del totale degli investimenti pubblicitari ambientali.
Altro dato di estremo interesse è l’evoluzione dell’utilizzo dei diversi mezzi di comunicazione della pubblicità ambientale: dal confronto dei dati del 2006 e del 2010 emerge per il 2010 una maggiore diversificazione degli investimenti netti ambientali per mezzo, dovuta probabilmente alla crescita repentina di un mercato ancora ristretto come quello ambientale.
La televisione, che nel 2006 sfiorava il 90% del mercato, diminuisce il proprio peso dall’87% al 63% nel 2010, mentre i periodici hanno perso il 3% del mercato pubblicitario ambientale (dal 7% del 2006 al 4%del 2010). Al contrario, radio e quotidiani sono cresciuti rispettivamente dal 7% al 36% e dal 4% al 25%.
L'analisi qualitativa delle creatività ambientali
Come anticipato, il campione di creatività ambientali è stato sottoposto anche a un’analisi di tipo qualitativo per individuare le caratteristiche prevalenti dei messaggi: le tipologie di benefici ambientali esplicitati nel messaggio, la presenza di marchi ambientali, le matrici ambientali di riferimento, l’utilizzo di parole chiave e l’eventuale associazione del valore ambientale del prodotto/servizio ad altri valori, quali la qualità, l’economicità, il benessere, lo status sociale, ecc. Pur senza pretese di esaustività, i principali risultati della ricerca mettono in evidenza come nel periodo considerato oltre l'80% dei messaggi faccia riferimento principalmente al prodotto/servizio o all’azienda.
Nella maggior parte dei casi (mediamente quasi il 50%) vi è un’associazione del messaggio ambientale alle qualità intrinseche del prodotto/servizio. Altro valore spesso associato al messaggio ambientale è l’economicità del prodotto/servizio anche in relazione alle sue performance ambientali (es. risparmi in bolletta derivanti da una maggiore efficienza energetica dei prodotti) o a una particolare promozione ad esse legata (per esempio ecoincentivi nel settore automotive). In altri casi ancora la protezione dell’ambiente e l’utilizzo di prodotti/servizi ecologici sono associati nel messaggio alla sfera dei valori della persona o a cause sociali.
Nelle pubblicità ambientali non si ricorre mai alla comparazione con altri prodotti meno 'attenti all’ambiente', e solo in pochi casi (meno del 15%) sono presenti marchi ambientali (associati ad esempio al prodotto o all’azienda). La maggior parte delle creatività ambientali considerate nell’analisi non promuove prodotti strettamente ‘green’ (come precedentemente definiti), anche se queste tipologie di prodotti rappresentano comunque una percentuale rilevante dei prodotti pubblicizzati.
Nella maggior parte delle creatività il beneficio ambientale non è quantificato (meno del 7% dei casi esaminati) e il messaggio raramente fa riferimento ad aspetti tecnici. Le parole chiave più utilizzate sono ancora in gran parte generiche (ambiente, eco/ecocompatibile, 'green') anche se spesso i messaggi fanno riferimento al concetto di 'energia' (in particolare associato a 'rinnovabile') ed 'emissioni/CO2', a conferma dei settori predominanti in termini di investimenti pubblicitari ambientali.
Dopo questa prima valutazione dell’incidenza della pubblicità ambientale sul mercato pubblicitario italiano, i ricercatori si ripropongono di indagarne ulteriormente diversi aspetti: dalla sua incidenza su un mezzo 'emergente' come il web al suo impatto sulle vendite dei prodotti/servizi pubblicizzati, o, in alternativa, sul valore delle azioni delle imprese che investono di più in quest'area.
Tommaso Ridolfi
Un target specifico quello sul quale si è concentrato lo studio Nielsen, che l'indagine contribuisce a identificare e a riconoscere offrendo ai responsabili marketing delle aziende uno strumento in più per massimizzare il Roi dei propri investimenti negli ambiti ambientale e sociale, promuovendo e impegnandosi nel genere di iniziative più rilevanti che questi consumatori dimostrano di apprezzare.
