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Gli effetti del Covid-19 sul marketing e sui brand? L’accelerazione oltre ogni aspettativa di trend già in essere: dalla digital transformation, all’eCommerce, alla sostenibilità. Ma occorrono più fatti e meno parole
‘Converge, Connect, Create’: questo il titolo dato alla prima conferenza virtuale organizzata da VMLY&R sul tema di quale sarà il ruolo dei brand in un mondo ‘post-pandemico’ e quale
futuro scenario ci si può aspettare per il marketing e l’advertising. Per discuterne l’agenzia ha riunito diversi professionisti che hanno dibattuto, fra le altre cose, come affrontare questioni legate all’impatto del lavoro da casa, alla sostenibilità del business e alla necessità per i brand – e per le stesse agenzie – di trasformarsi in veri e propri attivisti per contrastare il climate change. E tutti hanno concordato come la prima indispensabile trasformazione per le marche sia quella di ‘walk the talk’, passare cioè dalle parle ai fatti.
Sarah Dossett, Marketing Director Danone UK e Paesi Bassi, ha evidenziato come gran parte di queste tematiche fosse già presente nelle ‘agende’ delle imprese e dei consumatori anche nella fase pre-Covid: “Naturalità e sostenibilità sono da tempo aspetti sempre più importanti per le persone – ha detto infatti –, e ciò che è emerso nel corso del periodo più difficile dell’emergenza sanitaria è che il benessere è diventata la prima motivazione all’acquisto dei beni di consumo come quelli di Danone. Per noi è stato quindi naturale spingere proprio sui tasti dei benefit per l’organismo quali la digeribilità e il rafforzamento del sistema immunitario. Siamo fra le marche che hanno incrementato gli investimenti in questo periodo, e ci siamo focalizzati ancora di più sul canale eCommerce. Ma ripeto, è stata una fortissima accelerazione rispetto al percorso che già avevamo intrapreso, e non si tratta di semplice ‘comunicazione’ ma di qualcosa di molto più profondo”.
Pietro Mazzà, Regional Director UK & Nordics Lavazza, si è soffermato in particolare
sull’aspetto della sostenibilità, che per il brand italiano è un asset fondamentale del business, oltre che della comunicazione: “Lo scenario è confuso – ha spiegato – e non è semplice stabilire quali siano le priorità a fronte della necessità di far ripartire l’economia e far fronte alla recessione. Qualcuno pensa che di fronte a questo problema la sostenibilità passi in secondo piano. Ma già prima della pandemia il Fondo Monetario Internazionale aveva indicato per il 2020 che l’ambiente e la salute del pianeta costituivano i più grandi fattori di rischio per il business e l’economia. Eppure, da questo punto di vista, anziché progredire ci sono paesi come gli Stati Uniti o il Regno Unito che stanno facendo passi indietro”.
Un rischio enorme, per un’azienda come Lavazza, perché sempre secondo le previsioni dell’FMI entro il 2050 le piantagioni di caffè potrebbereo ridursi del 50%, ha aggiunto Mazzà: “È chiaro che non si tratta più di una questione di ‘scelte’. Il pericolo è reale ed è simile per moltissime altre industrie: non possiamo aspettare oltre e dobbiamo fronteggiare il cambiamento climatico ora, attraverso l’intera filiera e catena del valore, dalle piantagioni alla distribuzione ai consumatori”.
La moderatrice del panel, Karen Boswell, Chief Experience Officer VMLY&R EMEA, ha quindi chiesto ad Ant Hill, Head of Creative Industry Relations di Google, come e quanto le aziend stiano reagendo a queste problematiche dal punto di vista degli investimenti, e cosa la sua società stia facendo per aiutarle.
“La prima cosa che abbiamo fatto – ha risposto Hill – è stata cercare di dissuaderle dall’idea di fermare la loro comunicazione: non posso dire che ci siamo sempre riusciti, ma la risposta è stata generalmente positiva e anzi, come ha testimoniato Danone poco fa, in molti casi la loro reazione è stato un incremento della spesa. In particolare, questo vale soprattutto per i brand che da tempo hanno un approccio alla loro comunicazione ‘digital first’, e ancor di più
per quelli con un rapporto diretto con i propri consumatori radicato da tempo”.
Sul secondo fronte, ha proseguito Hill, “Google ha ulteriormente spinto su quella che la sua
company mission: organizzare le informazioni e renderle accessibili a tutti, in tutto il mondo. Nei dettagli, la nostra risposta alla pandemia è stata in quattro aree ben precise: aiutare le persone a trovare informazioni aggiornate; aiutarle a difendersi dalla disinformazione; aiutare le aziende ad aumentare la produttività (e lo stesso vale per gli studenti); supportare le iniziative di soccorso e dare sostegno alla ricerca scientifica”.
Alla domanda di Karen Boswell su come il Covid abbia impattato l’agenda relativa alla digital transformation, Mazzà ha ribadito che si è verificata un’accelerazione molto oltre le attese: “Abbiamo assistito a uno shift dal commercio fisico a quello digitale senza precedenti. Non si tratta solo di un’ondata, di un fenomeno passeggero, perché molti dei suoi elementi si trasformeranno e diventeranno strutturali: e le aziende stanno correndo per rispondere all’esplosione della domanda.
Non esiste, però, una ricetta unica per qualsiasi brand, ma credo che tutti debbano ragionare nei termini di una strategia digital ‘aperta’ e robusta che unifichi e renda coerenti tutti i canali: il proprio sito di eCommerce, quelli dei pure player (come Amazon), o dei retailer più tradizionali (perché anche la distribuzione deve fare i conti con questo fenomeno”.
In chiusura, Boswell ha chiesto a Sarah Dosset quali saranno le implicazioni della pandemia
per le strutture interne delle aziende: “Sicuramente la situazione in cui ci siamo trovati a
lavorare da remoto non ci ha trovato del tutto impreparati – ha risposto la manager di Danone –, perché da tempo sperimentavamo in questo senso. Ma ciò di cui ci siamo resi conto è come e quanto sia cambiato il flusso della comunicazione fra di noi. In questo periodo diciamo tutti quanto ci manchino i colleghi, le chiacchiere nei corridoi o davanti alla macchina del caffè: beh, questo è un aspetto non solo ‘ricreativo’ ma fondamentale anche dal punto di vista lavorativo, che non avevamo sufficientemente preventivato e sul quale dovremo intervenire”.
Tommaso Ridolfi