Inchieste

Benatti: su di me accuse fatte di parole

Dopo il meeting londinese con la stampa anglosassone, l’ex country manager ha incontrato questa mattina i giornalisti italiani. E sostiene: pochi fatti e di scarso peso i capi di accusa contenuti nella citazione alla Corte di Londra.

Dopo l'incursione a sorpresa in territorio ostile lo scorso 15 febbraio a Londra, Marco Benatti ha giocato oggi l'incontro di ritorno in casa, a Milano. Per l'esattezza presso la sede di Bonaparte 48, l'agenzia che lo sta seguendo nella guerra contro Martin Sorell e Wpp. Una guerra che, come noto, ha avuto inizio il 9 gennaio con l'interruzione in tronco del suo rapporto con la holding inglese. Alla presenza di una ventina di giornalisti italiani che hanno seguito più da vicino la vicenda, Marco Benatti ha ripercorso oggi le fasi di questi ultimi due mesi con l'obiettivo di smontare, pezzo per pezzo, il castello di accuse messo in piedi dall'ex partner.
Pochi, però, gli elementi di novità che si aggiungono alla querelle che ha già fatto spargere fiumi di inchiostro sui giornali specializzati e non di mezzo mondo.
Con la traduzione in italiano dell'atto di citazione consegnato da Sorrell alla Corte di Londra Benatti sottolinea come in esso siano contenuti gli unici fatti e capi di imputazione che realmente contano, al di là delle tante parole e minacce profuse nelle scorse settimane. "Nella citazione non vi è alcun riferimento alla prima accusa mossa, ossia il mio presunto tentativo di svuotare il Gruppo Wpp attraverso un progetto che doveva avere, addirittura, un nome in codice – dichiara Benatti - . D'altronde così non poteva essere perché, al contrario, tra novembre e dicembre del 2005 non avrei portato a termine, a tutto vantaggio di Wpp, l'operazione Fiat Media Center e l'acquisizione del budget Telecom . Valore totale, circa 500 milioni di euro".
Il secondo capo d'accusa più importante riguarda la presunta partecipazione, o addirittura il controllo, di Media Club . "La vicenda viene citata nell'atto d'accusa ma non costituisce l'elemento di accusa da cui scaturisce la citazione".
Comunque sia, non era forse il caso di dichiarare il coinvolgimento in Media Club al momento della trattativa d'acquisto, sia pure attraverso altre società e fondi di investimento? Alla precisa domanda posta dai giornalisti Benatti ammette: "alla luce di quello che è poi successo forse avrei dovuto farlo". E dopo poco aggiunge: "Sorrell, però, non mi ha mai chiesto informazioni in merito a Media Club. Il 9 gennaio ho ammesso che avevo una partecipazione indiretta attraverso il fondo chiuso EDC (European Development Capital) promosso dalla Banca Arner (dove lavora il fratello di Benatti, Vittorio, ndr), che aveva partecipazioni nella famosa Callia (azionista al 18% e poi di maggioranza quando il presidente di Media Club, Giorgio Maino, ha conferito le proprie quote nella stessa Callia, ndr ). E nella disclosure richiestami in occasione dell'accordo per assumere la carica di country manager ho fornito l'elenco delle società, 76 se non ricordo male, in cui avevo partecipazioni dirette. Ma nessuno mi ha chiesto una disclosure sui miei investimenti finanziari o sui miei risparmi. L'accordo, è bene ricordarlo, è stato firmato dallo stesso Sorrell e la lista delle società è stata preparata da Daniela Weber". Per questo motivo non è mai venuto fuori il nome di Media Club. "Aggiungo che a Sorrell ho chiesto se alla luce della mia partecipazione indiretta in Media Club avrebbe comprato ugualmente la società. La risposta è stata sì. Quindi, evidentemente, si è trattato di un buon affare per Wpp. Anzi, un ottimo affare, poiché grazie al contributo di Media Club, mediaedge:cia è diventato il primo centro media italiano".
A proposito dei 9 milioni di earn out richiesti da Maino nel dicembre del 2005, Benatti dichiara che la richiesta era eccessiva: "in nessun incontro ho mai parlato di earn out. Nella riunione di dicembre l'argomento era all'ordine del giorno ma non se ne è parlato. L'unico momento in cui ho espresso il mio pensiero è stato nel mese di ottobre a Daniela Weber, alla quale ho semplicemente detto che gli otto o i nove milioni in questione erano tanti".

