Interviste

#BRANDtoBE con Salvatore Ippolito (AGI): "La comunicazione alla ripartenza sarà all'insegna di strategie di branded entertainment, branded content e stories. Per un ingaggio con la marca basato su etica, trasparenza e sostenibilità"

Prosegue con l'AD Agi e Presidente D-Share la rubrica, a cura dell'OBE, che ha l'obiettivo di fare il punto sul futuro del Brand Entertainment attraverso la voce ‘polifonica’ degli associati. Il manager sottolinea tra l'altro come il trust, la ricerca di qualità e disponibilità all’ascolto e al dialogo siano prerequisiti fondamentali per una relazione tra editori e brand destinata a durare nel tempo.

Salvatore Ippolito: AD Agi – Presidente D-Share

Durante la quarantena è aumentata esponenzialmente l’attenzione dell’audience alla ricerca di notizie. Si calcola che l’incremento giornaliero, solo sui tg, sia stato di 2 milioni di spettatori. Cosa si deve fare per capitalizzare questa domanda?

Una sana applicazione delle care e sempre valide regole del marketing che prevedono una conoscenza approfondita dei propri consumatori, in questo caso utenti e lettori. Certamente maggiormente agibile per la componente online, più complessa se da svolgere attraverso strumenti dichiarativi per TV e offline in generale. Una lettura dei dati, insieme con l’analisi dei flussi e dei ‘consumi’ di contenuto, dei livelli di interazione, e magari approfondimenti di natura semantica su open data da piattaforme social, avrebbero il pregio di porre l’enfasi sugli utenti da trattenere, per costruire un meccanismo di fedeltà verso la franchise, da arricchire, declinare ed articolare attraverso una serie di strumenti per lo sviluppo della relazione. Conseguenza finale, la possibilità di individuare percorsi per un rapporto basato su logiche economiche che siano in grado di premiare qualità e contenuti e che siano in grado di traghettare il rapporto su territori governati da una maggiore, reciproca, consapevolezza.

Come gli utenti cercano fonti chiare e attendibili, così anche le aziende sono alla ricerca di fonti certificate per raccontarsi.  Quali sono gli strumenti che un editore può offrire ai brand considerando l’evoluzione del mondo dell’informazione?

L’elemento chiave è rappresentato dal ‘trust’, che va a sua volta di pari passo con costante ricerca della qualità e disponibilità all’ascolto e al dialogo, prerequisiti per una relazione destinata a durare nel tempo. Questa relazione può addirittura condurre all’attuazione di un rapporto economico basato sul meccanismo della donazione, molto più diretto e consapevole se paragonato alla ‘semplice’ (ma mai agevole da ottenere) subscription. Il trust è inoltre un elemento di grande rilevanza sul piano della relazione con la componente pubblicitaria. Un recente studio dell’Advertising Association britannica ha riscontrato una caduta dal 50% al 25%, nel corso degli ultimi 30 anni, dell’opinione favorevole nei confronti della pubblicità. Una percezione dunque, da ricostruire, e che trova proprio nei contenuti un formidabile alleato.
Infatti, una ricerca della Associazione Mondiale della carta stampata (WAN-IFRA), ha dimostrato come all’aumento di un punto di reputazione relativo ai contenuti di un veicolo editoriale, corrisponda l’aumento di uno 0,62 di trust negli annunci pubblicitari (che evidentemente transitano all’interno di quel determinato ecosistema editoriale). La qualità dei contenuti è quindi, intrinsecamente ed allo stesso tempo, un veicolo per lo sviluppo di politiche di loyalty verso la componente editoriale, un traino per la migliore percezione dei contenuti proposti dalle brand, e, soprattutto, fondamentale per sposare i due ambiti attraverso un racconto della marca, una branded story, che sia declinata attraverso i valori dell’etica, della competenza e che rilevi per l’utente/consumatore.

Quale saranno a suo parere le modalità di comunicazione che adotteranno le aziende al momento della ripartenza e che ruolo gioca in questo il Branded Entertainment?
Le aziende si muoveranno su un territorio largamente ignoto, quindi, in assenza di ‘bussole’, le modalità non potranno che ripartire dalla propria intima natura, dai valori fondanti sia dell’azienda nel suo complesso, che della marca nello specifico. Le piattaforme social avevano già spinto sul terreno della trasparenza e del dialogo, la crisi sanitaria e quella economica ad essa conseguente, rafforzeranno l’aspetto identitario del brand, con ancoraggi ancora più importanti a valori come etica, trasparenza, sostenibilità, (com)passione. Tutti elementi che trovano un’ideale articolazione attraverso contenuti, narrazione, condivisione, dialogo, e tutti attuati con sistematicità e continuità. Un ingaggio profondo da attuare con la marca attraverso strategie di branded entertainment, branded content, stories, da preferire ad una strumentazione più tattica come quella che ha dominato la storia del rapporto utente/marca nel recente passato.