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WPP: “La comunicazione sarà una leva indispensabile per la ripresa, ma deve partire dagli insight su un consumatore più fragile, più digitale e più attento a pianificare il suo tempo e le sue spese”

Nel corso di una conversazione online che ha coinvolto le diverse sigle del Gruppo WPP, i manager di Kantar, AKQA, BCW, Mindshare e VMLY&R hanno evidenziato l’importanza di lavorare su insight da comunicare con tutte le leve a disposizione, dalla creatività alle pubbliche relazioni, dal media al digitale. Sarà necessario focalizzarsi ancora di più sul consumatore e sulle diverse modalità di fruizione mediatica che si stanno delineando, rimodellando le attività di comunicazione.

I 12 principali cambiamenti mostrati dai consumatori nella fase del lockdown ed emersi dal Kantar COVID-19 Barometer (vedi allegato) sono stati già ampiamente illustrati da Federico Capeci, CEO Italy, Greece & Israel della società di ricerche, ai microfoni di Advexpress (leggi news: puntata 1 e puntata 2): è attorno ad essi che i manager delle agenzie che fanno capo al Gruppo WPP hanno sviluppato una conversazione su come e quanto le diverse discipline della comunicazione – dalla creatività alle pubbliche relazioni, dal media al digitale – potranno e dovranno aiutare le marche a ripartire nella ‘nuova normalità’.

Moderato da Isidoro Trovato, Caposervizio Economia del Corriere della Sera, il webinar ha raccolto le testimonianze di Simona Maggini (nella foto), CEO VMLY&R, Fabio Caporizzi, Presidente e Market Leader di BCW-Burson Cohn & Wolfe, Roberto Binaghi, Chairman & CEO di Mindshare, e Umberto Basso, Managing Director AKQA e Chief Digital Officer WPP.

Aprendo la discussione, Federico Capeci ha ricordato i momenti emotivamente molto forti vissuti dai consumatori e come la pandemia abbia modificato radicalmente e repentinamente il modo di vivere di ognuno di noi: “Cosa rimarrà e cosa invece sarà solo un ricordo – si è domandato –, che come tutte le esperienze però lasciano traccia nelle memorie? Come impatterà tutto ciò sulla Comunicazione delle aziende? Non possiamo dire con certezza cosa cambierà per sempre e cosa invece tornerà gradualmente a essere come prima, ma sappiamo cosa fare in momenti simili: partire dal consumatore, raccogliere informazioni, trasformarle in insights rilevanti e comunicarli, con tutte le leve a nostra disposizione”.

 

Progetti di brand e non di prodotto fortemente connessi al proprio purpose
Per farlo, ha sostenuto Simona Maggini, che dal prossimo luglio assumerà la carica di Country Manager di WPP Italia, “È necessario lavorare con una regia integrata che orchestri la pianificazione delle diverse leve di cui la comunicazione dispone, in modo sinergico ed efficiente, utilizzando il digitale come piattaforma per accelerare la ripresa”.
Reagendo alla crisi, il consumatore ha attivato nuovi comportamenti, si è focalizzato sulla sua persona, sulle relazioni, sul peso delle sue scelte: riflessioni, esperienze e comportamenti che avranno impatto sul suo approccio al contesto, al modo di vivere in futuro, al modo in cui sceglierà i brand che vorrà acquistare, anche in funzione di come i brand sapranno riconnettersi al proprio target, in questo ‘new normal’.

“La creatività ha supportato i brand che hanno voluto essere vicini ai consumatori fin dagli inizi del lockdown – ha proseguito Maggini –, costruendo vicinanza fortemente connessa al proprio purpose: interessante il fenomeno del workout indoor e cito Virgin Active che ha creato un’esperienza non stop traformando i propri trainer in stelle dell’Instagram Tv che oltre a fare compagnia ai propri clienti davano anche utili consigli e piccoli supporti psicologici incitando alla prudenza, ma anche all’energia e alla positività. Molte le marche che hanno voluto essere presenti con progetti di brand e non di prodotto, proprio per intercettare un need più profondo delle audience. Abbiamo avuto anche modo di valorizzare modalità di comunicazione che hanno saputo contestualizzarsi rapidamente, come l’instant adv di Expert e VMLY&R con video e tormentone musicale ‘Aspetta che finisco la call…’ che ha ottenuto 2 milioni di view in 2 sole settimane sui canali Facebook, Instagram e YouTube. Girato con genitori e rispettivi bambini dello staff dell’agenzia, ha voluto dare voce a chi è stato un pò dimenticato nel silenzio, trascurato nei ritmi di una nuova realtà di smartworking: i bambini. Quindi purpose sempre alla base delle iniziative di comunicazione, ieri ma certamente anche domani, valorizzate anche dall’esperienza di modalità più snelle, che valorizzano il digitale e resteranno sicuramente nel futuro.”


