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Peter Fields: “Questa recessione è diversa, ma può essere affrontata grazie a lezioni e strumenti che le crisi precedenti ci hanno lasciato: continuare a investire sul brand, la visione di lungo periodo e la forza dirompente della creatività"

Servono una visione strategica e la capacità di sfruttare l’opportunità che ogni crisi presenta, non per sopravvivere, ma per crescere di più e più velocemente nel momento della ripresa: questa, in estrema sintesi, la lezione che Fields ha cercato di trasmettere nel corso del webinar organizzato da The Global Tv Group ed EGTA, l’associazione europea che riunisce tutte le principali concessionarie radio-televisive.

Consulente di marketing da oltre 15 anni, Peter Fields ha ripercorso i principali insegnamenti derivati dai passati periodi di contrazione dell’economia considerandoli più che adatti anche alla situazione attuale: primo fra tutti il mantra del non smettere di investire sul brand. “Non si può spegnere del tutto la luce – ha affermato Fields – perché questo metterebbe seriamente a rischio la market share e innescherebbe fenomeni di sensibilità al prezzo dai quali diventa difficilissimo – e molto costoso – riuscire a riemergere al termine della crisi”.

Un punto essenziale è che in certi momenti è indispensabile conservare un rapporto equilibrato fra la ‘share of voice’ e la ‘market share’ della marca, ha spiegato Fields: “Sappiamo che fra le due cose c’è un rapporto molto stretto, e perdere quota sul primo fronte causa direttamente un calo anche sul secondo. Ma attenzione, perché in tutto questo c’è una grande opportunità: la crescita delle audience di alcuni media e la contemporanea diminuzione dei prezzi degli spazi abbattono i costi per i marketer che possono ottenere o addirittura incrementare la lorto SOV senza aumentare (o mantenere) il livello precedente degli investimenti”.

Un altro rischio parimenti grave è il cosiddetto ‘short-termism’, ha proseguito Fields: “Una visione concentrata sul breve e brevissimo periodo è doppiamente pericolosa: chi in passato ha provato a spostare le proprie risorse verso attività più tattiche è riuscito a tamponare la caduta immediata ma non ne ha tratto alcun beneficio di lungo termine. Per questo le aziende devono essere pronte a rinunciare a qualche punto di profitto sul breve e continuare a investire in pubblicità e in awareness, anche se questo durante una recessione non dà benefici immediati: ma continuando a sostenerli adeguatamente, i brand potranno tornare alla crescita in modo sensibilmente più veloce e soprattutto più cospicuo quando la tempesta sarà finita rispetto ai competitor che saranno rimasti in silenzio o che avranno abbassato di molto la voce”.

In tempi normali, la ripartizione mediamente più corretta fra investimenti sul brand e attivazioni promozionali è del 60% vs. il 40% del budget: “Nel 2008, ci sono stati alcuni casi in cui variare questo equilibrio fino al 50% e 50% ha funzionato – ricorda Fields –, ma oggi il mio consiglio è opposto: molto meglio destinare il 70% al sostegno del brand e lasciare alle activation il 30%.

Quella che stiamo attraversando non è una recessione normale: “È una iper-recessione – ‘a recession on steroids’ è, per la precisione, la definizione data da Fields –, con una fortissima polarizzazione fra ciò che è o non è essenziale, restrizioni e problematiche produttive e distributive nuove, comportamenti di acquisto nuovi anch’essi. Per questo, trovandoci in una simile situazione, una visione di breve ha ancora meno senso!”.

Fields non parla di ‘lettere’ (U, V o altro) o di forme della curva della ripresa, ma ricorda che ciò che è sempre successo fino a oggi, in particolare in corrispondenza di precedenti epidemie o pandemie, è che più è stata rapida e profonda la caduta, più velocemente e rapidamente se n’è venuti fuori: “Chi vuole cogliere una tale opportunità deve però farlo subito. Aspettare la ripresa per tornare solo allora a investire vanificherebbe ogni sforzo”.

Rispondendo alle domande degli operatori che hanno seguito il webinar, Fields si è detto convinto che questo approccio possa funzionare per qualsiasi brand e in qualsiasi settore: “So che ci sono aziende in grave crisi e sull’orlo del fallimento. Penso per esempio agli operatori del turismo, dei viaggi o alle linee aeree ferme da mesi e non si sa per quanto tempo ancora: ma devono tener presente che hanno di fronte una platea enorme di gente che è stata o è ancora chiusa in casa per mesi, e che davvera non sogna altro che una vacanza, una meta, un posto dove andare quando la crisi sanitaria finirà. Entrare nella considerazione di questi consumatori oggi può essere vitale al momento della ripartenza”.

Anche in tema di quali media utilizzare Fields è stato chiaro: “Vanno usati quelli che da sempre sono i più adatti alla costruzione di brand, primo fra tutti la Televisione. Così la Radio e l’Out Of Home, che non appena si ‘riaprirà’ tornerà a essere uno strumento di brand building eccellente. Il Video Online funziona egregiamente per amplificare il messaggio ed estendere la reach el mezzo televisivo, ma se si ferma la Tv questo effetto svanisce perché non ci sarebbe nulla da amplificare!

Non voglio affatto dire che il Digital sia solamente un mezzo tattico perché certamente ha un ruolo anche nella costruzione dei brand: ma senza entrare in questa sede nei problemi di viewability, frodi e tutto il resto, il dato di fatto è che è proprio sugli aspetti tattici e di breve che fino a oggi ha dimostrato la sua massima efficacia”.

L’ultimo punto affrontato da Fields esce per certi versi dagli aspetti di puro marketing ed entra direttamente nel cuore delle aziende, del cosiddetto ‘purpose’: “Anche questa è una lezione delle crisi passate – ha sottolineato –: la questione valica i confini della comunicazione ed entra infatti nel campo dei comportamenti delle aziende e dei loro brand che devono concretamente dimostrare la loro umanità e generosità, con le azioni, prima che con le parole, i video o altri messaggi”.

“Di riflesso, nella pubblicità occorre entrare in sintonia con il clima e il mood sociale che oggi, fondamentalmente, è quello dell’unione nell’avversità, costruendo messaggi e campagne capaci di risuonare con questo feeling molto più che sul singolo individuo o sulla performance. Senza dimenticare – la conclusione di Fields – che tutto quel che ho detto si riferisce al piano strategico, ma che poi un ruolo fondamentale è quello dell’execution: per metterlo in pratica ci vuole creatività, servono idee brillanti, l’unica cosa che può davvero fare la differenza”.