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Annual conference ManpowerGroup: nasce il primo manifesto sul futuro del lavoro al tempo dell’intelligenza artificiale

Definiti 5 impegni e 15 challenge per guidare le aziende nella transizione digitale. Il 78% delle imprese teme di non avere le competenze necessarie per affrontare la rivoluzione dell’AI.

Con l’81% dei datori di lavoro che concorda sul fatto che i progressi dell’AI richiederanno nuovi modi di lavorare e nuovi talenti, diventa sempre più cruciale per le aziende comprendere le sfide e i rischi della rivoluzione digitale in corso. A partire da questa necessità, ManpowerGroup Italia ha lanciato il Primo Manifesto sugli impatti dell’AI nell’impresa del futuro. Il documento, che definisce una serie di impegni tangibili a cui le aziende potranno aderire, per favorire una gestione e uno sviluppo virtuoso, etico e consapevole del mondo del lavoro, è stato creato collettivamente e con il contributo di esperti di AI in occasione della prima Annual Conference di ManpowerGroup dal titolo “The Exchange - Disegniamo insieme il futuro del lavoro” che si è tenuta oggi, 30 maggio, a Milano.

“L’Annual Conference di ManpowerGroup ha rappresentato per noi l’opportunità di unire forze e idee e collaborare attivamente nella definizione di un percorso verso un mondo del lavoro più equo, dinamico e orientato al futuro” ha dichiarato Anna Gionfriddo, Amministratrice Delegata di ManpowerGroup Italia. “Abbiamo voluto che la legacy dell’evento fosse il Primo Manifesto sugli impatti dell’AI nell’impresa del futuro. Un documento che, proponendo impegni concreti e utili a guidare le aziende in questo nuovo territorio, vuole stimolare una riflessione sulla centralità del capitale umano. Siamo, infatti, profondamente convinti che il capitale tecnologico sia legato a doppio filo con il capitale umano e, solo grazie a questa combinazione di elementi, il futuro del lavoro possa davvero essere sostenibile e a misura di persona”.

Attraverso il contributo degli esperti che hanno preso parte alla giornata di lavori, il Manifesto definisce cinque differenti ambiti, quelli in cui l’adozione dell’AI potrà avere più significative ripercussioni sul capitale umano e sull’organizzazione aziendale: etica e responsabilità, qualità della vita, cultura e leadership, formazione e competenze, governance e processi. Ognuno di questi ambiti identifica un impegno specifico da parte delle aziende, per un totale di 5 azioni: l’impresa del futuro dovrà essere etica e responsabile, l’impresa del futuro vedrà il benessere come priorità, l’impresa del futuro punterà sulla leadership che ispira e unisce, l’impresa del futuro promuoverà una formazione continua, l’impresa del futuro vedrà nell'adattabilità il successo. Infine, all’interno delle varie azioni, sono state identificate 15 challenge utili a gestire in modo virtuoso gli impatti dell’AI sul lavoro.

È possibile consultare il Primo Manifesto sugli impatti dell’AI nell’impresa del futuro al seguente link. 

 

A orientare la stesura del Manifesto hanno contribuito Paola Pisano, docente di gestione dell’Innovazione all’Università di Torino, Cosimo Accoto, filosofo tech, research affiliate e fellow del MIT Boston, Tomas Chamorro-Premuzic, Chief Innovation Officer di ManpowerGroup Global, e Leandro Pecchia, docente di bioingegneria elettronica e informatica all’Università Campus Bio-Medico Roma.

L’elaborazione del documento è stata, inoltre, indirizzata dalle risultanze evidenziate durante il dibattito generato nel corso di “The Exchange” e dai dati della ricerca internazionale “The Work We Want”, realizzata da World Employment Confederation di cui ManpowerGroup è partner, e dell’indagine ManpowerGroup sui sentimenti di persone e aziende riguardo all’AI.

 

Da queste ultime è emerso che, se le aziende guardano con ottimismo all’Intelligenza Artificiale, con il 72% dei datori di lavoro che ritiene che impatterà positivamente sul business e il 55% che prevede benefici anche in termini occupazionali, sono, al contrario, le lavoratrici (51%) e il personale operativo (43%) a esprimere le maggiori preoccupazioni e perplessità circa il suo impiego. Il nodo cruciale rimane quello delle competenze e della formazione: il 78% dei datori di lavoro teme di non riuscire a formare i dipendenti abbastanza velocemente per stare al passo con gli sviluppi tecnologici nei prossimi tre anni. La rapidità con cui le innovazioni si affacciano sul mondo del lavoro rende, infatti, sempre più complesso per larga parte delle aziende (80%) pianificare il fabbisogno futuro di talenti.

Da qui la necessità, espressa da quasi la totalità dei manager (92%), di una nuova organizzazione del lavoro che, attraverso l’introduzione di strategie flessibili, permetta alle aziende una maggiore adattabilità e una capacità migliore di risposta ai cambiamenti. Dalla creazione di pool di talenti settoriali (91%), all'adozione di un approccio alle assunzioni basato sulle competenze (89%), dall'utilizzo di piattaforme di talenti online (89%), all'aumento di lavoratori in somministrazione a tempo indeterminato o determinato (88%), fino all'offerta di una maggiore flessibilità interna (88%) e all'assunzione di talenti dall'estero (88%).  Il 79% dei manager intervistati afferma inoltre che, assumere una quota di lavoratori già esperti e con competenze legate all’AI, è un modo efficace per diffondere la conoscenza tra tutte le persone dell’azienda. 

