Inchieste

NC. Uncommon, Adhocrazia vincente

Fondata nel 2015, l'agenzia ha dimostrato che competenza e professionalità sono un valore che il mercato cerca e premia. Un team di professionisti preparati e creativi, con solidi skill, ma aperti al nuovo e alle collaborazioni non convenzionali. Tra i suoi dipendenti anche street e digital artist, fashion designer e architetti oltre alle professionalità più classiche. Pubblichiamo l'intervista a Claudio Ragni, founder & ceo di Uncommon tratta dall'inchiesta 'Uncommon, Adhocrazia vincente' pubblicata dall'ultimo numero NC-Nuova Comunicazione.

Secondo Uncommon, la produzione di contenuti innovativi e proprietari è la chiave per il successo e per ottenerli bisogna cercare nuovi approcci che nascano da competenze e forme mentis molto differenti tra loro. I servizi dell’agenzia si possono dividere in quattro macro-aree: Brand Design (la marca viene disegnata attraverso tool classici quali brand strategy, naming & logo design, corporate identity, packaging, brand comm., interior & exhibit design, brand events); Brand Shop (creazione e ottimizzazione dei customer journey per massimizzare il Roi grazie a strumenti proprietari come la Experience Sign®); Brand On (creazione di storie per mezzo di: digital thought-leadership and platform develop.; digital branding & design; e-commerce;social media strategy; web app & develop; Brand Signs (registrazione del ‘segno’ in tutte le sue manifestazioni, per fornire alle aziende clienti linguaggi universali per raggiungere i clienti ovunque essi si trovino). Parliamo delle sfide passate e future dell’agenzia con Claudio Ragni, (in foto), founder & ceo.

Il 2017 ha rappresentato per voi l’anno della svolta. Ce ne parla?

Come per tutte le start-up, i primi due anni sono la fase più critica. Grazie ai feedback positivi del mercato e dei clienti che per primi hanno creduto in noi, possiamo dire che il 2017 si chiude con ottimi risultati e che abbiamo gettato delle solide basi per il futuro. Abbiamo consolidato alcuni clienti chiave, acquisito clienti all’estero e soprattutto siamo riusciti a realizzare progetti dei quali andiamo fieri e che ci stanno aprendo numerose nuove opportunità per il prossimo anno.

Quali sono, invece, le sfide per il 2018?

La sfida rimane sempre la stessa: consolidare la base clienti e acquisire nuovi prospect. Non possiamo contare sui clienti internazionali 'captive' come avviene per i grandi network, quindi per noi lo sviluppo business è fondamentale, non solo a livello nazionale, ma anche europeo. Abbiamo molti progetti che si posizionano nell’ambito dell’innovazione culturale e nella creazione di piattaforme di marca volte a modificare gli scenari nell’utilizzo dei Media. Per realizzare questi progetti innovativi nel minor tempo possibile e assorbendo in modo i positivi i continui cambiamenti esterni, lavoriamo in un modello organizzativo che è un ‘sistema elastico’, basato sull’ADHOCrazia.

Qual è il vostro approccio nei confronti delle nuove frontiere della comunicazione, come programmatic e big data?

Anche in questo caso, evolvono le tecnologie, ma non la strategia o i principi di marketing. Alcuni dei professionisti che lavorano in Uncommon si occupano di crm e datamining dalla fine degli anni ‘90. Quindi i concetti di estrema personalizzazione dei messaggisulla base dell’analisi dei dati non sono per noi esattamente una nuova frontiera. Semmai le nuove piattaforme tecnologiche rendono semplice e immediato quello che fino a poco tempo fa richiedeva decine di ore/uomo per l’elaborazione. La chiave di volta per noi resta la rilevanza e la qualità del contenuto che poi viene veicolato.

Qual è la vostra interpretazione di italianità e indipendenza?

Italianità e indipendenza non sono un fatto geografico, né tantomeno un’espressione di orgoglio. Infatti, il nostro team ha origini geografiche e professionali molto diverse: non siamo tutti italiani e alcuni di noi vengono da un lungo passato nei grandi network internazionali della comunicazione. Italianità e indipendenza rappresentano per noi il dominio di principi che fanno parte del vissuto di ogni italiano: qualità, artigianalità, flessibilità organizzativa, apertura mentale, dialogo oltre i meri confini territoriali. In questo senso, italianità e indipendenza ci definiscono come realtà e ci rendono professionisti preparati, in grado di fare la differenza e capaci di dare valore ai brand dei Clienti.

Può raccontarci una case history significativa sviluppata nell’ultimo anno?

Siamo stati incaricati di sviluppare una nuova brand identity per l’area di incontro e ristorazione dei dipendenti di Boston Consulting Group. È nato così il posizionamento dell’area, ‘Welcome to the Village’, che evoca uno stile cosmopolita dall’appeal newyorkese, ma anche una leggerezza e attenzione tutta italiana alla qualità della vita. Con 5th Floor, Uncommon ha scelto un classico naming in stile americano che evoca l’heritage dell’azienda. Ha puntato a definire gli spazi non solo del Coffee bar and Restaurant, ma dell’intero piano, enfatizzandone la posizione privilegiata ed evocando location prestigiose.

A seguito del successo della prima fase di elaborazione, il cliente ha richiesto un ampliamento del progetto che facesse diventare il palazzo storico, sede dell’azienda, un’esperienza concreta dei valori della marca e uno spazio aperto al pubblico. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo sviluppato il concetto strategico di ‘Art of Perspectives’, i valori della marca sono stati tradotti in differenti percorsi stilistici suddivisi per piani e interpretati da artisti di grande talento. Per quanto riguarda l’area del 5th Floor, essendo un ambiente in stileVillage newyorkese, la scelta dell’interpretazione dei valori di Marca è ricaduta su due street artisti di fama internazionale, come Pao e Neve: chi meglio di due dei massimi interpreti della Urban Art poteva tradurre i valori di una delle più importanti società di consulenza rispettando al tempo stesso i codici del Village.

Per l’Agorà (area conferenze), invece, la scelta è ricaduta sulle opere degli Orticanoodles (pseudonimo di due artisti italiani, Wally e Alita, ndr) per creare uno sfondamento prospettico con uno stile astratto e contemporaneo ed elementi naturali che rendessero lo spazio una piazza all’aperto. Per il IV piano, infine, è stato sviluppato un percorso esperienziale in diverse tappe, grazie a ‘Hyperplanes of Simultaneity’, un progetto di pittura immersiva capace di creare la sensazione di entrare nei dipinti, grazie all’utilizzo dei visori VR.

Marina Bellantoni