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La ‘emerging tv’, è ancora tv?
Ha ancora senso parlare di Tv come abbiamo fatto finora? E’ la domanda che si è posto Derrick De Kerckhove, direttore del McLuhan Institute di Toronto, nel corso del Seminario IAB svoltosi stamattina presso l’Istituto Europeo di Design di Via Pompeo Leoni, a Milano. La risposta la troveremo, forse, su Second Life.
Si è svolto stamattina presso la sede dell'Istituto Europeo di Design
di Via Pompeo Leoni, a Milano, il Seminario IAB
"Emerging Tv", dedicato alle televisioni di ogni genere – analogiche,
digitali, satellitari, mobili e web – che affollano il panorama mediatico
audiovisivo come mai accaduto fino ad oggi. Piattaforme in concorrenza fra di
loro ma al tempo stesso convergenti, come ha sottolineato Derrick De
Kerckhove (nella foto a sinistra), direttore del McLuhan
Institute di Toronto e – fra le molte altre cariche – professore
ordinario all'Università di Napoli Federico II.
Il suo intervento è stato introdotto da quello di Layla
Pavone (nella foto a destra), presidente
IAB Italia e managing director Isobar Communication, che ha illustrato le
potenzialità in termini pubblicitari delle nuove Tv affermando che in base alle
ricerche il 45% degli Italiani connessi con banda larga dichiara di vedere video
on line, e il dato è destinato a salire velocemente. La Tv on line quindi farà
da padrona in un settore, quello dell'advertising on line, che ha come obiettivo
raggiungere i 1.000 milioni di
euro di investimenti entro il 2010: "Negli Stati Uniti – ha ricordato Pavone, il
25% dell'investimento on line è già destinato a formati video. E' ormai appurato
che lo spot televisivo può performare egregiamente anche on line – si può citare
l'esempio di Zooppa, primo esempio di social networking nel nome
dell'advertising – e con un plus non indifferente: perché i sistemi di
misurazione e le metriche del video on line sono molto più raffinate di quelle
della televisione tradizionale".
La tv e' morta. Viva la tv
"Ciò cui assistiamo oggi dimostra, una volta di più, quanto profetico sia stato il lavoro di Marshall McLuhan – ha esordito De Kerckhove–. Nel 1963 aveva già intuito come la televisione, che allora costituiva un ambiente dove i contenuti trovavano spazio, si sarebbe radicalmente evoluto e sarebbe a sua volta diventata un contenuto veicolato all'interno di diversi ambienti. E' esattamente ciò che è successo. Basta pensare alla parola 'network', che fino a pochi anni fa indicava le reti televisive e oggi ha assunto un significato completamente diverso".
De Kerckhove ha poi illustrato i pesi relativi dei diversi schermi (o ambienti, se vogliamo) che oggi veicolano audio e video: fatto 100 il tempo dedicato quotidianamente dagli utenti a visione ed ascolto di tutti gli schermi, i televisori ne assorbono circa il 30%, i computer (desktop e laptop) ne catturano invece rispettivamente il 23% e il 9%, e i telefoni cellulari il 30%. Ancora più interessanti i differenti tassi di crescita, con i cellulari che aumentano del +33%, i pc del +44% e i televisori che scendono invece del –22%. "Che cosa sta succedendo allora a quella che ancora oggi chiamiamo 'televisione'? – ha proseguito De Kerckhove–. Prima di tutto che la tv si sta trasformando da strumento 'one way' a strumento 'my way': gli utenti hanno assunto il controllo degli schermi e in un certo senso condividono la responsabilità dei palinsesti con i broadcaster. Una perdita di controllo che parte da lontano, prima con l'invenzione del telecomando, poi con la videocamera e oggi con Internet. Tanto che oggi la televisione 'odia' l'interattività".