 

L’Annual Conference The Exchange - Disegniamo insieme il futuro del lavoro

L’Annual Conference di ManpowerGroup, che si è tenuta il 30 maggio presso il Superstudio Più a Milano, ha ospitato momenti di confronto, workshop, keynote speech e roundtable con esperti, professori universitari, economisti, leader d’azienda e startup. Al centro del dibattito, le nuove tendenze che stanno rimodellando il lavoro, in particolare l’Intelligenza Artificiale, la Transizione verde e l’Intergenerazionalità e il loro impatto sulle organizzazioni del futuro.

Tra i keynote speaker, che con le proprie testimonianze hanno contribuito ad arricchire la giornata di lavori: Luciano Floridi, Professore e Direttore del Digital Ethics Center all’Università di Yale, Professore di Sociologia della Cultura e della Comunicazione all’Università di Bologna, Marta Dassù, Editor in Chief di Aspenia e Senior Advisor European Affairs presso The Aspen Institute, Giovanni Soldini, Navigatore oceanico, pioniere nello sviluppo di tecnologie innovative per le barche da corsa e divulgatore, Amalia Ercoli Finzi, consulente della NASA, dell’ESA e dell’ASI e Professoressa emerita al Politecnico di Milano, con la figlia Elvina, Senior Executive presso EssilorLuxottica e Board director presso Cerved e Cedacri, e Stefano Boeri, Architetto, urbanista e Professore Ordinario Politecnico di Milano.

Nel proprio speech “Per un’intelligenza artificiale etica e sostenibile”, Luciano Floridi ha affermato: “La competizione in Europa si gestirà in base a quanto flessibilmente i vari paesi interpreteranno l’AI Act per trarne un vantaggio competitivo. Qui si gioca la partita. Secondo dati dell’OECD, gli Stati Uniti stanno investendo oltre 400.000 milioni di dollari in venture capital sull’AI, l’Europa 50.000 milioni. L’Italia investirà 1 miliardo di euro quest’anno. Con questi numeri Italia ed Europa non stanno nella competizione. L’Europa e l’America viaggiavano abbastanza allineate fino al 2020, ma poi gli USA ci hanno superato. Lo Stato deve favorire gli investimenti da parte dei privati: non spendere e al contempo essere inospitali verso le aziende estere che investono in Italia è controproducente”. Secondo Floridi, “l’AI trasforma il mercato del lavoro, ma non distruggerà il lavoro e creerà tanti posti quanti ne distrugge, trasformandoli. Il problema semmai è la mancanza di allineamento tra domanda e offerta, che non si incrociano. C’è un’enorme quantità di competenza. Tuttavia, dal mercato europeo va nel mercato americano. Abbiamo una costante fuga di cervelli: educati da noi in Europa a un costo enorme, una volta giunti al livello massimo di formazione, scelgono di andarsene. Non riusciamo a trattenere e ad attrarre i talenti. Come vogliamo gestire i nostri investimenti in ricerca? Più flessibilità, più fiducia, non regolare nel dubbio, ma consentire anche una maggiore e ben controllata autoregolamentazione da parte dei settori industriali. L’Italia ha una grandissima tradizione imprenditoriale, deburocratizzare vuol dire togliere le catene da un’imprenditorialità italiana ed europea che al momento non riesce a emergere” ha concluso Floridi.

In seguito, nell’intervento “Le sfide del futuro tra geopolitica e demografia”, Marta Dassù ha dichiarato: “L’Intelligenza Artificiale è al centro della competizione geopolitica internazionale, come dimostra il caso dei microprocessori avanzati che porterà alla revisione delle catene globali del valore e spiega ad esempio perché Taiwan è così importante. L’Europa sta perdendo competitività in maniera rilevante. Non sono così ottimista sull’EU AI Act perché non si può essere una potenza regolatoria se non si è innanzitutto una potenza tecnologica e finanziaria”. Secondo Dassù, “in Europa c’è un grande capitale inespresso, con un capitale privato di circa 30 trilioni di Euro che in parte rimangono nei conti correnti o vanno in investimenti su altri Paesi, segno che esiste un problema di fiducia rispetto all’economia e alla politica europee”. In merito a quale sarà il futuro del lavoro, il tema al centro della giornata organizzata da ManpowerGroup con il contributo di studiosi, imprenditori e manager, Marta Dassù ha sottolineato come “questa generazione non mette il lavoro al primo posto tra le priorità, ma il benessere e la famiglia. Questo porta a pensare che il lavoro che si propone a questa nuova generazione deve essere molto più flessibile e misurato sulle esigenze personali. Certo, è impossibile che le aziende personalizzino ogni rapporto di lavoro, ma un tentativo va fatto, altrimenti c’è un reale rischio di perdere questa generazione”.