Scenari
Comunicare Domani 2024. Ghirlanda (UNA): “Le gare, opportunità strategica ma voce di spesa troppo rilevante. Per contrastare il costo crescente servono nuove regole condivise”. A fine novembre i dati completi della ricerca UNA sul tema dei pitch
Lo studio, i cui risultati completi saranno resi noti a fine mese, ha coinvolto 143 agenzie e diversi esperti di procurement, ha fatto emergere forse per la prima volta dati significativi sulle dinamiche delle gare e sulle implicazioni economiche per le agenzie di comunicazione: partecipare alle gare rappresenta infatti un investimento crescente e spesso sottovalutato,
con costi che arrivano a compromettere seriamente i bilanci.
I dati parlano chiaro: queste 143 agenzie partecipano mediamente a 12 gare ogni anno, con un costo per competizione che raggiunge diverse decine di migliaia di euro a seconda del settore di appartenenza: 33.725 euro per i pitch creativi, 48.638 per quelli media e 24.708 per le PR.
Il problema, infatti, è anche nei meccanismi stessi delle gare, spesso opachi e caratterizzati da condizioni poco chiare. Una delle criticità principali emerse dalla ricerca è l’assenza di rimborsi: quasi il 95% delle gare non prevede alcun compenso per il lavoro svolto dalle agenzie, che investono tempo e risorse nel fornire idee e proposte creative senza ottenere nulla in cambio. Un fenomeno che non solo contribuisce alla svalutazione del lavoro creativo, percepito come una ‘commodity’ che può essere prodotta e offerta gratuitamente, ma influisce negativamente anche sulla motivazione dei team interni, che si trovano a lavorare su progetti intensivi e con tempi ridotti per poi spesso affrontare un insuccesso.
Non meno problematico è il livello di trasparenza su aspetti come il numero di partecipanti alla gara e il budget a disposizione. Le agenzie lamentano di non sapere quanti concorrenti prendono parte al pitch, informazione spesso omessa o comunicata in modo parziale e impreciso. Questo si traduce in una gestione delle risorse non ottimale: le agenzie impiegano tempo, personale e denaro per gare che potrebbero non essere in linea con le loro aspettative o possibilità economiche, trovandosi a volte davanti a progetti per cui non è previsto un budget adeguato.
Un altro nodo cruciale è quello che riguarda le tempistiche della collaborazione con i brand: quasi sempre, i contratti assegnati al termine del pitch sono project based e hanno una durata inferiore a un anno, periodo giudicato troppo breve per instaurare un rapporto solido con il cliente e generare un ritorno che giustifichi il lavoro svolto in fase di gara.
Le agenzie segnalano inoltre l’aumento delle gare ‘non assegnate’, un fenomeno particolarmente esasperante che aumenta il senso di frustrazione e alimenta la percezione di inutilità dei pitch. In questo caso, suggeriscono le agenzie, sarebbe almeno opportuno prevedere una forma di rimborso per il lavoro svolto, limitando le perdite.
“Una cosa che mi ha stupito moltissimo – ha proseguito Ghirlanda –, è che ho sempre pensato che se un cliente dà il via a una gara è perché vuole cambiare agenzia: quindi, se un mio cliente indice una gara io non partecipo, perché presumibilmente vuol dire che non intende più lavorare con me”. Il dato sorprendente riguarda invece proprio le agenzie ‘incumbent’, cioè quelle che partecipano alla gara per la riconferma da parte del cliente per cui già lavorano: nel caso delle agenzie creative, chi è già incaricato ha le stesse probabilità di vincere rispetto a un competitor esterno, mentre per le agenzie media e PR l’agenzia in
carica ha addirittura un vantaggio. “Questo fa sorgere il dubbio sull’effettiva necessità di indire gare di conferma per incarichi già assegnati”.
In conclusione, le problematiche emerse dall’indagine hanno portato UNA a predisporre alcune raccomandazioni precise per migliorare il sistema delle gare e renderlo più equo e sostenibile: tra queste, spiccano la necessità di limitare il numero dei partecipanti e di definire con chiarezza budget e obiettivi, la maggior trasparenza su come saranno valutati i progetti, evitando così la sensazione che una grande mole di lavoro venga semplicemente ‘sprecata’ quando il pitch non è assegnato.
Che il ‘sistema gare’ sia diventato da tempo una pratica insostenibile è cosa nota: l’auspicio, anche alla luce di questa ricerca, è che finalmente le cose si smuovano e si arrivi alla formulazione di nuove regole per garantire che il lavoro delle agenzie sia valorizzato e che le gare si trasformino in un’opportunità reale, piuttosto che in una fonte di sprechi e costi eccessivi.
L’evento Comunicare Domani ha anche offerto un momento ispirazionale grazie alla presenza di Filippo Tortu, campione olimpico nella staffetta 4x100 a Tokyo 2020, intervistato dal presidente di UNA, Davide Arduini. L’atleta ha condiviso le strategie e i valori che lo hanno portato al successo nel mondo dello sport, offrendo riflessioni applicabili anche al contesto professionale delle agenzie di comunicazione, quali il lavoro e l’impegno di team, dimostrando come ogni competizione, anche quella più difficile, è un’opportunità per crescere e migliorarsi. L’atleta ha, inoltre, parlato di come anche nella sconfitta si possano imparare lezioni preziose: per raggiungere risultati straordinari serve non solo un lavoro individuale, ma anche una squadra coesa, così come un team sportivo, anche le agenzie possono trovare forza nella collaborazione, affrontando insieme le sfide del mercato.
Tommaso Ridolfi