Terzo fenomeno è quello della poco traducibile espressione 'se non è on line non è neppure on'. O si è in rete o non si esiste. E lo studioso ha citato un dato significativo: negli Stati Uniti ci sono oltre 100 milioni di persone che dichiarano di seguire i Vlog (video-blog). "Ma non solo - ha proseguito –. Tutti, infatti, siamo ormai potenziali broadcaster: tanto che stazioni televisive 'tradizionali' come Current Tv (il network televisivo indipendente guidato da Al Gore: ndr) e altri stanno dedicando sempre più spazio neio propri palinsesti proprio allo User Generated Content". Dopo tutto ciò, si domanda De Kerckhove, ha ancora senso parlare di Tv? "Certo, le emittenti pubbliche e generaliste continueranno a esistere: fanno parte dell'industria della coscienza, sono l'ultimo vero mass medium, creano comunità allargate, e continuano a dare l'idea di 'pubblico', audience. Ma quelle emergenti saranno una cosa diversa, e anche se sembrerà forse un paradosso – non ho certezze, si tratta solo di un'intuizione - credo che il futuro della televisione sia dentro quella cosa che oggi chiamiamo Second Life.
Non ha caso la BBC trasmette già un suo programma dentro quel mondo virtuale, e non a caso lì dentro ci sono persone che si fanno pagare per guardare e interagire con la pubblicità virtuale. Fuori da Second Life, invece, si usano Tivo e i Dvr per skippare gli spot. "Nell'economia connettiva in cui viviamo stanno quindi cambiando le dinamiche promozionali delle aziende: da push a pull, da impertinenza a ipertinenza, dal groupware al socialware, dai blog ai tag, dal reale al virtuale... Un'economia dove tutto è incrociato, interconnesso, collaborativo. E soprattutto dove tutto ciò sarà molto presto ulteriorment arricchito ed espanso grazie al Mobile".
Le tv della convergenza
Allo speech di De Kerckhove è seguita una lunga tavola rotonda fra i rappresentanti di alcune delle principali realtà televisive 'emergenti' italiane: Paolo Pisano, responsabile coordinamento televisone digitale terrestre Publitalia '80, Pieranna Calvi, responsabile marketing e sviluppo pubblicità interattiva RAI-Sipra, Fabrizio Piscopo, direttore generale SKY Pubblicità, Fabio Rimassa, advertising sales director 3 Italia, Giancarlo Vergori, responsabile portale Alice, e Paolo Barberis, presidente e fondatore di Dada.
"La prima riflessione di un operatore come Publitalia è nata dalla volontà di far crescere ed evolvere una comunicazione, finora, prevalentemente analogica, fatta sostanzialmente di spot e telepromozioni – ha esordito Paolo Pisano –. Ci siamo trovati con una piattaforma nuova, il digitale terrestre, che non è frutto di una nostra scelta ma deriva da una decisione più in alto, a livello europeo, ma che soprattutto è una strada obbligata, anche perché – una volta implementata definitivamente – sarà l'unica piattaforma digitale gratuita. La tipologia di fruizione sarà ed è già diversa, anche per gli stessi contenuti". E su questa base, ha concluso Pisano, Publitalia è partita per lavorare su nuovi standard e nuovi formati pubblicitari interattivi, derivati in parte dall'esperienza di Mediavideo e del web.
Fabrizio Piscopo ha fatto notare la similitudine fra la teoria della Long Tail e l'esperienza di SKY: "La 'coda lunga', in fondo, è proprio il concetto sposato da SKY attraverso l'offerta ai suoi abbonati di 160 diversi canali, dando loro la possibilità di scegliere".
Il direttore generale di SKY Pubblicità ha poi ricordato la joint venture con Fastweb, che ha dato vita di fatto alla prima IPTV italiana, oltre che le tuttora più ampie possibilità di interazione offerte dal satellite grazie a una banda doppia rispetto a quella del digitale terrestre: "Il primo problema è in questo momento quello dei costi – ha aggiunto però –, perché produrre campagne interattive richiede investimenti superiori. C'è anche un problema di posizionamento dello spot interattivo: va inserito alla fine di un break, o chi interagisce salta il resto dei commercial, ma in quella posizione rischia di vanificare il suo effetto perché l'utente – anziché interagire – riprenderebbe la visione del programma. La soluzione che pensiamo sarà vincente è dunque quella di fornire allo spettatore una sorta di 'bookmark', che alla fine del programma in corso consenta a chi è interessato di andare ad approfondire gli argomenti pubblicitari che lo interessano grazie a un canale dedicato". Una sperimentazione in questo senso, ha detto Piscopo, è stata già avviata con Audi TT.
