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EJ. “Oltre i Confini: Investire nell’Agroalimentare Italiano tra Dazi e Nuove Narrazioni”. La comunicazione ancora più strategica per creare valore tangibile per i brand, educare i consumatori e rafforzare il Made in Italy

Un incontro, organizzato dall’agenzia fondata da Massimo Costa, che ha visto protagonisti alcuni dei principali player del settore (American Chamber of Commerce in Italia, Casa Vinicola Paladin, Federvini, Salov Group, Coop Italia, Kantar, OC&C) per capire come e con quali azioni affrontare i diversi scenari legati alle nuove imposte volute dall’amministrazione USA. La narrazione di marca emerge come elemento sempre più determinante, nel quale i valori di un brand, i fattori intangibili, diventano cruciali per mantenere quote di mercato e memorabilità, in un'epoca dove anche il Made in Italy vacilla, i consumi alimentari italiani sono in contrazione e i prodotti sottoposti al vaglio di consumatori più attenti e meno fedeli alle marche.

Oltre i Confini: Investire nell’Agroalimentare Italiano tra Dazi e Nuove Narrazioni” è il titolo dell'interessante tavola rotonda tenutasi questa mattina a Milano su iniziativa dell'agenzia di comunicazione EJ, fondata da Massimo Costa, che ha cercato di spiegare e raccontare a caldo quali sono le problematiche che l'industria agroalimentare affronta e dovrà affrontare a seguito di tutta la politica dei Dazi. L'evento, che ha visto la partecipazione dei principali attori del comparto  e il contributo di Simone Crolla, consigliere Delegato di American Chamber of Commerce in Italia, nasce dalla volontà di EJ di animare un dialogo strategico su come sostenere e accompagnare i principali player dell’industria agroalimentare italiana nel loro percorso di rafforzamento sui mercati esteri, anche grazie ad una comunicazione in grado di interpretare le reali esigenze del business, supportando i clienti con strategie innovative e linguaggi contemporanei.  

L’incontro, moderato dal giornalista Isidoro Trovato, Caposervizio de l’Economia del Corriere della Sera, è stata l’occasione per esaminare gli scenari determinati dall’attuale contesto e di analizzare sfide e opportunità future per sostenere e potenziare la valorizzazione del Made in Italy. 

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Il dialogo ha coinvolto alcune delle voci e industrie dell’agroalimentare italiano che ne rappresentano l’eccellenza produttiva, dal mondo dell’olio ai vini, fino alla grande distribuzione. Sono intervenuti Simone Crolla, Consigliere Delegato di American Chamber of Commerce in Italia (in foto); Marcello Milo, Responsabile Commerciale e Brand Manager di Casa Vinicola Paladin; Ettore Nicoletto, Vicepresidente del Consiglio del Gruppo Vini di Federvini; Emanuele Siena, Marketing Director di Salov Group; Maura Latini, Presidente di Coop Italia; Federico Capeci, Ceo Kantar Italia e Spagna; Marco Costaguta, Partner OC&C.

Identificare scenari e strategie, quindi, all'interno di uno scenario globale costantemente atipico, frutto di una nuova visione politica Statunitense, turbolenze geopolitiche, di difficile decriptaggio. Unica cosa certa è la presenza massiccia di incertezza, il peggior nemico delle aziende.

Simone Crolla ricorda come 77 milioni di elettori hanno votato Trump, il quale vuole mettere in atto attraverso dazi, e non solo, un ripensamento delle strategie commerciali nei confronti del mondo.

 

Il settore wine e le sue difficoltà

Ad esempio, il mercato del vino, in buona compagnia con altri comparti, vive un momento di grande incertezza. Lo spaccato che racconta Marcello Milo della Casa Vinicola Paladin, vede diversi importatori statunitensi che hanno aumentato le importazioni per fare scorte, anticipando sui dazi, mentre altri hanno congelato gli ordini. Entrambe le situazioni ben rappresentano l'incertezza su quali azioni apportare per affrontare la situazione.

