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Ai The Jackal la conduzione della cerimonia del BC&E Festival l'8 aprile. Piscopo (Ciaopeople): “Approccio strutturato e credibilità le leve per un branded content efficace per le marche e apprezzato dal pubblico”
Venerdì 8 aprile si terrà la cerimonia di premiazione della seconda edizione dei Brand Purpose Awards e della settima edizione dei Branded Content & Entertainment Awards, che concluderà il Festival dedicato a questa nuova disciplina e che nei giorni scorsi ha visto le presentazioni live dei progetti finalisti e poi un ricco programma di contenuti.
La novità di quest’anno è che la cerimonia sarà condotta dei The Jackal, antesignani del Branded Content nella sua versione più moderna, che dopo essersi avvicinati a questa disciplina fin dal 2006, dal 2014 lo hanno fatto con un approccio più articolato e strutturato e con un posizionamento inedito per il mercato della comunicazione: non un’agenzia ‘tuttofare’, ma un partner per agenzie creative, agenzie media, aziende e mezzi.
“Abbiamo iniziato a creare contenuti digitali fin dall’arrivo di YouTube in Italia – esordisce Vincenzo Piscopo, Studios Director Ciaopeople e Vice Presidente OBE –, sviluppando un linguaggio proprietario che col tempo si è poi declinato su tutte le diverse piattaforme che sono nate e che continuano a nascere. Nel 2014 abbiamo deciso di fare del Branded Content il core business dell’azienda, trasformando la creazione di contenuti per necessità espressiva in un modello di business che permettesse di sostenere questa produzione”.
Nella vostra esperienza, come è cambiato il rapporto fra marche e consumatori proprio in virtù dell’arrivo delle nuove piattaforme?
“Il rapporto si è evoluto in modo rapido e costante. Quando abbiamo iniziato a concentrarci sul branded content, il contenuto editoriale doveva avere una parte predominante: il messaggio della marca doveva esserci e doveva essere correttamente posizionato, naturalmente, ma eravamo per così dire degli ‘estremisti’ del contenuto. In parte perché questo ci permetteva di produrre contenuti migliori, con più mezzi e più strumenti – un ruolo importante del branded
entertainment è infatti anche quello di portare più risorse alla filiera della produzione audiovisiva, non solo digital –; ma in parte eravamo obbligati anche dal fatto che per il pubblico era inconcepibile che un creator che amavano si vendesse”.
Oggi, prosegue Piscopo, questa collaborazione è diventata una professione riconosciuta e accettata dagli utenti: “Se la collaborazione è ben fatta e il connubio fra marca e creator è credibile – spiega –, nessuno più si scandalizza per il modus operandi dei creator o degli influencer: ma in caso contrario, qualora si facesse qualcosa di ‘disallineato’ rispetto alle sue aspettative, il pubblico si farebbe sentire. Nella prima fase di cui parlavamo non c’erano tante regole, e i primi ad approcciare i The Jackal sono stati i commercianti locali, i bar, i pub, i produttori di abbigliamento campani. Quando siamo passati al livello successivo, collaborando con un’agenzia creativa, un centro media o un brand internazionale anche il livello del nostro servizio è dovuto crescere”.
Puoi darci qualche indicazione sulle nuove tendenze e le nuove frontiere del branded entertainment?
“Siamo in un’epoca in cui l’audiovisivo ha un’incredibile moltitudine di formati – risponde Piscopo –: all’attenzione degli spettatori concorrono dai TikTok e dalle storie Instagram da 15 secondi alle serie Tv, su qualsiasi piattaforma dai social media allo streaming. In tutto questo ci sono dei macrotrend importanti: sicuramente c’è un fortissimo interesse dei brand per il mondo dell’audio, dei podcast e in generale dell’ascolto, anche se siamo ancora in una fase primordiale per la difficoltà di garantire ascolti consistenti”.
Piscopo indica poi il ‘ritorno’ dell’influencer marketing, che però è diventato super-fluido: gli stessi The Jackal hanno un canale YouTube, producono per TikTok, hanno una serie che è andata su Netflix, un film al cinema…
“In realtà questa tendenza va avanti da anni – sottolinea –, ma oggi c’è qualcosa di diverso: l’arrivo di una nuova generazione, sia di talent che di pubblico, che non conosce e non ha mai conosciuto contenuti e messaggi ‘strutturati’, girati su un set e poi montati. Inoltre, è vero che da un lato è più semplice raggiungere la notorietà, ma dall’altro occorre fare un passo avanti per mantenerla e soprattutto per riuscire a rappresentare il messaggio e i valori di un brand”.
Un altro fenomeno di cui tener conto, aggiunge Piscopo, è quello dei creator che hanno un pubblico vastissimo ma solo su una delle tante piattaforme disponibili: “Anche se in parte inesplorato nonostante alcune grosse iniziative, penso ad esempio al mondo in fortissima crescita del live e del branded streaming. Twitch, partito come piattaforma dedicata al gaming ma dove ora si trovano vere e proprie trasmissioni televisive, è capace di attirare un pubblico enorme che altrove non c’è. E questo impone ai brand che vogliono parlare a quel pubblico di imparare a usare quello specifico linguaggio”.
Infine, anche se non ha ancora avuto occasione di sperimentarle, Piscopo suggerisce di prestare molta attenzione alle vendite dirette associate alle piattaforme di streaming: “Alla fine, i media non muoiono mai ma si trasformano, e l’interesse delle persone si frammenta ma continua a esserci: la velocità con cui possiamo fare un acquisto digitale associato alla promozione di un contenuto è quindi, secondo me, un trend dal futuro sicuramente brillante”.
Tommaso Ridolfi