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IAB Forum 2019. Kamaras (IAB Europe): “Brand, publisher e agenzie restano al centro di una filiera che accelera il cambiamento”

Scettico in merito all’atteso boom di investimenti pubblicitari sui nuovi mezzi come Audio e Connected Tv, Constantine Kamaras, co-fondatore e Chairman Emeritus di IAB Europe, ha invitato a prestare attenzione ai processi di merger & acquisition nel mondo dei contenuti, si è detto fiducioso nella prossima ‘ubiquità’ dell’AdTech, ha invitato agenzie e publisher a non lamentarsi e basta del monopolio/duopolio dei colossi del web ma a pensare a nuove e più efficaci strategie per contrastarli. E ha successivamente moderato una tavola rotonda sulla catena del valore lungo la ‘nuova’ filiera del digital advertising dando la parola ad autorevoli protagonisti internazionali dal mondo dei brand (Nestlé), delle agenzie (Dentsu Aegis Network) e dei publisher (The New York Times).

Piuttosto che salire sul palco per raccontare “Che il programmatic cresce, che il mobile cresce, che crescono il video e i social e buonasera…”, Constantine Kamaras, co-fondatore e Chairman Emeritus di IAB Europe, ha preferito mettere al centro del suo speech i fattori che, con ogni probabilità, contribuiranno nei prossimi 12 mesi a dar forma alla rivoluzione (come da titolo del
congresso) della Digital Industry.

“Il primo riguarda i nuovi ambiti di crescita dell’Audio e delle Connected Tv – ha esordito Kamaras –: sicuramente si moltiplicano i device e cresce la loro diffusione, ma personalmente – e tengo a sottolineare che si tratta di una mia personale opinione – sono scettico sulla vera e propria esplosione che in molti annunciano per l’advertising su questi mezzi/canali. Ci sono ancora problemi di misurabilità, di frammentazione, di inventory – anche se con alcune differenze importante fra i due: l’inventory dell’audio è corposa ma difficilmente misurabile, mentre per le Tv connesse è vero l’opposto, è più facile da misurare ma manca un’inventory premium scalabile. Non ho dubbi che il mercato esploderà, ma non tratterrei il respiro aspettando che ciò accada nei prossimi 12 mesi”.

Il secondo punto toccato da Kamaras è stato quello delle fusioni, acquisizioni e alleanze nel business dei contenuti: “È un tema che riguarda direttamente anche noi di IAB, visto che molti dei nostri soci sono publisher, e dove c’è un serio problema di costi perché pensavamo che il digital publishing sarebbe stato più ‘economico’ di quello tradizionale. Ma non è così. Credo perciò che a guidare questi processi di merger & acquisition saranno due fattori strettamente connessi fra loro: la potenza dei brand e i contenuti a pagamento. Il vantaggio è in mano a chi dispone di un modello che funziona basato sui contenuti pay e sul rapporto diretto, one to one, con i consumatori”.

Passando all’AdTech, altro fattore che caratterizza l’evoluzione del digital adv, secondo il chairman Emeritus di IAB Europe, è il fatto che si va verso una fase di consolidamento che è già iniziata: “Attenzione però – ha osservato –, perché la tecnologia non è entrata solo all’interno dei content provider e delle agenzie, ma sta entrando prepotentemente anche all’interno dei brand. Continueranno ad arrivare innovazioni e nuovi entranti, ma in termini di ‘elite’, l’AdTech passerà dal consolidamento all’assorbimento per arrivare all’ubiquità”.

E ha proseguito: “Continuiamo a discutere di duopolio o di triopolio del mondo del digital adv, ma io credo che le cose stiano diversamente: ci troviamo di fronte a una serie di ‘micro-monopoli’ di settore – Facebook nel Social, Google nella Search generalista, Amazon nella Search di prodotto, sempre Amazon nell’eCommerce… Se qualcuno si aspetta una mia filippica contro queste o altre piattaforme rimarrà deluso, perché sono convinto che ciò che conta continua a essere l’engagement. Le piattaforme restano solo piattaforme, e credo che agenzie e publisher dovrebbero smettere di lamentarsi e cominciare a elaborare nuove strategie come nei casi del Telegraph in Gran Bretagna e di Politiken in Danimarca che porteranno la testimonianza dei loro successi anche qui a IAB Forum”.

Il quinto punto dello speech ha riguardato la crescita della Cina: ricordando che WeChat è popolarissima anche in Occidente e che TikTok ha raggiunto 1,5 miliardi di utenti, Kamaras ha sottolineato come “L’aspetto interessante e inedito di tutto ciò è che improvvisamente gli Stati Uniti vedono diffondersi nel loro mercato piattaforme non inventate da loro e create al di fuori delle loro leggi e della loro cultura: paradossalmente, cioè, la Cina sta mostrando agli USA come ci si sente in Europa, e questo per gli americani è fonte di preoccupazione”.

L’ultimo punto toccato da Kamaras riguarda l’evoluzione della filiera e della catena del valore del digital advertising visti gli innumerevoli cambiamenti degli ultimi anni a tutti i livelli. Un tema approndito dalla tavola rotonda seguita al suo speech e a cui hanno preso parte Tina Beuchler, Global Head of Media & Agency Operations Nestlé; Vineet Arora, Global Client President Dentsu Aegis Network e Jean-Christophe Demarta, Senior Vice President – Global Advertising The New York Times.

