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TP: Csr per essere competitivi

Si è parlato di reponsabilità sociale, ieri, 22 gennaio, alla pillola per pubblicitari organizzata dell’ Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti di cui Biagio Vanacore è il nuovo presidente. La responsabilità sociale non ha a che fare con l’etica. Si tratta di un concetto più pratico ovvero è il farsi carico degli effetti indiretti della propria attività. Questo consente di aumentare la propria competitività.

Si è parlato di responsabilità sociale, ieri, 22 gennaio all'appuntamento con la nuova 'Pillola per pubblicitari' dal titolo 'Quale è la differenza tra creare un'immagine e costruire una reputazione?' organizzata da TP Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti. Il relatore, Carlo Cici, senior manager della RGA, una società che si occupa soprattutto di responsabilità sociale, ha illustrato i vari aspetti della Csr partendo da una domanda 'La responsabilità sociale sta alla competitività come l'etica sta all'eccellenza delle persone?'.

C'è un nesso stretto tra responsabilità sociale e competitività. La responsabilità sociale non ha a che fare con l'etica, si tratta di un concetto più pratico ovvero è il farsi carico degli effetti indiretti della propria attività. Questo consente di essere più competitivi. Tutte le funzioni aziendali hanno rischi reputazionali che non vengono solo dal mercato. Ci sono i fornitori, i clienti, i dipendenti, infatti, che hanno un grande impatto. La Csr si usa per prevenire e gestire i rischi reputazionali non solo con la comunicazione ma creando valore per gli stakeholder. Le aree di intervento sono: governance, risorse umane, mercato, comunità e ambiente. Carlo Cici ha citato una case history. "Il settore automotive è in una crisi nera. Una delle ragioni sono le forte emissioni di Co2. Ora le macchine costano diversamente a seconda delle emissioni. Mercedes Benz ha creato un veicolo ibrido di serie. Poi si sono rivolti a noi perchè volevano fare una partership con un'azienda ambientalista. Noi abbiamo consigliato di procedere diversamente, di incontrare gli stakeholder e chiedere loro cosa avrebbero dovuto fare per essere considerati più sostenibili. Sono emersi 42 progetti, ne abbiamo identificati 6 e abbiamo fatto decidere ai cittadini di tre piazze, Milano, Palermo, Roma, dove migliaia di persone hanno votato". E' importante creare valore per gli stakeholder, attraverso azioni concrete. Una comunicazione fatta senza creare valore rischia di essere un boomerang, questo perchè l'azienda non esaurisce la sua attività solo nelle transizioni economiche.

"Negli anni '60 - prosegue Cici - Friedman sosteneva che l'unico obiettivo delle imprese è avere profitto. Bisogna però tener conto delle condizioni sociali. Si era infatti in piena guerra fredda ma c'era molto ottimismo per il futuro. Negli anni '80 la concezione cambia: Vittorio Coda sostiene che un'impresa deve salvaguardare la propria vitalità quindi mirare a una funzionalità economica duratura. A tal fine è necessario perseguire la dominanza sul mercato e la coesione con gli interlocutori sociali. Il contesto sociale rispetto gli anni '60 era mutato, tra le altre cose, era aumentata la scolarità e si iniziavano a prendere in considerazione i problemi climatici. Nel 2000 entra in vigore il concetto di Csr come integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate. Il contesto è molto cambiato rispetto gli anni 60: non c'è più la centralità scientifica, i processi di apprendimento rendono le persone sempre più consapevoli, c'è diffidenza nella tecnologia, ci sono scandali finanziari, siamo in presenza di un rallentamento nella crescita e c'è bisogno di partecipazione".

La Csr quindi non è una moda, è un modello di management in uno scenario molto diverso rispetto a solo pochi anni fa. Incide sulla competitività. Ma come crea valore per l'azienda? Cici individua cinque vantaggi: attrarre, trattenere, motivare persone e capitali; favorire la relazione con il territorio; connotare positivamente il brand; aumentare la capacità di lobbying con le Istituzioni; rafforzare la capacità di partnership.

Cici è poi ritornato sul tema del rapporto fra etica ed eccellenza delle persone. Quando non eccelliamo dipende dalle idee che abbiamo. I risultati di una persona infatti dipendono dalle azioni e le azioni dipendono dalle idee. La motivazione è una leva chiave per raggiungere gli obiettivi. L'autostima è una leva chiave della motivazione e dipende dal rispetto che abbiamo dei nostri valori. Le idee sono legate all'autostima che a sua volta è legata alla motivazione che a sua volta è legata alle azioni quindi ai risultati conseguiti che influiranno a loro volta sulle idee. "Questo cerchio per dire che andare contro i propri principi di etica non darà una grande motivazione e questo agirà sui risultati – ha concluso Cici -. Raggiungerà l'eccellenza chi: rispetta gli accordi modificandoli se non riesce a rispettarli; percorre la strada dell'abilità; rispetta i propri valori in quanto non sono altro che noi stessi".