"'Emerging Tv' è un titolo che mi sta stretto – ha esordito Fabio Rimassa –, perché la tv è diventata video, e la visione si è trasformata in esperienza. Con gli apparecchi che chiamiamo Personal Multimedia Station si possono fare oggi molte più cose: video (streaming, broadcast, download), foto (vedere e scattare), browsing e searching del web, voce (anche attraverso Skype), peer2peer (con il bluetooth), musica... Attenzione, però: tutto questo non è e non potrà mai essere 'free'. L'advertising può aiutare ma in questo momento non rappresenta un modello di business". Certo è, ha aggiunto Rimassa, che la profilazione dei propri clienti è ormai arrivata davvero al livello di one to one: "Per esempio, se Agip fosse tra i miei investitori, potrei offrirgli una campagna che raggiunge con un messaggio testuale o audiovisivo solo chi transita in un raggio di 100 metri da una sua stazione di servizio, per offrirgli uno sconto del 10%".
Rimassa ha anche cercato di sfatare il discorso dell'interattività a tutti i costi e di chiarire i numeri effettivi della telefonia di ultima generazione: "Ci sono momenti in cui l'interattività è utile o necessaria, ma altri in cui il consumatore non sa che farsene. Il nostro compito e di offrirla dove e quando è richiesta, non sempre. E a chi mi cita i 7 milioni di persone su Second Life rispondo con i 15/18 milioni di apparecchi telefonici multimediali che già circolano in Italia e capaci di ricevere in streaming, downloading e pay per view". Parlando più strettamente di Mobile Tv, infine, Rimassa ha ricordato che sono già stati distribuiti oltre 800.000 tivufonini, il cui uso medio è di circa 20/25 minuti al giorno, quando la permanenza media su Sky è di circa 50...
Paolo Barberis ha citato come esempio perfettamente clato nella realtà del Web 2.0 il programma "Friend$", una piattaforma di advertising che consente agli utenti di entrare nella catena del valore del web: "Oggi tutto in Internet è social e relazionale. Noi abbiamo trasferito questo concetto all'advertising, attraverso un sistema di sharing delle revenue pubblicitarie con chi crea i propri contenuti e li mette a disposizione degli altri utenti. Un'iniziativa di successo, viste le 100.000 richieste e le oltre 10.000 adesioni in soli 2 mesi dal lancio".
Per Giancarlo Vergori siamo alle soglie di un nuovo boom, ma è necessario fare attenzione a diversi aspetti per evitare che questo si ritorca contro gli stessi operatori: "Siamo in una fase in cui l'entropia è alle stelle, ma ci mancano ancora i modelli di business per poterla cavalcare. La tecnologia fa passi avanti ogni giorno, ma ancora non è in grado di supportare davvero qualsiasi forma di interattività. Occorre fare attenzione alla distinzione fra consumatori 'nativi' e 'forestieri', perché le loro richieste e la loro fruizione dei media digitali è completamente diversa. Anche noi operatori dobbiamo prestare attenzione e non pensare che tutto stia andando per il meglio: la disintermediazione oggi è totale, e non abbiamo ancora le metriche sufficienti e più adatte a misurare quanto avviene".
A concludere il giro di microfono è stata Pieranna Calvi: "Il mondo si complica ogni giorno di più. Si complicano le piattaforme e le misurazioni. Come facciamo a monitorare il time-shifting o il device shifting? La nostra scelta, da questo punto di vista, è stata di rimanere agnostici sotto il profilo tecnologico". Rai, in effetti, non opera su una piattaforma prevalente rispetto alle altre, ma è attiva sul digitale terrestre, sul web, sul satellite, ecc... E' stata anche fra le prime a credere nel podcasting e nel videocasting, da poche settimane ha lanciato la nuova piattaforma rai.tv ed ha inoltre creato un proprio canale sul sito italiano di YouTube. "Ciò per cui stiamo lavorando e l'obiettivo che ci dovremmo porre tutti a livello di sistema – ha concluso Calvi -, è ciò che ha fatto proprio IAB agli albori di Internet: è' vero che oggi si possono usare 'olisticamente' tutte le piattaforme, ma le differenze fra una e l'altra sono ancora enormi, e ciò che occorre perché il mercato decolli è la semplificazione, l'apertura e l'interoperabilità degli standard".
Tommaso Ridolfi