Ricerche
Event marketing: i risultati di Event View North America 2008
Gli eventi raggiungono la più alta percentuale mai registrata nel marketing mix e si predispongono a fare il grande salto verso l’experience marketing, trasformandosi da strumenti estemporanei, adatti a obiettivi dettagliati, in continuative fonti di brand awareness e customer loyalty. Questo è quanto sta accadendo in America secondo la nuova edizione della ricerca 'Event View'.
Come ogni anno l’Event Marketing Institute di Norwalk (Connecticut), in partnership con MPI Foundation e con l’agenzia di experience marketing George P. Johnson di Auburn Hills (Michigan) ha pubblicato Event View. Giunta alla VI edizione, questa è l’unica survey al mondo interamente dedicata all’event marketing, ossia agli eventi come mezzi di comunicazione commerciale.
I risultati del 2008 sono particolarmente interessanti, perché per la prima volta sono stati 'splittati' in tre parti, una per ciascuna zona di provenienza del campione. Infatti, dei mille sales & marketing manager che ogni anno, fra ottobre e dicembre, vengono raggiunti da interviste telefoniche per aggiornare l’indagine, 302 provengono dal Nord America, 400 dall’Europa e il resto dall’Asia-Pacifico. Ebbene, per la prima volta, in luogo del consueto report generale, ne vengono pubblicati tre, uno per ogni area geografica. Finora è stata pubblicata la parte nordamericana (Event View North America), cui faranno seguito le altre due, ma è particolarmente positivo disporre di uno strumento così approfondito per conoscere la realtà di quel continente, perché è lì che quasi sempre si annidano i trend destinati a prendere piede anche da noi.
Di questo sotto-campione di 302 canadesi e statunitensi, l’11% è fatto da imprenditori (ossia titolari di azienda o di agenzia), il 18% da direttori, il 19% da vicepresidenti; seguono al 3% gli amministratori delegati, al 34% i sales o marketing manager, al 2% gli advertising manager, al 5% gli event manager e all’8% figure minoritarie. La loro capacità di spesa annua oscilla dai 500 mln di dollari a oltre 10 mld (sempre di dollari).
Eventi e Roi
La principale preoccupazione di tutte queste figure è quella di guadagnare quote di mercato. L’event marketing subisce sì la contingenza negativa vedendosi un po’ ovunque ridotti i budget, ma viene sempre più percepito quale strumento strategico per incrementare il giro d’affari, beneficiando quest’anno della maggior percentuale di marketing mix (27%) che la survey abbia mai registrato. I fondi a disposizione per organizzare eventi sono principalmente destinati alle fiere (58%), cui seguono conferenze e seminari (27%), sponsorizzazioni sportive (13%), roadshow e altre attività di marketing mobile (10%), guerrilla e mail marketing (2% a testa) e altre azioni minori, tra cui spicca un 1% dedicato alla 'vita notturna'. Questo stato di cose in Nord America non stupisce, perché già negli scorsi anni il campione canadese e statunitense aveva dichiarato che proprio dagli eventi scaturisce il ROI (Return On Investment) più elevato.
Anche nell’edizione 2008, infatti, l’event marketing è al primo posto nella classifica Roi col 22%, tallonato dal web marketing (20%) e seguito a debita distanza da promozioni e relazioni pubbliche (12% a testa), direct mail e pubblicità stampata (11% ciascuna) e advertising televisivo (4%), in declino inesorabile. Sulle ragioni di quest’efficacia gli intervistati hanno pochi dubbi, e a maggioranza assoluta (51%) la attribuiscono al contatto personale fra azienda e prospect; segue un 30% che si concentra sulla possibilità di raggiungere, attraverso gli eventi, un target selezionato, un 24% che privilegia i grandi numeri, e un 9% diviso fra quanti elogiano la capacità degli eventi di costruire contatti e quanti fanno conto sull’esposizione mediatica di cui tante manifestazioni godono.
Riguardo invece agli eventi interni, il Roi più elevato è attribuito dal 32% alle iniziative di formazione o team building, seguito dagli incontri sales & marketing (31%) e – fatto pure significativo – dalle “feste del personale” (segnalate addirittura dal 15%).
L’Experience marketing
Per la prima volta (e non a caso ciò avviene in questa edizione geograficamente circoscritta), Event View dedica un congruo approfondimento a un trend che in Nord America si è affermato da tempo, ossia l’experience marketing, che costituisce una sorta di 'passo successivo' rispetto all’evento puro e semplice. Con questo termine si intende la pratica di coinvolgere le persone del target in esperienze che permettano a ciascuna di esse di capire come la sua vita privata e/o lavorativa tragga beneficio dal brand promotore. Ciò implica una sorta di 'evento permanente' a permeare i destinatari ben al di là di una qualsiasi estemporaneità. Difatti addirittura l’82% degli intervistati dichiara di aver adottato forme di experience marketing nella quotidianità lavorativa, laddove si desidera incentivare i dipendenti a produrre di più. Sui pubblici esterni, invece, è per l’aumento della notorietà del brand che si ricorre a questi strumenti, preferendo al contrario gli eventi episodici (cioè quelli tradizionali) per aumentare vendite o Roi.
L’ufficio acquisti e le iniziative 'green'
Non tutti vedono di buon occhio il crescente potere del procurement sull’event management. Per questo non stupisce che una risposta su due attribuisca bassa influenza all’ufficio acquisti. In effetti il suo ruolo si esplica più che altro sulle linee-guida per selezionare l’agenzia o il fornitore, e non sulla scelta finale fra quanti sono risultati conformi alla policy. Analogo il discorso per gli eventi ecocompatibili. Solo la metà degli intervistati dichiara di averne pianificati da qui a un anno, mentre un 19% mostra persino disinteresse a riguardo. E di questa metà, il 50% afferma di occuparsi di sostenibilità ambientale solo per ossequio alla politica aziendale (dunque non per propria sensibilità). Gli altri dicono di farci conto per risparmiare denaro (24%), per guadagnare vantaggio competitivo (23%), ma soprattutto per ottenere o mantenere la fedeltà dei consumatori (29%).
