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Intelligenza artificiale e chatbot aprono l’era del conversational commerce
Le persone sono sempre connesse, si sono stancate di scaricare un’app per ogni singola azione o attività da compiere (c’è chi parla di ‘declino’ delle app), ma allo stesso tempo sono alla costante ricerca di servizi digitali che possano rappresentare un reale valore aggiunto per la loro vita quotidiana, anche e soprattutto nel rapporto con i brand.
Sono questi tre principali fattori che stanno creando le condizioni per lo sviluppo dei chatbot, ossia programmi di intelligenza artificiale (computer, robot, ecc.), capaci di sostenere delle vere e proprie interazioni, anche articolate, complesse e ironiche con gli esseri umani. In altre parole dei simulatori conversazionali o assistenti virtuali sempre più intelligenti.
Del tema si è discusso ieri sera, 2 febbraio, nell’ambito del primo WTFuture, il nuovo format di eventi (leggi news) lanciato dall’agenzia We Are Social, per discutere di innovazione, tecnologia, creatività e business, con particolare riferimento ai trend che caratterizzeranno il prossimo futuro.
“Entro il 2020, l’85% delle interazioni tra brand e utenti saranno gestite senza l’intervento dell’essere umano, bensì attraverso sistemi di intelligenza artificiale” ha affermato Luca Della Dora, marketing & innovation director We Are Social. Nei prossimi anni avremo a che fare con chatbot sempre più evoluti, anche e soprattutto sui fronti della geolocalizzazione e dei comandi vocali.
In altre parole, si stanno creando le condizioni per l’affermarsi dell’era del conversational commerce, ossia una forma particolare di content marketing sviluppato attraverso chat, come per esempio Facebook Messenger, sulla base di interazioni con intelligenze artificiali e computer. I campi di applicazione sono i più disparati, dalle banche alle compagnie telefoniche, passando per le catene di pizzerie con consegna a domicilio e molto altro, visto che l’unico limite allo sviluppo di queste tecnologie è l’immaginazione.
Sul tema è intervenuto anche Giuseppe Vironda, head of digital Vodafone, che ha raccontato del lavoro che l’azienda sta portando avanti sul fronte intelligenza artificiale, con il lancio (al momento ancora in versione beta) del Vodafone Bot. Il programma, che si appoggia a Facebook Messenger, è stato sviluppato in collaborazione con We Are Social e con Chorally.
Attraverso Vodafone Bot, l’azienda intende creare un nuovo touch point conversazionale, che possa supportare i clienti, a cominciare dalle esigenze di customer care, ma non solo. “Dato che la maggior parte delle persone che si rivolge a un’impresa di telefonia e internet lo fa per lamentare qualche problema di servizio - ha spiegato Vironda - abbiamo scelto di lavorare molto sul tono di voce (la conversazione non è solo testuale, ma anche vocale, ndr) e sulle capacità discorsive, anche ironiche, del chatbot, che deve essere in grado di risolvere problemi concreti e rimandare a un consulente umano, al sito e all’app ufficiale, per tutto ciò che non può gestire direttamente”.
Da segnalare anche l’intervento di Pietro Leo, executive architect Ibm, il quale ha raccontato il caso di Watson, l’intelligenza artificiale sviluppata da Ibm, che risponde alle domande sulle previsioni meteo, attraverso un chatbot che si appoggia a Facebook Messenger. A far la differenza la capacità del sistema di imparare le preferenze dell’utente e di proporre servizi personalizzati, come per esempio l’indicazione delle ricette culinarie più adatte con le condizioni meteorologiche rilevate.
Mario Garaffa