

NC
Inchiesta Media Challenge | Travaglia (UPA): “Settori chiave e strategia omnicanale spingono il mercato a +3,2%”
In un contesto macroeconomico ancora caratterizzato da incertezze, il mercato pubblicitario italiano continua a mostrare segnali di vitalità. Secondo le stime Upa, il 2025 si chiuderà con una crescita del +3,2%. In un’intervista esclusiva, Marco Travaglia, presidente Upa, spiega come settori chiave come alimentare, bevande, farmaceutico e abitazione stiano guidando questo sviluppo e quali fattori - dall’innovazione digitale alla misurazione crossmediale, fino alla capacità delle aziende di integrare mezzi tradizionali e nuove piattaforme - stiano sostenendo gli investimenti pubblicitari, anche in uno scenario complesso.
Secondo le stime Upa, il mercato pubblicitario italiano dovrebbe chiudere il 2025 con una crescita del +3,2%. Può aiutarci a fare il punto?

È un segnale positivo, che conferma la tenuta della domanda di comunicazione pubblicitaria anche in un contesto macroeconomico com- plesso. La pubblicità, infatti, non è soltanto una leva commerciale, ma un vero e proprio motore di creazione di valore per le imprese e per il Paese, capace di resistere e reagire al contesto. La comunicazione è un bene primario per le aziende: consente loro di distinguersi, competere e innovare, alimentando un sistema economico dinamico e pluralista. È dimostrato che la pubblicità ha un impatto diretto sulle vendite e, ancora di più, sul valore di lungo periodo delle marche.
Interrompere gli investimenti, invece, può avere effetti molto penalizzanti: anche un periodo relativamente breve di assenza dal mercato può tradursi in perdite significative nel tempo, e il recupero richiede anni di impegno costante.
Non sorprende quindi che settori come alimentare, bevande, farmaceutico e abitazione – secondo gli ultimi dati Nielsen - stiano continuando a investire con decisione.
La televisione torna a crescere con un +2,7% nei primi cinque mesi del 2025. Può commentare questo dato? La televisione, nelle sue diverse forme - lineare, digitale o advanced - mantiene indiscutibilmente la sua centralità nelle diete mediatiche degli italiani e, di conseguenza, rimane centrale anche nei piani di investimento delle aziende. Il trend positivo a cui assistiamo in questi mesi è dato da una combinazione di fattori: da un lato l’arricchimento dei palinsesti, che continuano a proporre contenuti che generano grande interesse presso le audience, dall’altro la capacità del mezzo di rinnovarsi e di integrarsi sempre di più con il digitale. Vanno comunque tenuti in considerazione anche gli effetti inflattivi.

La radio segna una crescita del +6,8%, confermandosi un mezzo in evoluzio- ne. Quali strategie stanno adottando i brand per sfruttarne la versatilità?
La radio, sì è vero, sta vivendo una fase di crescita, secondo i dati Nielsen. Si tratta di un mezzo che si ascolta in generale in mobilità e soprattutto in auto, spazio privilegiato, quasi esclusivo rispetto agli altri media. Inoltre, l’evoluzione tecnologica ne rafforza ulteriormente il ruolo, estendendone la fruizione al digitale e permettendo di raggiungere nuovi target. Per i brand, significa poter integrare la radio in strategie sempre più crossmediali, valorizzando sia la forza del messaggio audio sia la capacità unica di presidiare i momenti in mobilità delle persone.
Il digital rimane centrale nel mix media, ma emerge un forte squilibrio nella misurazione: solo il 46% del mercato totale degli investimenti è tracciato da sistemi ufficiali di audience. Come incide questa mancanza di trasparenza sulla pianificazione crossmediale?
Per un mercato che vuole crescere è molto penalizzante avere visibilità su meno della metà degli investimenti, per questo motivo è fondamentale lavorare per colmare questa asimmetria nella misurazione. In particolare, è molto importante che le Platform si integrino all’interno del sistema ed è esattamente per favorire e costruire questa integrazione che è stata costituita Audicom, il joint industry commettee finalizzato alla misurazione dei media digitali, in maniera complementare agli Editori della carta stampata. Se Audicom svolgerà la sua funzione nel mondo digitale, la percentuale di investimenti valutabili sulla base di ricerche ufficiali potrà salire a oltre l’80%. Il rischio altrimenti è stare fermi in un mondo che corre: se non sono in grado di fornire dati rappresentativi, le ricerche diventano irrilevanti.

L’Out-of-Home registra un +4,3% e il cinema un +3,7%, segnalando un Roi nei canali fisici: in che modo questi mezzi si integrano con le strategie omnicanale dei brand?
L’Out-of-Home sta vivendo una fase di forte rinnovamento: la digitalizzazione ne ha potenziato l’efficacia e l’attrattività, rendendolo un mezzo capace di dialogare in modo naturale con le altre leve di comunicazione. Oggi, l’esterna può garantire non solo copertura e impatto, ma anche flessibilità creativa e possibilità di interazione con il digitale, diventando così un tassello prezioso nelle strategie omnicanale dei brand. Il cinema, dal canto suo, rappresenta un con- testo unico per la comunicazione longform: l’attenzione del pubblico in sala è immersiva e difficilmente replicabile altrove. La digitalizzazione e misurazione degli spot sul grande schermo rappresentano prospetticamente un’altra sfida che porterà a offrire una maggiore rilevanza del mezzo integrandolo strategicamente nei piani di comunicazione.

La stampa continua a perdere investimenti, con un calo del -5% complessivo nei primi mesi del 2025. Come commenta questo dato?
Il calo degli investimenti pubblicitari su questo mezzo è ormai una tendenza strutturale in atto da anni. Tuttavia, la stampa rimane a oggi il mezzo che forse meglio ricopre il ruolo di baluardo dell’informazione autentica e di valore, anche nelle sue estensioni digitali. Questo ruolo è anche strategico per le aziende che, oltre alla comunicazione meramente commerciale, possono godere di uno strumento in grado di poter veicolare al meglio una narrazione istituzionale completa, risultando credibili e autorevoli, e di un pubblico più attento.

Con la quota digital che si avvicina al 50% del totale investimenti, ma con ampie porzioni non misurate, quali strumenti alternativi stanno usando le aziende per valutare il ritorno sugli investimenti digitali?
È chiaro che le aziende hanno bisogno di strumenti affidabili e interoperabili per valutare il ritorno delle loro campagne. Le grandi piattaforme digitali sono ormai da tempo parte integrante dei piani media ma devono integrarsi in un sistema omogeneo di misurazione come tutti gli altri mezzi. Senza questo passaggio, per le Aziende, non è possibile avere una visione completa e coerente delle loro performance. In questa direzione Audicom rappresenta un punto di svolta: il lavoro che sta portando avanti, attraverso il tavolo di confronto aperto con le big digital platform, mira proprio a superare l’asimmetria attuale nella raccolta e nella condivisione dei dati censuari.
Le previsioni 2025 si mantengono ottimiste, ma indicano ancora criticità: quali riforme strutturali sarebbero necessarie per rendere il sistema pubblicitario più equilibrato e sostenibile?
Oltre a quanto già illustrato, si sta lavorando all’integrazione dei sistemi Auditel e Audicom verso una misurazione ‘total campaign’ che renda valutabili quasi il 90% degli investimenti, consentendo agli inserzionisti di avere finalmente una base completa su cui costruire le proprie strategie. D’altro canto, l’implementazione e il rafforzamento delle piattaforme di analisi dei dati pubblicitari è un passaggio necessario per la credibilità del sistema.
MARINA BELLANTONI