Esigenze, aspettative e comportamenti degli italiani verso il mondo dei prodotti e servizi ‘verdi’ sono state analizzate anche da un’altra ricerca, svolta a settembre 2012 da Green Intelligence, dalla quale sono emerse differenze tra le dichiarazioni e il reale comportamento degli intervistati (vedi mappa nella pagina a fianco).
Età e territorio
Chi sono dunque questi consumatori? La ricerca Nielsen mostra che, nel complesso, i consumatori più giovani sono maggiormente disposti a spendere di più per prodotti e servizi di aziende socialmente responsabili. Il 50% degli intervistati tra i 15 e i 39 anni pagherebbe un extra per tali prodotti e servizi, rispetto al 37% degli intervistati di età superiore ai 40 anni.
I consumatori in Asia Pacifico (55%), Medio Oriente e Africa (53%) e America Latina (49%) sono maggiormente disposti a pagare di più per prodotti e servizi di aziende socialmente responsabili rispetto ai consumatori in Nord America (35%) ed Europa (32%). La più alta concentrazione è nelle Filippine, dove il 68% degli intervistati si dichiara disposto a pagare un extra per tali prodotti, mentre la concentrazione più bassa è nei Paesi Bassi, dove solo il 21% degli intervistati ha indicato la propria disponibilità a spendere più. In Europa, l’Italia si posiziona al primo posto (38%), seguita da Germania (32%), Spagna (31%), Francia e Gran Bretagna (entrambe 27%).
Le cause più importanti
Tra le 18 cause prese in considerazione, Nielsen rileva che, a livello globale, gli intervistati socialmente consapevoli considerano prioritari i programmi aziendali che riguardano la sostenibilità ambientale (66%), i miglioramenti apportati a scienza, tecnologia, educazione tecnica e matematica (56%) e l'eliminazione della povertà estrema e della fame (53%).
In Italia la prima causa è la creazione di posti di lavoro ben remunerati (69%), a cui seguono la sostenibilità ambientale (57%), i miglioramenti apportati a scienza, tecnologia, educazione tecnica e matematica (48%) e l'eliminazione della povertà estrema e della fame (45%).
Non si tratta di una classifica fine a se stessa, sottolinea lo studio Nielsen, ma di uno strumento utile per aiutare le aziende a dare priorità agli investimenti socio-ambientali".
Comunicazione: trasparente e personale
Quando si tratta di brand e pubblicità, i consumatori globali socialmente attenti si fidano dei consigli da parte di persone che conoscono (95%) e cercano pareri e informazioni pubblicate online da altri consumatori (76%). Queste persone sono inoltre più propense, rispetto ad altri partecipanti alla ricerca, a utilizzare i social media per prendere decisioni d’acquisto (59% rispetto al 46% sul totale degli intervistati): dimostrando che i social media rappresentano uno strumento fondamentale per l’effettiva riuscita di una strategia di marketing sociale.
Gli investimenti in Cause Related Marketing
A proposito di marketing sociale, fra l'altro, l'Italia è il primo paese a essersi dotato di un Osservatorio specifico dedicato al Cause Related Marketing, grazie alla partnership fra Fondazione Sodalitas e Nielsen Media Research. L'Osservatorio monitora annualmente l'andamento degli investimenti e del numero di annunci pubblicitari di crm nel mercato italiano, nonché la distribuzione di investimenti e annunci sui vari tipi di media (tv, radio, quotidiani, periodici, web, affissioni), evidenziando le aziende top spender in questo settore.
Gli ultimi dati disponibili si riferiscono al 2011, quando gli investimenti lordi in crm ammontavano a 239 milioni di Euro, permettendo di registrare una crescita del +16,4% rispetto all’anno precedente (il Cause Related Marketing vale dunque attualmente lo 0,65% del mercato pubblicitario italiano). Dal punto di vista del numero di annunci pubblicitari, sono stati 12.431 quelli realizzati lo scorso anno, contro i 10.597 del 2010 (+17,3%).