Qui arriva il colpo di scena. Sempre nella citazione alla Corte di Londra vengono dichiarati i motivi dell'azione di Sorrell: "sono tre le aree di attività intorno alle quali, secondo l'atto di citazione avrei tratto un vantaggio personale – afferma benatti - . Si tratta delle Relazioni Pubbliche, dove fondamentalmente ho assunto una persona incaricata delle relazioni pubbliche del Gruppo, Laura La Ferla; il Laboratorio Interattivo, una sorta di centro studi che in tutto ha realizzato circa sei riunioni; e le attività di Corporate Social Responsibility (CSR), un progetto da me ritenuto importante in un contesto in cui la presenza di Wpp in Italia poteva essere percepita come eccessivamente ingombrante. Ebbene queste tre aree, nel loro complesso, hanno richiesto un investimento di circa 200 mila euro". Quisquiglie, lascia intendere Benatti, a confronto del fatturato di Gruppo stimato dal Sole24Ore intorno ai 280 milioni di euro.

Veniamo alla vicenda FullSix. Anche su questo fronte Benatti, come suole dirsi, non le manda a dire: "Sorrell si dedica spasmodicamente a FullSix mettendo sotto pressione l'amministratore delegato Marco Tinelli, tempestando di mail, e facendo fortissime pressioni sui clienti. Se si comporterà in maniera errata lo denunceremo alla Consob (l'istituto di controllo della Borsa, ndr )". "Fino a oggi i rapporti con le agenzie Wpp sono stati di totale sinergia e sintonia - tiene a precisare Benatti -, e FullSix rientrava nell'elenco della settantina di società escluse dall'accordo di non concorrenza stipulato tra me e Sorrell". Per cui Benatti poteva tranquillamente lavorare per gli interessi della società di marketing relazionale della quale Wpp era già socia e dove, dopo la rottura del 9 gennaio, ha incrementato la propria quota portandola al 28,3%.
E se l'Opa, attualmente in corso, non dovesse avere successo, l'imprenditore veronese potrebbe comunque puntare al controllo del 51%, magari supportato dalla Mittel presieduta da Giovanni Bazoli. "Sebbene in linea generale preferisco sempre rimanere in maggioranza relativa, in questo caso il controllo della maggioranza delle azioni darebbe maggiore tranquillità alla società (anche se non la mette al riparo da una eventuale contro Opa, ndr)." E a chi insinua il sospetto che in realtà FullSix sarebbe un grande contenitore di over commission ristornate dagli altri centri media del Gruppo Wpp, Benatti dichiara secco: "si tratta di falsità assolute che sfido chiunque a provare".

Altro punto che Benatti ha tenuto a sottolineare è la propria estraneità rispetto alla partecipazione, insinuata da Wpp, nella società di marketing relazionale Babila e nella casa di produzione Brw: "Per quanto riguarda la prima non sapevo neanche che esistesse, per quanto riguarda Brw non ho mai avuto alcuna partecipazione".
Risponde infine con un deciso "falso" alla domanda se è vero che ha pagato o fatto pagare manager di aziende per assegnare i propri budget alle sigle Wpp: "è falso e se Sorrell prova a dirlo ufficialmente lo denuncio".

La settimana prossima Benatti volerà a Londra per organizzare la propria battaglia legale in territorio londinese, il 20 gennaio aspetterà il 'nemico' presso il tribunale di Verona. Come noto Benatti si è mosso contro Wpp in due momenti, attraverso la citazione per la rottura del contratto, e l'accusa per diffamazione, arricchita da una rassegna stampa di 550 pagine. Alla domanda da un milione di dollari relativa al perché si è scatenato il putiferio Benatti risponde: "dopo due mesi dall'inizio di questa storia non riesco ancora a capirne i motivi".