Inchieste

NC - Nuova Comunicazione. Comunico, trasformare possibilità in realtà

Profondamente italiana nell’immaginare ‘altre vie’, l’agenzia rivendica con orgoglio la propria indipendenza, premessa fondamentale per ideare liberamente soluzioni per i propri clienti. Un approccio, questo, perseguito anche durante la pandemia, che nonostante le oggettive difficoltà le ha consentito di evolvere ed essere ancora più proattiva, cavalcando anche il digitale, da sempre nel suo dna. Pubblichiamo l'intervista ad Antonino Zito (nella foto), AD della società, tratta dall'inchiesta 'Italians do it better' dedicata alle agenzie indipendenti italiane, contenuta nel numero di dicembre - gennaio 2021 di NC - Nuova Comunicazione.

“Comunico è l’agenzia che immagina possibilità. Immaginare possibilità significa approcciare i progetti con una visione aperta, che ci permette di realizzare scenari che uniscono creatività e strategia di business innovativi, per ampliare la portata e la rilevanza di una campagna”. Così Antonino Zito sintetizza la mission dell’agenzia torinese nata nel 2002 di cui è amministratore delegato.

 

Che cosa significano per voi italianità e indipendenza?
L’italianità per noi è proprio il nostro ‘Immaginiamo possibilità’: dal basso medioevo al Rinascimento, dall’età moderna ai giorni nostri gli italiani hanno sempre aperto scenari nuovi per il mondo: da Giotto a Dante, da Cristoforo Colombo a Marco Polo, da Volta a Fermi, da Meucci alla Olivetti e ce ne sarebbero molti altri. Ispirati da questi illustri compatrioti, anche noi crediamo di non dover mai limitarci a ‘fare il compito’ ma, anzi, crediamo sia doveroso tentare di immaginare altre vie. Che però siano percorribili e proficue e non solo velleitarie o cosmetiche. E qui ci si collega con l’indipendenza, che è un valore fondamentale per poter immaginare con libertà. In questo senso l’ottimizzazione delle risorse parte sempre dall’ottimizzazione della visione, dunque sia benvenuta in qualunque organizzazione si realizzi.

 

Come avete affrontato la sfida della pandemia? Quali strategie avete adottato e come questa ha impattato sul business?
La pandemia è costata molto sul piano economico, inutile negarlo, ma è stato come affrontare un investimento. Abbiamo avuto modo di riflettere, di cambiare e di cambiarci. Chi ci ha seguito in questi mesi ha avuto modo di vedere quanto profondamente abbiamo trasformato la nostra organizzazione e il nostro posizionamento. Nel frattempo abbiamo anche seguito i clienti supportandoli nel trovare nuove strade per essere efficaci e rilevanti anche in questo scenario nuovo. Abbiamo realizzato attivazioni che hanno connesso le persone da un capo all’altro della penisola, abbiamo organizzato sales convention non come conference call, ma in forma di uno show televisivo che ha tenuto incollati allo schermo del pc e coinvolto sul ‘palco’ tutti i livelli della rete commerciale di una grandissima azienda italiana, abbiamo portato all’estero startup senza muoverci dal salotto di casa, abbiamo portato al successo su Amazon aziende tipicamente B2B. Abbiamo immaginato possibilità, insomma. E le abbiamo trasformate in realtà.

 

Come è cambiato in questi mesi il vostro approccio al digitale e il suo utilizzo nella creatività?
Il nostro approccio al digitale non è cambiato durante questi mesi. Eravamo già pronti prima, dunque non abbiamo dovuto riorganizzarci o ricercare nuove progettualità con l’avvento della pandemia. Noi abbiamo sempre avuto il digital nel sangue e le strade che apre per la creatività ci sono estremamente chiare.

 

Sostenibilità e trasparenza sono diventate con questa crisi ancora di più parole chiave per la comunicazione. Come affrontate questi aspetti con i brand?
Alcuni brand, non tutti, hanno capito che il target di comunicazione non è mai solo quello dei prospect, ma è la società nel suo complesso. In quest’ottica non occorre sottolineare come sostenibilità e trasparenza abbiano compiuto la metamorfosi da valori ad asset, che quindi devono essere sostenuti attraverso l’agire quotidiano e poi anche comunicati. Noi ce l’abbiamo ben chiaro e curiamo sempre questi aspetti nella comunicazione che facciamo.

 

Un bilancio di questo difficile anno per la sua agenzia: come chiuderete? E che previsioni avete per il 2021? 

Abbiamo pagato un pedaggio molto pesante a questa pandemia, che ci riporta ai livelli del 2016. Chiuderemo però molto bene dal punto di vista della solidità operativa, dell’organizzazione e di know-how in quanto agenzia. E questo ci permetterà senz’altro di rispondere in maniera diversa a questa domanda tra un anno. I progetti, le opportunità e il fermento di mercato intorno a noi di certo non mancano, tanto è vero che tra novembre e dicembre abbiamo vinto tre consultazioni su quattro e ottenuto un affidamento diretto.

 

Ci può raccontare una case history significativa sviluppata quest’anno dall’agenzia?

Urmet è un’azienda storica italiana: dalle schede telefoniche di una volta, quelle da 5.000 e 10.000 lire, fino ai citofoni, tutti gli italiani ci hanno avuto a che fare. Per ridare rilevanza al brand abbiamo progettato una campagna che sarà pianificata a marzo sul circuito Grandi Stazioni che ha trasformato le dodici grandi stazioni ferroviarie italiane in un grande videocitofono nazionale, dove si potranno lasciare videomessaggi di augurio e speranza per il futuro, oppure si potrà videochattare in tempo reale con chi si trova davanti a uno dei totem collocati nelle varie stazioni. Sarà una grande operazione di awareness e di engagement per una delle più illustri marche italiane, che infatti ci è valsa anche la vittoria nel contest creativo di IF! 2020.