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Gli Stati Uniti sono il primo mercato di esportazione per l'Europa e per generazione di valore. Negli USA il vino italiano compete in una fascia molto sensibile al prezzo, una situazione molto delicata. Ma i dazi distraggono dall'andamento del mercato del vino mondiale: non sono solo i tributi a colpire il settore che da 7 anni è in recessione globale dovuto a un calo dei consumi a livello mondo (-8% a valore) dovuti a cause strutturali: cambiamenti demografici, aumento della sensibilità verso il salutismo, lo spettro dell'offerta prodotto divenuta molto più ampia crea infedeltà verso la marca. Su questo fronte molto può fare la comunicazione, anche attraverso azioni di education, come la Casa Vinicola Paladin sta realizzando presso vinoteche e ristoranti USA per aumentare la riconoscibilità del prodotto, oltre a fornire una possibilità di presenza nelle menti dei consumatori. Anche i vini a basso contenuto di alcol o analcolici, secondo Nicoletto, “Possono portare ad avvicinarsi a nuovi utenti, anche per non essere esclusi da momenti sociali, ed essere inoltre una soluzione per drenare l'eccesso di produzione e avvicinare neofiti alla bevanda.”

 

L'olio di oliva nell'epoca dei cambiamenti climatici

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Il 50% della produzione mondiale di olio d'oliva avviene in Spagna. Il prodotto italiano negli USA può costare anche dieci volte di più rispetto all'olio di colza, storicamente più utilizzato negli Stati Uniti, dove esistono aziende che acquistano olio d'oliva da diverse parti del mondo e lo imbottigliano in loco. Bisognerà quindi vedere come i dazi agiranno anche all'interno di queste dinamiche 'ibride', non di puro prodotto importato.

Il 2024 è stata l'annata peggiore di sempre per l'olio di oliva, che è passato da circa 2-4 euro a 10 euro al litro a causa dell'aumento del costo delle materie prime. I fatturati sono aumentati, ma i margini si sono molto ridotti. “È necessario un riposizionamento della categoria verso l'alto, – sottolinea Emanuele Siena, Marketing Director di Salov Group – in modalità premium, perché se competeremo negli USA sul prezzo perderemo. Bisogna comunicare le nostre peculiarità per educare il consumatore.” Serve fare sistema. Questa sarà una tematica che emergerà molto durante tutto il confronto. I piccoli brand italiani, in prospettiva dazi, rischiano di soffrire molto nel mercato statunitense.

 

Per Coop prima la qualità e la salute, poi l'economia

Per Maura Latini, Presidente di Coop Italia, l'inflazione reale esisteva già prima della pandemia e della guerra in Ucraina. Ormai si parla di inflazione climatica, dovuta ai fenomeni meteorologici estremi: siccità, inondazioni, grandinate. Dal 2022  il costo dei prodotti è aumentato del 22%. I dazi potranno avere conseguenze forti in Italia, che trasforma molto e vive d'importazioni.

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Dalla crisi Lehman Brothers gli stipendi italiani non si sono mai adeguati al costo reale della vita. Da qui l'esplosione dei discount, della perdita di fedeltà alle marche preferendo il risparmio, e spesso perché i prodotti delle varie sigle distributrici hanno un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Nel 2023 è stata la prima volta, dalla fine della seconda guerra mondiale, di una diminuzione in Italia dei consumi alimentari. “C'è necessità di attualizzare il contenuto e raccontare alle nuove generazioni i prodotti, i loro valori aggiunti,” sottolinea Latini, la quale ricorda che sul banco delle trattative tra USA ed EU non ci sono solo i dazi, ma anche le modifiche dei regolamenti Europei, basati sul principio di precauzione, al fine di rendere meno stringenti le selezioni per i prodotti Statunitensi all'interno del mercato europeo. “La tutela della qualità dei prodotti, della salute pubblica e dell'ambiente non deve essere negoziabile. Prima la persona e poi l'economia.” rimarca Latini aggiungendo come il ritmo di cambiamento dei consumi sia velocissimo. Per affrontarlo serve flessibilità e coraggio, anche attraverso una strategia di comunicazione che sappia traguardare lontano.

