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Netcomm Forum 2017. Qualsiasi sia il settore in cui operi, il tuo è un data business. Presenze evento a +18%

Se i dati sono il nuovo petrolio, allora le aziende devono diventare le nuove piattaforme estrattive. Ciò è possibile solo accrescendo la cultura del dato, ossia introducendo e sostenendo una cultura aziendale che riconosca il valore di business del dato in maniera diffusa e persistente a tutti i livelli dell’impresa.

Non importa quale sia la natura della tua impresa o il settore cui opera, quel che è certo è che, sempre più, il tuo business sarà centrato sui dati. La seconda giornata del Netcomm Forum è partita da una riflessione sul valore strategico dei big data. L’evento, di cui ADC Group è media partner, è in svolgimento a Milano, al MiCo (per leggere l’articolo sui dati di scenario relativi al mercato e-commerce e sui temi emersi nella prima giornata di lavori, clicca qui).

I dati, ha spiegato Cosimo Accoto, visiting scientist Mit Ssrc, rappresentano il nuovo asset competitivo, attorno a cui si decide il futuro e il successo di ogni impresa. Ma se i dati sono il ‘nuovo petrolio’, allora le aziende devono diventare le nuove piattaforme estrattive, in grado di raccogliere ed elaborare informazioni e contenuti, trasformando dati grezzi in dati intelligenti e ‘parlanti’, dunque i big data in ‘smart data’.

Tuttavia, affinché un’impresa possa evolvere in una vera data platform (attenzione, non averne una al suo interno, ma diventare essa stessa una data platform) è necessario, secondo quanto precisato da Accoto, mettere in pratica tre processi:

1. Passare dal controllo e possesso delle risorse all’orchestrazione di risorse e asset non proprietari.

2. Evolvere dall’ottimizzazione dei processi interni alla gestione in scala delle esternalità positive di rete.

3. Lasciare il focus esclusivo sul valore del consumatore e focalizzarsi sul valore complessivo dell’ecosistema.

Per supportare la messa in pratica di questi tre processi, ha ragionato ancora Accoto, è necessario sviluppare una adeguata ‘cultura del dato’, che significa riuscire a introdurre e sostenere una cultura aziendale che riconosca il valore di business del dato in maniera diffusa e persistente a tutti i livelli dell’impresa.

Inoltre, è necessario saper elaborare una adeguata ‘strategia del dato’, ossia definire primariamente i bisogni e gli obiettivi di business chiave, e soltanto in relazione a questi selezionare piattaforme, processi, risorse e competenze.

Infine, il terzo passaggio è quello del ‘disegno del dato’, che implica la necessità di implementare la strategia con un approccio agile e adattivo della data platform, privilegiando la capacità di imparare, più che il rispetto del piano/performance.

Insomma, la nuova corsa all’oro (dei dati) è cominciata. Guai a farsi trovare impreparati.

Nella seconda giornata dal Netcomm Forum è intervenuto anche Luciano Floridi, professor of Philosophy and Ethics of Information, director of the Digital Ethics Lab (DeLab), il quale ha invitato la platea del MiCo a ragionare sulla capacità del digitale di disintermediare alcuni concetti che prima, nell’era analogica, andavano necessariamente di pari passo.

In altre parole, è come se il digitale realizzasse un’opera di ‘scolla’ e ‘incolla’ di blocchi concettuali che prima veniva percepiti come monolitici.

Per esempio, ha aggiunto Floridi, il digitale ha scollegato i seguenti binomi: ‘presenza e localizzazione’, ‘legge e territorialità’, ‘agency e intelligence’ e soprattutto ‘proprietà e uso’ (si pensi a Uber e a tutti i servizi basati sullo ‘sharing’, come il car sharing e il bike sharing).

Per concludere, questi i dati rilasciati dagli organizzatori relativi all’edizione 2017 del Netcomm Forum: 170 tra espositori e sponsor, 169 relatori e 11.800 presenze complessive, che rappresentano una crescita del 18% rispetto all’edizione precedente. 

Mario Garaffa