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Editoriale

A cosa serve la pubblicità? La scelta controversa di Coca-Cola

L’azienda di Atlanta decide di sospendere gli investimenti pubblicitari. Ma l’emergenza sanitaria impone un nuovo patto tra aziende, agenzie di comunicazione, mezzi e consumatori. Dove ognuno deve dimostrarsi responsabile, e solidale, nei confronti degli altri.

E’ arrivato come una bomba, scatenando un’emergenza sanitaria che sta stravolgendo il nostro modo di vivere e mettendo in discussione un modello di sviluppo che ritenevamo fosse l’unico possibile. La pandemia ci costringe anche a riflettere, a rivedere le nostre priorità, i nostri valori più importanti rispetto al bene più importante di tutti, la vita. Il mondo della comunicazione, al pari delle altre industry, si trova così a dovere ripensare il proprio ruolo, a rivedere il proprio linguaggio, a riconsiderare il rapporto con i consumatori.

In mezzo alla sofferenza e ai sacrifici che ognuno oggi patisce, si impone un nuovo patto tra brand, comunicatori, media e destinatari dei messaggi. Dalle parole ai fatti, le imprese devono dare segnali concreti del proprio impegno in termini di sostenibilità e responsabilità sociale. In questo senso sono encomiabili le iniziative di solidarietà da parte di tante aziende, che da un lato utilizzano la pubblicità per parlare in modo diverso per essere vicine ai propri consumatori (vedi, ad esempio, i casi di Vodafone, BMW, Enel), e dall’altro si impegnano in una gara di donazioni e contributi nei confronti di chi oggi è in prima linea, le istituzioni sanitarie.

È di ieri (leggi news), la scelta di Coca-Cola di sospendere tutta la pubblicità e donare 120 milioni di dollari a livello globale a sostegno dell’emergenza Covid-19.  Pur plaudendo a un gesto così importante non possiamo non preoccuparci per l’impatto che questa scelta avrà sulla filiera della comunicazione (agenzie di comunicazione, fornitori, mezzi), soprattutto se l’emergenza dovesse protrarsi ancora per mesi. Molti posti di lavoro sono a rischio e, se l’esempio dovesse essere seguito da altri, sarebbe una vera catastrofe.
Da un grande gruppo come Coca-Cola ci saremmo aspettati un atteggiamento diverso: un impegno in comunicazione forse anche maggiore rispetto al passato per sensibilizzare le persone sulle nuove regole di socializzazione, accompagnandole in questo drammatico tragitto verso la nuova ‘normalità’. E, allo stesso tempo, la partecipazione in maniera attiva alla lotta contro il virus.

L’assenza di comunicazione da parte di un player così importante fa pensare che la pubblicità abbia soltanto una funzione, quella di fare acquistare beni e servizi, un intento che in momenti di emergenza può risultare inopportuno, fuori luogo. Qual è, allora, il
‘purpose’, dov’è la funzione sociale della pubblicità che con la sua forza in termini di Grp può contribuire a rendere migliore il mondo in cui viviamo?
Per fortuna, è stato affermato dai vertici dell’azienda, si tratta di una parentesi, e con la ripresa ci sarà probabilmente un investimento ancora più elevato.
Speriamo.
Per tornare al punto, anche le agenzie di comunicazione sono chiamate a dimostrare di essere in grado di dare contenuti coerenti con la nuova realtà in cui viviamo, e stimolare le proprie aziende clienti in questa direzione. Per non parlare del mondo dell’informazione che deve distinguersi in maniera più netta rispetto all’infodemia, l’informazione incontrollata che contamina, è il caso di dirlo, soprattutto i social media.

La domanda è: quando tutto questo sarà finito riusciremo a fare tesoro di quello che stiamo
imparando in queste settimane di forzata clausura?
Mi auguro di sì, altrimenti avremo perso un’occasione importante per cambiare, in meglio.

 

Salvatore Sagone

Presidente ADC Group