Ad attrarre la quota percentuale più significativa di investimenti continua ad essere, anche nel 2011, la carta stampata (l’82,2% tra quotidiani e periodici). Radio (43,1%) e televisione (20,6%) prevalgono tuttavia per numero di annunci pubblicati; la radio in particolare ha guadagnato ulteriore terreno (la percentuale del 2010 era 35.45%) mentre la Tv ha visto ridursi la capacità di attrarre gli investimenti in crm (29.47%).
Anche dal punto di vista dei settori di mercato di appartenenza delle imprese investitrici il 2011 ha fatto registrare alcune interessanti inversioni di tendenza: l’abbigliamento per esempio, pur mantenendo il primato in termini di investimenti (18,5%) si è decisamente ridimensionato (24,1% nel 2010), come del resto gli oggetti personali (10,4% anziché 13.4%) e la cura della persona (9,4% anziché 11.8%); in crescita, invece, il settore della finanza e delle assicurazioni (18,1%, contro il 14.7% dell’anno precedente).
La pubblicità 'green'
Il Cause Related Marketing, però, è solo uno degli aspetti legati alla comunicazione che ha per tema valori sociali e ambientali. Per indagare il più ampio e complesso universo della pubblicità ambientale, o per meglio dire con espliciti riferimenti all'ambiente, l’Osservatorio Comunicazione e Informazione Ambientale dello Iefe - Università Bocconi ha avviato un progetto di ricerca in collaborazione con AssoComunicazione, Assorel e Nielsen per analizzarne le dimensioni quantitative e qualitative, analizzando in particolare il quinquennio 2006-2010.
Il primo passo è stato quello di individuare e selezionare le creatività ambientali e le creatività di alcuni settori merceologici, produttivi e servizi tipicamente 'green', definendo come tali quelli strettamente associati a una tematica ambientale (es. raccolta e riciclo dei rifiuti) o che sono l’esito di un processo produttivo con prestazioni ambientali molto diverse dai processi produttivi tradizionali (es. agricoltura biologica) o prevedono l’utilizzo di una particolare tecnologia 'verde' (es. energie rinnovabili, automobili ibride).
L’individuazione del campione di creatività ambientali si è svolta quindi in due fasi. Nella prima, il team di ricerca ha elaborato una lista di parole chiave e ha selezionato dal database di AssoComunicazione le creatività contenenti almeno una delle parole chiave nel titolo o nel testo del messaggio. Nella seconda fase, le creatività così estratte sono state incrociate con il database di Nielsen e visionate per identificare le sole creatività che contenessero effettivamente un riferimento all’ambiente o ai benefici ambientali del prodotto/servizio, per le quali risultassero disponibili dati relativi al numero di annunci ed investimenti netti e sulle quali fosse possibile svolgere l’analisi qualitativa. Il campione individuato è costituito da 771 creatività apparse tra il 2006 ed il 2010 sui mezzi tv, radio e stampa (quotidiani e periodici).
La prima evidenza - che non rappresenta certo una sorpresa - è la dinamica di forte crescita del numero e delle creatività di annunci legati al 'green': tra il 2006 e il 2010 per le creatività si evidenzia un aumento del 900%, per il numero di annunci l’aumento è ancora più elevato e supera il 2.800%. Anche il trend degli investimenti netti in pubblicità ambientale risulta nettamente positivo con una crescita pari a quasi il 1.000% tra il 2006 e 2010. Naturalmente, va sottolineato come nonostante la crescita esponenziale l'incidenza di questo settore sugli investimenti complessivi rimanga molto bassa (1 per mille nel 2006, 1% nel 2010).
