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Branded Content con Vista di Emanuele Landi. Dalla polemica NFL su YouTube a una nuova currency per la pubblicità: perché servono volumi, qualità e un indice premium (Q-GRP)

Nella sua rubrica in esclusiva per ADVexpress il Founder di Landi Consulting, partendo dalle polemiche legate al dato Nielsen di oltre 16 milioni di spettatori per una partita NFL trasmessa in esclusiva e gratuitamente su YouTube, riflette sulle opportunità offerte dall'adozione di un nuovo indice, un Q-GRP (Qualified GRP). "Con un sistema ibrido GRP + Q-GRP la pubblicità torna ad essere un investimento strategico, capace di far crescere il business delle aziende e sostenere un ecosistema editoriale che rimane centrale per la società".

La notizia è arrivata dagli Stati Uniti: una partita NFL trasmessa in esclusiva e gratuitamente su YouTube ha registrato oltre 16 milioni di spettatori secondo Nielsen. Un successo? Sì, ma con polemica incorporata.

I grandi broadcaster sportivi americani hanno infatti contestato la metodologia: Nielsen avrebbe utilizzato un workflow “custom”, non perfettamente comparabile con la nuova currency ufficiale (Big Data + Panel). La discussione non è più su chi ha vinto la serata, ma su quanto valgono i numeri e con quale moneta li si misura.


USA, UK e Italia: lezioni a confronto

  • Negli USA Nielsen ha integrato dati di set-top box e smart TV ACR con il panel classico, cercando di costruire una currency unica. Ma le differenze metodologiche e le deroghe “ad evento” continuano ad alimentare diffidenza e conflitti.
  • In UK il BARB ha compiuto un passo storico: Netflix e Disney+ hanno accettato di condividere i propri log server, consentendo di esprimere anche le views digitali nella stessa metrica della TV, l’Average Minute Audience (AMA). Ma il Barb ha un campione limitato e i dati aggregati forniti dagli OTT non sono granulari
  • In Italia Auditel ha lanciato la Total Audience quotidiana, traducendo i dati digitali in AMA comparabili alla televisione lineare. Il campione è abbondante e l’accuratezza elevata.  È un salto culturale e metodologico, ma con un limite: gli OTT internazionali restano ai margini del sistema JIC perché sono intrinsecamente diversi dai broadcaster tradizionali e vivono dei loro dati di prima parte inoltre hanno una inventory limitata di default.

 

Non basta la trasparenza: serve una metrica che faccia crescere il mercato

Il vero punto non è (solo) la trasparenza. È la capacità della metrica di sostenere un ecosistema industriale equilibrato:

  • La TV lineare vive di grandi volumi di GRP, che finanziano produzioni, sport, news, intrattenimento.
  • Le CTV e le OTT hanno inventory pubblicitaria ridotta (modelli subscription-first) ma dati di altissima granularità.

Se si valorizza solo uno dei due poli, si rischia di rompere l’equilibrio: o si svuota il business televisivo tradizionale, o si lascia il digitale in una logica puramente di volume a basso prezzo. In tutto questo c’è il tema dell’attenzione efficace per evitare di sprecare soldi dei clienti e poi come se non bastasse c’è il convitato di pietra: i social che con i creator sta spostando o ha già spostato l’asse dell’attenzione mediatica di una parte rilevante del pubblico.

 

La provocazione: un nuovo indice, il Q-GRP

Oggi il mercato pubblicitario si muove su due logiche:

  • Il GRP (reach × frequenza), solido ma “televisivo”.
  • Il CPM, semplice e transazionale, ma cieco sul valore reale delle impression.

Perché non pensare a un Q-GRP (Qualified GRP), un livello premium che tenga insieme:

  • Copertura unica sul target.
  • Frequenza efficace, quella che realmente genera ricordo.
  • Qualità dell’esposizione: viewability, tempo in view, attenzione, brand safety, co-viewing. (sui social e sui mezzi connessi si può calcolare)
  • Rappresentatività del target. (questo è fondamentale per non strapagare nicchie interessanti ma poco significative)
  • Costo commerciale (CPM), ma solo come componente, non come unico driver.

In questo scenario, il Q-GRP avrebbe un prezzo minimo garantito, mai inferiore al GRP tradizionale. Non deve competere con i volumi della TV lineare: è un prodotto diverso, come le normali segmentazioni di prodotti in un centro commerciale.

Ne ho sempre sentito parlare in modo informale quando vendevo i cable channels ma con limiti empirici evidenti senza una validazione certificabile e parametri condivisi. Inoltre all’epoca la connessione non esisteva e le prime forme di addressable tv erano limitate e rozze.

 

Una logica a due velocità, ma complementare

  • La TV lineare continua a fornire bulk reach a GRP standardizzati, fondamentali per dare massa critica alle campagne.
  • Le CTV e le OTT possono valorizzare le proprie inventory scarse con Q-GRP premium, dando prova della loro efficacia e giustificando un prezzo più alto.
  • Gli inserzionisti avrebbero così due leve: quantità e qualità, senza dover scegliere tra l’una e l’altra.

Ma soprattutto si eviterebbe una battaglia poco utile fra mezzi diversi che offrono inventari diversi, ma non solo: la pubblicità potrebbe tornare ad essere un prodotto significativo.


Conclusione: la pubblicità non è una commodity

Il rischio, se restiamo fermi agli steccati attuali  è che la pubblicità diventi solo una commodity, una “mucca da mungere” che perderà sempre più valore sulla tv a vantaggio di formule alternative come content autoprodotto ma anche a danno della creatività: un prodotto commoditizzato perde il valore produttivo e creativo: basta mettere un messaggio che parli abbastanza bene del prodotto.


Con un sistema ibrido GRP + Q-GRP la pubblicità torna ad essere un investimento strategico, capace di far crescere il business delle aziende e sostenere un ecosistema editoriale che rimane centrale per la società.

Non è questione di schierarsi tra broadcaster e OTT. È questione di elevare la moneta con cui misuriamo il valore dell’attenzione.

 

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