Media: back to the future, dall’ecumenismo alla segmentazione
In tutto questo, con la permanenza forzata in casa, la fruizione mediatica si è modificata: “Mentre eravamo immersi nella realtà dello smart working e della connessione perenne, abbiamo assistito al grande ritorno di libri, giornali e film! Le famiglie di nuovo unite davanti alla televisione: senza sport, il focus si è spostato sulle informazioni e sui contenuti a valore aggiunto – ha commentato Fabio Caporizzi –. Poche aziende sono state in grado di cogliere questa opportunità, ma i due mesi di lockdown hanno creato un severo processo di selezione degli influencer e una nuova vita per i professionisti dell’informazione. Ora gli editori hanno la chance di mantenere questa rilevanza”.

“Mai come in questo periodo è stato importante essere correttamente informati – ha aggiunto Roberto Binaghi –. Il virus ci ha resi ‘bulimici’. È noto che la fruizione di tutti i mezzi ‘indoor’ sia cresciuta in maniera impressionante durante il lockdown, e in particolare i contenuti informativi sono cresciuti in modo ancor più che proporzionale. Gli italiani hanno continuato a informarsi sui social e sui siti di informazione, ma hanno rivalutato anche strumenti più tradizionali come la stampa quotidiana e i telegiornali, che pur avendo perso lettori e ascolti negli ultimi hanno godono ancora di una notevole credibilità. Ma dopo questa breve ma intensa ‘sbornia ecumenista’ le aziende, già ora, stanno affilando le loro armi per segmentare il pubblico con maggior
precisione che nel passato.
Gli strumenti digitali oggi disponibili lo consentono. Potremmo assistere nel 2021 ad un vero e proprio ‘gradino’ della share dei mezzi digitali a scapito di quelli analogici. La media addressability sarà il nostro nuovo mantra”.

 

Digital Transformation forzata e accelerata dal lockdown
“Il consumatore evolve e trascina il brand che è passato al digitale – ha spiegato Umberto Basso –. Il digitale invita a non restare arretrati perché costringe a fare delle scelte, non avendo le sfumature e quindi le incertezze dell’era analogica. Toglie lo spazio all’indecisione, costringe a semplificare e a progredire per Test & Learn, aumenta la competitività di conseguenza. Nei consumatori con incertezze sul futuro la digitalizzazione offre la possibilità di pianificare potendo cambiare: subscription vs. possesso, riorganizzazione delle priorità, quindi, dei beni e dei servizi. Anche la paura di non poter pianificare, portata dall’emergenza vissuta, invita all’uso del digitale per i pagamenti. In particolare, la crescita dell’ecommerce (totalmente funzionale all’emergenza lockdown) può segnare un momento di rivisitazione delle proprie scelte di canale: un’azione svolta per 21 giorni di fila può diventare un’abitudine, si dice. I digital payment consentono alle aziende di avere una relazione più intima con il consumatore: la transazione è un momento per celebrare, per raccogliere informazioni, per remunerare, quindi per costruire una relazione più interessante reciprocamente”.

Cambieranno anche le ‘giornate-tipo’, avverte Basso, con un numero importante di lavoratori che forse confermerà un utilizzo più importante dello smart working, ormai sdoganato: “Nei prossimi mesi – continua – la customer journey tipo dovrà essere ricostruita (sveglia, colazione, commuting, lavoro, pausa pranzo, lavoro, commuting, svago, casa, ecc.), ed è un grande problema per le marche che necessitano di interagire nei momenti ideali per somministrare informazioni, stimolare i bisogni, cogliere le opportunità di business. Ma il problema più grande è per i brand che non sono già abbastanza digitali da poter in realtà interagire in ogni caso con la qualsivoglia nuova customer journey, anche se frammentata, dinamica, mutevole in continuazione“.


Focus sul consumatore e sul purpose e la distintività di ogni brand
Un contesto in forte evoluzione, un consumatore aperto ma anche che sta consolidando nuove abitudini: vedremo nel tempo, quali si confermeranno e quali invece lasceranno spazio a nuovi comportamenti – ha chiuso Capeci –. Quel che è certo è che le marche sono oggi chiamate a riprendere in mano la propria storia, il proprio purpose e a (ri)declinarli in un nuovo contesto, facendo leva sulle diverse discipline di cui la comunicazione dispone, per ritornare a sottolineare la propria meaningfulness, la propria distintività, parlando a target che hanno elaborato (e stanno ancora elaborando) la gravità della pandemia, l’urgenza e l’incertezza che ha portato con se”.
Sarà necessario focalizzarsi ancora di più sul consumatore e sulle diverse modalità di fruizione mediatica che si stanno delineando, per rimodellare le attività di comunicazione intercettando, sostenendo e coinvolgendo con contenuti emotivamente ricchi le corde del nuovo consumatore. Creatività, attività di PR, pianificazioni media dovranno essere attentamente focalizzate sui target e sulle sue evoluzioni, e naturalmente, un ruolo importante del digitale sarà evidente, in un mix integrato e abilmente orchestrato, in modo da sfruttare le sinergie di efficacia che appunto l’unione di attività diverse può offrire.