Marketing

Un marketing fatto ad arte

Per conquistare un vasto pubblico, il marketing deve essere di massa. Il nuovo marketing di massa si affida sempre più all’estro individuale, e all’artista, per potenziare la sua forza seduttiva e l’unicità espressiva di marche e prodotti. Lo sostiene Auro Trini Castelli, executive planning director Draftfcb nel suo intervento sul nuovo numero di NC distribuito questi giorni.

"Business art is the step that comes after Art. I started as a commercial artist, and I want to finish as a business artist". Con queste parole Andy Warhol descriveva il suo interesse verso il connubio fra arte e business, e la sua convinzione che entrambe le discipline potessero essere unite da un legame fertile. Oggi la forza espressiva dell'arte si pone al servizio del marketing con iniezioni di originalità necessarie per sopravvivere nel sempre più affollato panorama di marche e prodotti. In fondo, l'arte del marketing risiede nella capacità di creare stimoli nuovi e continui per la propria audience. Cosa di meglio di un marketing fatto ad arte, o meglio, con il fascino aggiunto dell'arte? Il fenomeno era inizialmente germogliato grazie all'iniziativa di alcune marche del settore moda, che avevano stimolato l'estro artistico di personaggi dello star system al fine di creare collezioni fuori dal comune. Da Madonna per H&M a Mischa Barton per Stacey Lapidus, da Scarlett Johansson per Reebok a Rachel Bilson per DKNY , le contaminazione creative fra arte, cinema, musica, moda e marketing hanno aperto la strada a nuovi territori di marketing.

Rimaniamo nella moda, pur orientandoci a veri e propri maestri dell'arte contemporanea. Se entrando a una mostra si trovassero appese svariate paia di jeans al posto delle tele, si penserebbe a uno scherzo. Ma è tutt'altro che uno scherzo la collaborazione che ha legato l'artista Damien Hirst a Levi's, storica marca di jeans di fama mondiale. Hirst ha interpretato il tessuto di un paio di 501 come tela per la propria ispirazione, realizzando così una vera e propria opera d'arte da indossare, fatta di pittura o dia- manti, a seconda del gusto dell'acquirente. Un prodotto che dell'opera d'arte ha pure il prezzo, alla faccia di chi sostiene che i jeans siano l'abito casual per eccellenza. Dai diamanti all'oro, dai jeans ai profumi. Perché l'oro è piacere visivo, ma con l'arte può diventare anche piacere olfattivo. A sostenerlo è Paco Rabanne, con la creazione di un'essenza la cui preziosità è evidenziata dal nome, 1 Million, ma non solo. Il packaging è stato realizzato dal giovane artista Noè Duchaufour-Lawrance e trasuda opulenza e virilità grazie alle linee squadrate tipiche del lingotto e alla solidità percettiva dell'oro ventiquattro carati. Provare per credere, salvo il fatto che in questo caso l'oro non va morso ma annusato.

Da un abito dorato a un altro. A Capodanno, l'etichetta impone di vestirsi elegantemente e cercare di essere i più belli della festa. Anche per una bottiglia. Se la stessa in più contiene Champagne Brut Imperial Moët & Chandon, si può permettere di indossare uno scintillante abito tempestato di cristalli Swarovski e perle, con tanto di cravatta. Tutto merito di Camille Toupet, che ha realizzato questo elegante vestito da sera in edizione limitata che prende il nome di Midnight gold, per sottolineare l'occasione in cui spogliare la bottiglia. I brillanti e le perle rimandano alle goccioline che frizzanti salgono verso l'alto e il tessuto è interamente in pelle d'agnello ricoperta d'oro. La sorella nobile di Moët&Chandon non poteva certo essere da meno. Dom Perignon II Champagne Cooler è figlia del designer Marc Newson . Un'edizione che rispetta l'essenza della forma della bottiglia, ma che la valorizza anche dal punto di vista funzionale e organolettico. Il suo interno, infatti, è stato realizzato in modo da poter contenere tanto ghiaccio quanto serve per esaltare la piacevolezza del vino al momento dell'assaggio.

Rimaniamo in Francia, passando da un prodotto a una marca con la C maiuscola. Lo Chanel Mobile Art, padiglione creato grazie alla collaborazione fra la Maison francese e Zaha Hadid , nota architetto irachena, ospita una mostra itinerante della cui organizzazione si è occupato Karl Lagerfeld. La stessa prevede un percorso ad otto tappe volto a coinvolgere il visitatore all'interno di una vera e propria esperienza di marca, circondato da elementi che sono parte integrante dell'identità della classica borsa Chanel. Il tour durerà fino al 2010 e, dopo la prima tappa ad Hong Kong, toccherà le città di Tokyo, New York, Londra, Mosca e Parigi. Tra gli artisti coinvolti troviamo Yoko Ono, Sophie Calle, Pierre & Gilles e Leandro Erlich. Una breve curiosità: gli operai che si occupano della ricostruzione della mostra in ogni tappa del programma, lavorano indossando caschi bianchi che riportano rigoro- samente la mitica doppia 'C'. In fondo, il vero stile si vede dai dettagli. Rimaniamo in Francia, rimaniamo nella moda, manteniamo il contenuto concettuale ma cambiamo il contenitore. Il Centre Pompidou di Parigi ha avuto il piacere di ospitare per più di due mesi l'Hermès H-box (foto in alto a sx), nata dalla collaborazione tra Benjamin Weil e la stimata Maison francese . Questa curiosa 'scatola', che può con- tenere un massimo di 14 persone, ospitava dei video-work realizzati da artisti come Dora Garcia, Judith Kurtag, Su-Mei Tse, Sebastian Diaz Morales, Yael Bartana, Valerie Mrejen, Alice Anderson e Shahryar Nashat , che hanno avuto il via libero a esprimersi su tutto quanto ispirasse la loro fantasia.

L'H-box, frutto della mano artistica dell'architetto Didier Fiuza Faustino, sta per prendere il volo da Parigi per dirigersi verso altre tappe europee. Dalla passerella alla strada, per puntare su adidas e orientarsi verso Est. L'azienda ha progettato la costruzione dell'adidas Brand Center situato a Beijing, con l'obiettivo di renderlo diverso da ogni altro punto vendita adidas nel mondo. Affidandosi all'artista Dorothy Tang, ha cambiato il paradigma delle edizioni limitate passando da una visione prodotto-centrica a una marca-centrica (foto in alto a dx). È così che ogni oggetto presente nello store, ad eccezione delle scarpe, è divenuto un complemento d'arredo di marca. Come dire, tutto quello che tocca l'artista si trasforma in adidas.

Auro Trini Castelli