 

SFIDE E OPPORTUNITÀ PER CLIENTI, AGENZIE E PUBLISHER

 

IAB Forum   tavola rotonda


Kamaras: 3 anni fa, il presidente dell’ANA, l’associazione degli advertiser americani, ha lanciato una sfida all’intera industry per migliorare la qualità del sistema pubblicitario digitale superando problemi come trasparenza, viewability, ad fraud, brand safety e così via. A che punto siamo da questo punto di vista?

Tina Beuchler: “Di cose da fare ce ne sono ancora molte, perché la trasparenza non è ancora una realtà così come la brand safety. C’è poi un problema di engagement del pubblico, che sempre più spesso dichiara di voler evitare la pubblicità. Non siamo abbastanza avanti in termini di misurazione, soprattutto in un’ottica crossmediale che ci possa permettere pianificazioni ‘olistiche’.
E ultimo ma non ultimo le frodi continuano a esserci e noi clienti non vogliamo pagare per impression che non esistono”.


Vineet Arora: “Rispetto a 3 anni fa su tutti questi problemi c’è sicuramente una maggior awareness da parte di ogni operatore della filiera, e sono state trovate soluzioni tecniche che prima non esistevano. Ma questi problemi non sono risolvibili dai singoli operatori: 7/8 anni fa operavano nel mercato dell’AdTech 150 operatori: oggi sono 7.500! E la complessità è destinata ad aumentare se pensiamo ai nuovi ambiti come quello dell’Addressable Tv che oggi è un po’ come il Programmatic ai suoi albori”.


Jean-Christophe Demarta: “Il New York Times è da tempo sulla strada della qualità: abbiamo un brand premium e un prodotto premium, e la nostra mission è quella di produrre un giornalismo per cui valga la pena pagare. Abbiamo 150 milioni di utenti e 5 milioni di abbonati paganti, ed è pensando a loro che abbiamo cercato di migliorare: non pensiamo di eliminare la pubblicità perché siamo convinti che faccia parte dell’esperienza di lettura, ma deve essere anch’essa di qualità. Per proteggere i nostri lettori e allo stesso tempo per dare più valore ai brand dei nostri clienti abbiamo ridotto il numero di annunci e abbiamo da poco deciso di togliere dalla nostra app ogni annuncio proveniente dagli open exchange”.


Kamaras: “Oggi i brand portano in house pezzi del processo, sono scese in campo le società di consulenza, gli editori stanno creando studi di produzione interna, che come nel caso del New York Times vincono premi a Cannes...! La catena del valore sta cambiando: con quali esiti secondo voi?”

T. Beuchler: “Tutto è più complesso, e il modello secondo il quale davamo alla nostra agenzia di riferimento la responsabilità di gestire tutto non c’è più. Oggi stiamo portando al nostro interno maggiori competenze, soprattutto nell’area dei media, del planning, della tecnologia e dei dati, per poi poterci connettere ai sempre più numerosi partner che fanno parte della filiera. Per noi è quindi un modello più ibrido e collaborativo rispetto al passato, ma nel quale dobbiamo assumerci noi aziende il ruolo e la responabilità di guidare il processo”.

V. Arora: “È vero che la complessità è aumentata, che ci sono più competitor e più soluzioni ‘plug & play’, che le barriere all’ingresso sono scese e i clienti vogliono maggior controllo… La conseguenza per noi agenzie è che dobbiamo re-inventarci. L’in-housing non significa che scompariremo ma che cambiano le regole: è più facile a dirsi che a farsi, ma se saremo pragmatici e dinamici nel costruire vere partnership con i clienti e i publisher, continueremo ad avere lo spazio e il modo di operare in modo aperto, trasparente e profittevole continuando a portare valore ai clienti”.

J. Demarta: “Ormai ogni editore al mondo ha creato una sua ‘agenzia’ interna e la nostra sta funzionando benissimo. Ciò non vuol dire che facciamo il lavoro delle agenzie tradizionali, se non, ma solo in parte, da un punto di vista creativo – anche se non saremo mai ‘agenzia di riferimento’ per nessun brand. Ciò che facciamo è ciò che sappiamo fare meglio, il giornalismo, applicando le sue tecniche al marketing per far sì che il lettore sia attratto dai contenuti di un brand esattamente come dai nostri contenuti giornalistici. Inoltre, almeno per il momento, ciò che produciamo per i clienti è nella stragrande maggioranza dei casi veicolato esclusivamente attraverso i nostri canali: perché un contenuto di brand costruito per il New York Times sarebbe sbagliato, per esempio, su Vogue, che ha un target e un audience differente.

Kamaras: “Una sfida e un’opportunità che secondo voi emergeranno nei prossimi 12 mesi?” T. Beuchler: “La sfida è come in futuro ingaggeremo i consumatori, le nuove generazioni. L’opportunità è data dalle persone, al nostro interno e nei nostri partner, e dalla collaborazione fra di loro”.

V. Arora: “La nostra opportunità come agenzie è esattamente quella che i brand vedono come sfida: è lì che possiamo aiutarli a trovare la miglior soluzione possibile. La sfida è come riuscirci e, soprattutto, come semplificare per loro la complessità senza trasformare il nostro servizio in una commodity”.


J. Demarta: “La sfida per noi publisher è riuscire a farci pagare per la qualità che offriamo – non solo dai lettori, ma dai brand! – superando il metro di giudizio che ancora si adopera per giudicare il digital adv e le sue performance. E questa è anche la nostra più grande opportunità”.

 

Tommaso Ridolfi