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TEADS Outstream Video Summit/1: il video adv traina la raccolta pubblicitaria online e arriverà a valere 800 milioni di euro entro il 2018
Fari puntati sul video advertising. Il Teads Outstream Video Summit, svoltosi oggi, 30 marzo, a Milano, è stata l’occasione per fare il punto sui principali dati che caratterizzano il comparto video nel nostro Paese.
Come riporta l’ultima indagine annuale del Politecnico di Milano (Osservatorio Internet Media), realizzata in collaborazione con Iab Italia, il mercato del video advertising è cresciuto in Italia nel 2016 del 38% (rispetto all’anno precedente), arrivando a valere poco più di 505 milioni di euro (apri la gallery fotografica, immagine 3). Il 31% dei quali, ha precisato il direttore dell’Osservatorio, Andrea Lamperti (foto in alto), provengono da mobile.
Il tutto all’interno di un mercato complessivo dell’internet advertising che, come ricordato da Carlo Noseda (apri la gallery, foto 2), presidente Iab Italia recentemente rieletto (leggi news) ha raggiunto nel 2016 i 2,36 miliardi di euro di raccolta, grazie a crescita del 9%. In sostanza, già oggi il video advertising rappresenta il 21% della raccolta pubblicitaria online e il 6,5% del totale mercato adv (considerando tutti i principali media).
E ancora meglio andrà nel prossimo futuro. Secondo Noseda, video, mobile e programmatic saranno i tre driver che traineranno la crescita del mercato pubblicitario digitale nel prossimo futuro. Il video advertising, in particolare, sarà sempre più centrale nelle strategie di comunicazione delle aziende e, come dichiarato da Andrea Lamperti, direttore Osservatorio Internet Media Politecnico di Milano, raggiungerà - secondo le previsioni - gli 800 milioni di euro di valore entro la fine 2018, arrivando a rappresentare il 30% del totale internet advertising (apri la gallery fotografica, immagine 4) . Sempre stando alle previsioni del Politecnico, il grosso della crescita (incremento medio annuo del 30%) arriverà soprattutto dalla componente social network.
Tornando ai dati disponibili (dunque quelli della ricerca 2016), il valore del video adv spicca anche all’interno del programmatic. A fronte di un mercato del programmatic advertising cresciuto del 32% nel 2016, per un valore complessivo di 310 milioni di euro, il video adv è arrivato a rappresentare il 30% di tale mercato (apri la gallery fotografica, immagine 5).
Lamperti si è anche soffermato sulle differenze tra formati video in-stream, ossia quei video pubblicitari associati a video non pubblicitari, soprattutto pre-roll (che partono prima della fruizione del contenuto prescelto), ma ci sono anche i mid-roll (nel mezzo) e i post-roll (alla fine); e i formati video out-stream, ossia quei video pubblicitari che esistono a prescindere dal contenuto video non pubblicitario, dunque non precedono, interrompono o concludono nessuna fruizione, in quanto vengono 'scelti' dall’utente, inducendo a parlare di ‘native video’.
Caratteristiche formati video in-stream:
- usati solitamente con obiettivi di branding;
- replicano l’esperienza dello spot tv;
- sono formati ‘standard’ e (alcune volte) ‘skippabili’;
- tutta l’inventory in-stream viene solitamente venduta;
- servono contenuti video di qualità a cui associare il video advertising.
Caratteristiche formati video out-stream:
- usati anche con obiettivi di performance;
- serve investire nella creatività (devono essere 'scelti' dall'utente a prescindere dal contenuto video 'non' pubblicitario);
- creano elevato engagement;
- aumentano la disponibilità di spazi video anche senza contenuti video;
- richiesta crescente di questi formati;
- si adattano bene anche al mobile.
Sul tema è intervenuto anche Pierre Chappaz, executive chairman & co-founder di Teads, il quale si è concentrato, in particolare, sulla user experience come chiave per realizzare una campagna adv di successo, specie in ambito video.
Per massimizzare la user experience, secondo Chappaz, occorre rispettare tre regole fondamentali: tenere ben presente il contesto in cui si opera, rispettare l’utente cui ci si rivolge (“se si vuole creare engagement non ha senso ‘bombardarlo’ o ‘sparargli in faccia’” ha precisato il manager), e infine valutare nel dettaglio il target, declinando il messaggio in funzione del destinatario.
Mario Garaffa