 

 

La brand awareness oggi non basta, bisogna lavorare sulla brand equity. La visione di Kantar

“Tutte le generazioni cambiano anche durante la loro esistenza.” evidenzia Federico Capeci introducendo il trend di disaffezione alle marche. Oggi l'88% della popolazione mondiale è a conoscenza dell'aumento dei dazi. Il favore verso l'amministrazione Trump sia negli Stati Uniti che in Italia è molto alto. L'Italia è il paese europeo con la più grande propensione verso Trump e Musk con il 28% dei consensi, mentre in Inghilterra è del 18%.

Alla domanda ‘se tu potessi scegliere quale prodotto food comprare in merito alla sua origine negli USA’ oggi, il 72% degli Statunitensi afferma un prodotto americano. Del 28% rimanente, il primo paese citato è l'Italia, successivamente una pletora di prodotti definiti 'etnici', di varia provenienza.

Su tutto emerge la questione del brand. Per Capeci la comunicazione può fare tanto, può dare un valore tangibile ed economico. Da tempo l'awareness non è più il solo il fattore determinante, a volte nemmeno utile. Ad esempio ci sono tantissimi prodotti, soprattutto di nuova generazione, rivolti ai giovani, che crescono perché super-significativi, entrano nelle piattaforme digitali dove hanno la fortuna di ottenere una notorietà immediata. “La notorietà è sintomo e acceleratore di un posizionamento ben fatto ma la sfida più importante si gioca sulla brand equity”, evidenzia il Ceo Kantar Italia. Food e lusso sono i settori più impattati dai dazi: l’alimentare anche a causa dell’inflazione, il lusso perché la premiumness non paga più.

“Tutte le nuove generazioni, ma anche i boomer, chiedono di passare dal saper fare al saper dare. C'è una focalizzazione molto forte su ciò che il prodotto dona a livello funzionale e a livello emotivo.”

La premiumness non può esistere senza un ottimo posizionamento, una equity, appunto, sostenuta da un valore reale del prodotto, e non solo dal costo elevato che lo colloca nella categoria. Il consumatore è quanto mai attento, c'è una consapevolezza diversa, soprattutto delle nuove generazioni. Anche il valore del prodotto 'Made in Italy' sta calando secondo BrandZ, ossia il fatto di essere un prodotto italiano non basta più.

 

La comunicazione integrata sempre più un aiuto ai marchi

Uno scenario, quello tracciato durante l'incontro, che consente di rimettere mano, totalmente, non solo all'economia ma anche a come andrebbe affrontata la comunicazione del brand. "Il marchio oggi prescinde dalla pubblicità. Ci sono tantissimi brand straordinari, con una marginalità enorme che non fanno pubblicità televisiva” illustra Capaci.

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Ma anche molti brand che posseggono una grandissima autorità stanno perdendo rilevanza. Serve un percorso di marca su tutti i touchpoint che veicolino il racconto di brand, necessariamente collegati all'e-commerce, su diversi ambiti d'influenza. “Oggi non basta solo un'etichetta, quindi brand reputation e brand awareness. I valori che un brand comunica, i fattori intangibili, vanno riscoperti con la narrazione di marca".

“Dazi USA e il tasso di cambio del dollaro che potrebbe raggiungere l'1,3 - 1,4$ sull'euro potrebbe essere una formula potenzialmente molto pericolosa” sottolinea Marco Costaguta, Partner OC&C, secondo cui: “Serve molta più aggregazione in Italia, occorre fare sistema. Dobbiamo guardare anche ad altri mercati, instaurare integrazioni commerciali tra i vari player dei rispettivi settori, ma bisogna farlo in fretta.”

DR