I risultati del 2008 sono particolarmente interessanti, perché per la prima volta sono stati 'splittati' in tre parti, una per ciascuna zona di provenienza del campione. Infatti, dei mille sales & marketing manager che ogni anno, fra ottobre e dicembre, vengono raggiunti da interviste telefoniche per aggiornare l’indagine, 302 provengono dal Nord America, 400 dall’Europa e il resto dall’Asia-Pacifico. Ebbene, per la prima volta, in luogo del consueto report generale, ne vengono pubblicati tre, uno per ogni area geografica. Finora è stata pubblicata la parte nordamericana (Event View North America), cui faranno seguito le altre due, ma è particolarmente positivo disporre di uno strumento così approfondito per conoscere la realtà di quel continente, perché è lì che quasi sempre si annidano i trend destinati a prendere piede anche da noi.
Di questo sotto-campione di 302 canadesi e statunitensi, l’11% è fatto da imprenditori (ossia titolari di azienda o di agenzia), il 18% da direttori, il 19% da vicepresidenti; seguono al 3% gli amministratori delegati, al 34% i sales o marketing manager, al 2% gli advertising manager, al 5% gli event manager e all’8% figure minoritarie. La loro capacità di spesa annua oscilla dai 500 mln di dollari a oltre 10 mld (sempre di dollari).
Eventi e Roi
La principale preoccupazione di tutte queste figure è quella di guadagnare quote di mercato. L’event marketing subisce sì la contingenza negativa vedendosi un po’ ovunque ridotti i budget, ma viene sempre più percepito quale strumento strategico per incrementare il giro d’affari, beneficiando quest’anno della maggior percentuale di marketing mix (27%) che la survey abbia mai registrato. I fondi a disposizione per organizzare eventi sono principalmente destinati alle fiere (58%), cui seguono conferenze e seminari (27%), sponsorizzazioni sportive (13%), roadshow e altre attività di marketing mobile (10%), guerrilla e mail marketing (2% a testa) e altre azioni minori, tra cui spicca un 1% dedicato alla 'vita notturna'. Questo stato di cose in Nord America non stupisce, perché già negli scorsi anni il campione canadese e statunitense aveva dichiarato che proprio dagli eventi scaturisce il ROI (Return On Investment) più elevato.
Anche nell’edizione 2008, infatti, l’event marketing è al primo posto nella classifica Roi col 22%, tallonato dal web marketing (20%) e seguito a debita distanza da promozioni e relazioni pubbliche (12% a testa), direct mail e pubblicità stampata (11% ciascuna) e advertising televisivo (4%), in declino inesorabile. Sulle ragioni di quest’efficacia gli intervistati hanno pochi dubbi, e a maggioranza assoluta (51%) la attribuiscono al contatto personale fra azienda e prospect; segue un 30% che si concentra sulla possibilità di raggiungere, attraverso gli eventi, un target selezionato, un 24% che privilegia i grandi numeri, e un 9% diviso fra quanti elogiano la capacità degli eventi di costruire contatti e quanti fanno conto sull’esposizione mediatica di cui tante manifestazioni godono.
Riguardo invece agli eventi interni, il Roi più elevato è attribuito dal 32% alle iniziative di formazione o team building, seguito dagli incontri sales & marketing (31%) e – fatto pure significativo – dalle “feste del personale” (segnalate addirittura dal 15%).
L’Experience marketing
Per la prima volta (e non a caso ciò avviene in questa edizione geograficamente circoscritta), Event View dedica un congruo approfondimento a un trend che in Nord America si è affermato da tempo, ossia l’experience marketing, che costituisce una sorta di 'passo successivo' rispetto all’evento puro e semplice. Con questo termine si intende la pratica di coinvolgere le persone del target in esperienze che permettano a ciascuna di esse di capire come la sua vita privata e/o lavorativa tragga beneficio dal brand promotore. Ciò implica una sorta di 'evento permanente' a permeare i destinatari ben al di là di una qualsiasi estemporaneità. Difatti addirittura l’82% degli intervistati dichiara di aver adottato forme di experience marketing nella quotidianità lavorativa, laddove si desidera incentivare i dipendenti a produrre di più. Sui pubblici esterni, invece, è per l’aumento della notorietà del brand che si ricorre a questi strumenti, preferendo al contrario gli eventi episodici (cioè quelli tradizionali) per aumentare vendite o Roi.
L’ufficio acquisti e le iniziative 'green'
Non tutti vedono di buon occhio il crescente potere del procurement sull’event management. Per questo non stupisce che una risposta su due attribuisca bassa influenza all’ufficio acquisti. In effetti il suo ruolo si esplica più che altro sulle linee-guida per selezionare l’agenzia o il fornitore, e non sulla scelta finale fra quanti sono risultati conformi alla policy. Analogo il discorso per gli eventi ecocompatibili. Solo la metà degli intervistati dichiara di averne pianificati da qui a un anno, mentre un 19% mostra persino disinteresse a riguardo. E di questa metà, il 50% afferma di occuparsi di sostenibilità ambientale solo per ossequio alla politica aziendale (dunque non per propria sensibilità). Gli altri dicono di farci conto per risparmiare denaro (24%), per guadagnare vantaggio competitivo (23%), ma soprattutto per ottenere o mantenere la fedeltà dei consumatori (29%).