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Ideal. Il successo sui social si misura con le metriche dell’engagement e dell’interazione

I social media svolgono un ruolo sempre più strategico nel determinare il successo dei brand, perché, grazie soprattutto al ruolo svolto dagli ‘influencer’, consentono ad ampi pubblici di accedere a contenuti e storie private, svelando il dietro le quinte di celebrities ed eventi esclusivi, specie nel settore della moda. Ma per riuscire ad utilizzare i social nel modo più efficace, come spiegato da Nannelli (Blogmeter), servono metriche adeguate, strategie ad hoc e capacità di analisi. Del tema si è discusso in uno degli appuntamenti organizzati a Torino da Ideal Comunicazione per presentare la nuova divisione interna di produzione e il nuovo spazio polifunzionale 'Sala Giochi'.

(Torino. Dal nostro inviato Mario Garaffa). Una cosa ormai è chiara a tutti, i social media sono una cosa serissima. Soprattutto per fare business. Se ne sono ampiamente accorte le marche, che ormai, sempre più spesso, puntano sui social per rafforzare la propria brand identity, lanciare iniziative e storie, e supportare nuove linee di prodotto e servizi.  

Il tema è stato affrontato in uno degli speech in programma nella tre giorni (28, 29, 30 settembre) organizzata dall’agenzia Ideal Comunicazione nella sua sede di Torino, per presentare la nuova divisione interna di produzione (audio, video e digital) e il nuovo spazio polifunzionale denominato ‘Sala Giochi’.

A far la differenza, come spiegato da Nicola Pasianot, social media strategist Ideal Comunicazione, è soprattutto il ricorso ai cosiddetti ‘influencer’, specie in alcuni settori specifici, come quello della moda (ma non solo) dove il pubblico chiede contenuti in tempo reale, per scoprire il dietro le quinte di eventi esclusivi o della vita di celebrities.

Quella degli influencer, ha precisato Pasianot, è diventata una vera e propria professione (l’evoluzione tipica segue questo processo: blogger, fashion blogger, opinionista moda, fashion influencer), che presuppone capacità e competenze (soprattutto digitali), per riuscire a spostare ampie fette di pubblico nella direzione di specifici brand.

Per averne un esempio pratico, basti pensare al caso della seguitissima Chiara Ferragni (italiana, classe 1987), che è riuscita a contribuire al rilancio del brand Superga, trasformandosi anche in designer di calzature. La Ferragni, per inciso, è diventata a sua volta un brand (o meglio un ‘personal brand’), che fattura circa 10 milioni di euro all’anno e dà lavoro a uno staff di 25 persone.

Oppure ancora, si pensi al caso di Chanel che, sfruttando la popolarità di una blogger cinese, è riuscita a far vendere tramite WeChat una elevata quantità di borse al prezzo di 8mila dollari l’una. Per non parlare dei casi, nemmeno troppo isolati, di foto e post di fashion influencer ‘battuti’ su Instagram al costo di 20mila euro l’uno.

Altre top influencer del settore moda, su scala mondiale, sono Kristina Bazan (svizzera, classe 1993), Aimee Song (statunitense, classe 1986) e Chriselle Lim (statunitense, classe 1985).

Come spiegato da Paola Nannelli, senior strategist & head of influencer marketing Blogmeter, il successo di un’iniziativa social passa necessariamente dalla capacità, da parte dei brand, di elaborare strategie efficaci, sulla base di metriche adeguate.

Ripetere, per esempio, lo stesso messaggio e i medesimi contenuti sui diversi social network non ha alcun senso strategico e suscita solo un senso di ridondanza. Ogni piattaforma va sfruttata per le sue peculiarità. Nel mondo della moda si stanno verificando rapidissime evoluzioni: prima si utilizzava Facebook per la sua capacità di fornire una comunicazione di tempo reale. Oggi invece lo scenario è già cambiato: il social fondato da Mark Zuckerberg viene usato soprattutto per presentare i pezzi forti delle collezioni, ma la comunicazione live e in tempo reale delle sfilate viene gestita attraverso altri social, a cominciare da Instagram, ma anche Twitter e Snapchat.

Da segnalare, in questo senso, anche le mosse strategiche che stanno mettendo in pratica i diversi social media, con Facebook che, prima ha provato a comprare Snapchat (piattaforma i cui contenuti rimangono visibili per un lasso temporale limitato), poi, a fronte del rifiuto, ha deciso di lanciare un servizio simile, ossia Instagram Stories. Questi movimenti aziendali, ha spiegato Nannelli, trasmettono bene l’idea di come la parola chiave della social media communication di oggi sia, innanzitutto, istantaneità.

In ogni caso, la senior strategist di Blogmeter ha messo in risalto la permanente centralità strategica di un social come Facebook, posizionato in una posizione di leadership nel grafico delle ‘conversazioni’ (apri gallery, vedi immagine 'Ideal e Blogmeter.1'), perfettamente a cavallo tra le dimensioni ‘one to one’ e ‘one to many’, e saldamente collocato sull’asse del ‘permanent’.

Infine la questione delle metriche. Nannelli mette in guardia dall’uso improprio di variabili sbagliate. Per costruire campagne di comunicazioni efficaci, i creativi e gli strategist non possono più permettersi di considerare il semplice numero di follower e fan, come fossero delle garanzie della rilevanza digital e social. L’indicatore più corretto da utilizzare è quello dell’engagement, che prende in considerazione la variabile dell’interazione e la sua durata nel corso tempo. Ogni piattaforma ha poi le sue specificità: su Facebook si andranno a considerare i like, i post dei fan, i commenti e le condivisioni, su Instagram i like e i commenti, e su Twitter le menzioni, i retweet, i favoriti e le risposte.