Il settore che ha investito maggiormente in pubblicità ambientale nel periodo considerato è quello automobilistico, che nel 2006 copriva il 71% del mercato pubblicitario ambientale e nel 2010 il 63%, seguito dal settore industriale (comprendente aziende o prodotti dell’edilizia e aziende multiutility o prodotti connessi alla produzione energetica), che nel quinquennio è passato dal 3% all’11% del totale degli investimenti pubblicitari ambientali.
Altro dato di estremo interesse è l’evoluzione dell’utilizzo dei diversi mezzi di comunicazione della pubblicità ambientale: dal confronto dei dati del 2006 e del 2010 emerge per il 2010 una maggiore diversificazione degli investimenti netti ambientali per mezzo, dovuta probabilmente alla crescita repentina di un mercato ancora ristretto come quello ambientale.
La televisione, che nel 2006 sfiorava il 90% del mercato, diminuisce il proprio peso dall’87% al 63% nel 2010, mentre i periodici hanno perso il 3% del mercato pubblicitario ambientale (dal 7% del 2006 al 4%del 2010). Al contrario, radio e quotidiani sono cresciuti rispettivamente dal 7% al 36% e dal 4% al 25%.
L'analisi qualitativa delle creatività ambientali
Come anticipato, il campione di creatività ambientali è stato sottoposto anche a un’analisi di tipo qualitativo per individuare le caratteristiche prevalenti dei messaggi: le tipologie di benefici ambientali esplicitati nel messaggio, la presenza di marchi ambientali, le matrici ambientali di riferimento, l’utilizzo di parole chiave e l’eventuale associazione del valore ambientale del prodotto/servizio ad altri valori, quali la qualità, l’economicità, il benessere, lo status sociale, ecc. Pur senza pretese di esaustività, i principali risultati della ricerca mettono in evidenza come nel periodo considerato oltre l'80% dei messaggi faccia riferimento principalmente al prodotto/servizio o all’azienda.
Nella maggior parte dei casi (mediamente quasi il 50%) vi è un’associazione del messaggio ambientale alle qualità intrinseche del prodotto/servizio. Altro valore spesso associato al messaggio ambientale è l’economicità del prodotto/servizio anche in relazione alle sue performance ambientali (es. risparmi in bolletta derivanti da una maggiore efficienza energetica dei prodotti) o a una particolare promozione ad esse legata (per esempio ecoincentivi nel settore automotive). In altri casi ancora la protezione dell’ambiente e l’utilizzo di prodotti/servizi ecologici sono associati nel messaggio alla sfera dei valori della persona o a cause sociali.
Nelle pubblicità ambientali non si ricorre mai alla comparazione con altri prodotti meno 'attenti all’ambiente', e solo in pochi casi (meno del 15%) sono presenti marchi ambientali (associati ad esempio al prodotto o all’azienda). La maggior parte delle creatività ambientali considerate nell’analisi non promuove prodotti strettamente ‘green’ (come precedentemente definiti), anche se queste tipologie di prodotti rappresentano comunque una percentuale rilevante dei prodotti pubblicizzati.
Nella maggior parte delle creatività il beneficio ambientale non è quantificato (meno del 7% dei casi esaminati) e il messaggio raramente fa riferimento ad aspetti tecnici. Le parole chiave più utilizzate sono ancora in gran parte generiche (ambiente, eco/ecocompatibile, 'green') anche se spesso i messaggi fanno riferimento al concetto di 'energia' (in particolare associato a 'rinnovabile') ed 'emissioni/CO2', a conferma dei settori predominanti in termini di investimenti pubblicitari ambientali.
Dopo questa prima valutazione dell’incidenza della pubblicità ambientale sul mercato pubblicitario italiano, i ricercatori si ripropongono di indagarne ulteriormente diversi aspetti: dalla sua incidenza su un mezzo 'emergente' come il web al suo impatto sulle vendite dei prodotti/servizi pubblicizzati, o, in alternativa, sul valore delle azioni delle imprese che investono di più in quest'area.
Tommaso Ridolfi