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Branding e-volution 2022: l'89% delle aziende investe in misurazione ma il budget è una barriera importante. Cambiano i comportamenti degli utenti: sound off e second screen gli atteggiamenti più sfidanti per catturare l'attenzione

Il convegno organizzato da UPA e dal Politecnico di Milano ha offerto al mercato un contributo alla comprensione delle opportunità e delle criticità nello sviluppo dei brand.

La seconda parte della ricerca di UPA e del Politecnico, presentato da Nicola Spiller (nella foto subito sotto), evidenzia come negli ultimi anni le aziende che hanno investito sulla misurazione sono l’89%.

Nicola

 In particolare, come principale partner di riferimento per le iniziative di misurazione la larga maggioranza (65%) indica le agenzie di ricerca esterne come quelle che più sono in grado di offrire strumenti precisi di misurazione. Inoltre, gli strumenti di misurazione delle iniziative di marketing/comunicazione utilizzate all’interno dell’impresa sono per il 73% analytics per i mezzi digitali.

Per le analisi più verticali sulle iniziative digitali e i contributi della brand lift il campione si spacca in 2 dimensioni. La ricerca infatti mostra che 4 aziende su 10 non fanno questo tipo di misurazioni mentre il restante 60% è ulteriormente suddiviso: 1 azienda su 10 usa strumenti di terze parti, 4 su 10 si appoggia a piattaforme media fornite già da piattaforme stesse e editori.
Il messaggio continua però ad essere positivo perché il trend mostra che le aziende vorranno mantenere questi investimenti sulle indagini specifiche.

Un altro tema importante sottolineato dalla ricerca riguarda il tema dei cookie che alimenta i modelli di attribuzione sta attraversando un periodo di revisione e ci si aspetta che l’attenzione si sposterà ai modelli di marketing mix che sono molto stabili.

La ricerca ha indagato anche il possibile impatto della deprecazione dei cookie di terza parte sulle strategie per la gestione della pubblicità data driven. Tra le aziende intervistate, solo il 12% ha già adottato una o più soluzioni cookieless, il 24% ha individuato una o più soluzioni che sta testando, mentre il 26% ha avviato la ricerca ma non ha ancora trovato soluzioni alternative.

Le discontinuità di misurazione digitali si inseriscono in una richiesta più generale da parte degli investitori pubblicitari di misurazioni più solide per giustificare il ritorno dei budget di comunicazione. Le aziende del campione dichiarano che investiranno di più in futuro per la misurazione delle variabili legate al brand e che hanno bisogno di currency crossmediali, soprattutto per leggere trasversalmente i risultati degli investimenti in TV e digital.

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 Nell’ambito delle connected TV interviene Antonio Pepe (nella foto a sinistra), Partner & COO Sensemakers mostrando come si muovono le audience e come misurare l’impatto delle campagne su di loro.
Pepe chiarisce innanzitutto come la componente di ctv sia cambiata in questi anni con un continuo aumento di utenti toccati e di tempo speso (+192%). In particolare, il target di riferimento varia a seconda delle piattaforme. Il tempo speso in tv e su smart e pc risulta infatti essere diversificato, se si considera invece la ctv includendo il consumo di ott e broadcaster la composizione demografica è più equilibrata.
Tuttavia, queste misurazione sugli impatti delle campagne che hanno mostrato la propria utilità vanno in contro ad un grande problema di budget che costituisce una barriera importantissima alla misurazione.
 
Per quanto riguarda i fattori di successo, sono stati identificati come rilevanti: obiettivi di campagna, timing, creatività, messaggio, tone of voices, set competitivo, targeting, contesto editoriali, formati e frequenza di esposizione.

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 A confermare l’importanza dello studio dell’impatto delle campagne è Andrea Giovenali (nella foto a destra), CEO e Fondatore di Nextplora. La ricerca della sua azienda mostra i comportamenti degli utenti, in particolare si concentra sul second screen, fenomeno che il 79% utenti attua occasionalmente mentre il 27% sempre. Di questi il 56% degli utenti che usano il second screen sullo smartphone ha anche l’audio attivato.
Inoltre, la ricerca mostra come il 44% salta la pubblicità quando possibile mentre il 35% la guarda solo in parte se la pubblicità riesce ad attirare l’attenzione.
Il dato su cui però è necessario mostrare maggior attenzione riguarda proprio l’audio:
il 42% degli utenti guarda solitamente le pubblicità silenziate e il 17% sempre con sound off.

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 A riguardo, Francesco Bellomo (nella foto a sinistra), Media & Consumer Insight Senior Manager Haier, mostra i risultati di una campagna andata in onda a giugno sia in tv che su YouTube e programmatic. La campagna metteva a paragone due gruppi: coloro che erano stati esposti anche all’audio e coloro che invece avevano seguito la campagna sound off. I risultati mostrano che l’attenzione era stata maggiormente catturata da coloro che sono stati esposti (293%) aumentando quindi ricordo e conoscenza del brand contro il 118% dei non esposti.
 

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 Il tema dell’attenzione è stato poi sottolineato da Aaron Mirelli (nella foto a destra), Sales Account Executive Integral Ad Science, che mostra i risultati di una ricerca in collaborazione con hp.
Mirelli chiarisce innanzitutto la mancanza di una misurazione univoca per valutare l’attenzione e spiega che per questa campagna il focus è stato sul contesto di fruizione degli annunci mentre per valutare  l'attenzione degli utenti è stato scelto il mezzo dell’eye tracking. È stato quindi analizzato come cambia l’attenzione a seconda del contesto: “I risultati mostrano che gli utenti che hanno fruito delle campagne in un ambiente pertinente hanno avuto un ricordo di marca più alto di 4 volte ed erano anche più disposti all'acquisto (+14%). Inoltre, anche la considerazione era migliore”.
 

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Giovanni Teofilo Chiarelli (nella foto a sinsitra), Head of Commercial Communication UnipolSai Assicurazioni S.p.a interviene spiegando l’importanza che IAS ha per l’azienda sottolineando l’attenzione su completion rate, viewability e sound.

 

 

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 In particolare, riguardo alla viewability Rocco Barbini (nella foto a destra), Senior Solutions Engineer Integral Ad Science spiega come in IAS questa venga considerata come un proxy dell’attenzione e propone un algoritmo proprietario come soluzione capace di:

  • Agganciare alla viewability immediata una variazione vid e liberare budget dove c’è meno attenzione
  • Far scattare campagne di follow up solo dove l’attenzione del consumatore è stat presente
  • Migliorare i modelli di attribuzione in funzione di quelle campagne che hanno avuto più possibilità di influenzare l’utente 

L’attenzione per una campagna è tutto perché intercettare persone è sempre lo scopo di una campagna. Non esiste una regola ma esistono buone pratiche che si applicano costantemente usando i dati rilevati. Le nostre sfide principali riguardano sempre i contenuti e la qualità è il fulcro di tutto” conclude Chiarelli.