Interviste

Nessuno ci ‘pettina’ bene come l’evento. Finzi (AstraRicerche): "E' il mezzo che continua a creare le memorie personali più durature e collegabili ai brand"

Multisensoriale, esperienziale, lavora sulla qualità del messaggio, sebbene si rivolga a un target numericamente inferiore rispetto a quello della comunicazione classica. Sul numero speciale per i 20 anni della rivista e20, ripercorriamo l’evoluzione del mezzo nelle ultime due decadi, mettendone in luce i cambiamenti più rilevanti.

Non c’è nessun mezzo che crei una memoria rilevante nel lungo periodo quanto l’evento. Multisensoriale, esperienziale, lavora sulla qualità del messaggio, sebbene si rivolga a un target numericamente inferiore rispetto a quello della comunicazione classica.

Sul numero speciale dei 20 anni, la  rivista e20 ha ripercorso insieme a Cosimo Finzi (in foto), direttore AstraRicerche, che da 18 anni realizza per ADC Group il ‘Monitor degli Eventi e della Live Communication in Italia’, l’evoluzione del mezzo nelle ultime due decadi, mettendo in luce i cambiamenti più rilevanti: incremento delle professionalità specializzate e delle competenze, avvento della digitalizzazione, crescente attenzione alla sostenibilità - con tutte le controversie che il tema presenta -, crisi della creatività con rischio dell’effetto ‘già visto’, esigenza di condizioni economiche più favorevoli e di maggior cultura sull’evento in ambito aziendale. Con uno sguardo al futuro.

Come si sono evoluti gli eventi negli ultimi 20 anni?

Il tema di base ruota intorno all’inten- sità e alla qualità della comunicazione. Se è vero che la quantità di eventi realizzati era decisamente minore, oggi grazie al digitale gli eventi hanno la capacità di raggiungere un target molto più ampio. Non si parla più dell’evento fatto e finito nell’hic et nunc, nel qui e ora della location, ma, come emerge anche dai dati del Monitor, si parte già con il buzz pre-evento, per poi proseguire con la realizzazione dell’evento stesso - che coinvolge persone in presenza e non - e continuare con il rilancio social, le differite, le pillole post evento. Si verifica un effetto di ‘moltiplicazione’, per cui il digital assume una rilevanza gigantesca. Pensiamo, ad esempio, al Jova Beach Party: l’evento, le riprese tv, le condivisioni on line... Anche chi non c’è stato, è come quasi se l’avesse vissuto in prima persona.

Come è cambiato l’approccio delle agenzie agli eventi?

Se 20 anni fa si lavorava bene, ora ci sono agenzie che lavorano in modo eccellente su tutti gli aspetti del processo, ideativi, esecutivi, promozionali, per eventi di altissimo livello.

Se ci pensate, 20 anni fa c’erano tanti attori non qualificati che si proponevano come event maker. Si faceva la famosa battuta “Ho organizzato un matrimonio, quindi faccio eventi!”. Ecco, oggi qualche attore non qualificato c’è ancora, anche se molti meno. Il mondo degli eventi è diventato appetibile e questo ha spinto alcuni improvvisati che non si occupavano di eventi a inserirli nel ventaglio dei propri servizi e a lanciarsi in maniera caotica senza costruire team di qualità, senza rispettare le norme. Quindi, sicuramente c’è una maggior professionalizzazione, con qualche eccezione.

E come si è evoluto nel tempo il rap- porto tra aziende clienti e agenzie?

Uno dei temi principali di confronto, oggi, è quello che riguarda la digitalizzazione. La richiesta da parte delle aziende - già prima del Covid e accelerata dal Covid - di sfruttare il mondo del digitale è stata una spinta per le agenzie ad aumentare le proprie competenze. Tuttavia, non tutti gli aspetti funzionano come dovrebbero. Prima di tutto, l’aspetto strategico: alcune agenzie vengono criticate dalle aziende perché sembrano lavorare per stereotipi e luoghi comuni, proponendo idee trite e ritrite. Succede spesso anche quando si chiedono eventi sostenibili: si mettono sul tavolo tre o quattro dati banali e poco credibili. La banalizzazione del target e delle sue esigenze resta per certi versi un problema. Il secondo tema è quello della creatività: se guardiamo a questi 20 anni, non è cambiato molto. Da una parte c’è sempre il cliente che vuole fare voli pindarici mentre, dall’altra, quello frenato su tutto. Oltretutto, si aggiunge anche la questione del ‘già visto’: oggi c’è sempre meno la sensazione della ‘freschezza’ di un evento perché tante cose sono state fatte e raccontate, per cui è minore la percezione di novità. Ciò non accade solo nel mondo degli eventi ma, ciclicamente, anche nell’adv classico - un fenomeno marcato dopo il boom degli anni’80/’90 -. Si tratta di un calo fisiologico che va affrontato creando maggior cultura tra le aziende per comprendere il valore della creatività.

Qual è il vantaggio del medium Evento rispetto agli altri medium?

Facciamo una premessa, perché è fondamentale partire dal contesto: oggi l’attenzione continuativa è molto bassa, le persone sono distratte e guardano e ascoltano poco i messaggi. Un esempio evidente sono i dati sugli spot pubblicitari, che registrano un livello di ricordo piuttosto basso così come è raro che i fruitori rammentino il brand associato allo spot. Oltre, che scarso, il ricordo della comunicazione classica è piuttosto breve. Le ricerche di mercato dimostrano che se nel caso di un’attività digitale o televisiva, nelle primissime settimane l’impatto è buono, ma nel lungo periodo si rivela limitatissimo. Quindi, partendo dal presupposto che abbiamo a che fare con un consumatore distratto che memorizza poco e male confondendo concetti, prodotti e brand, sappiamo che quando facciamo un evento la situazione è completamente differente. Se l’evento è fatto bene in tutta la sua multisensorialità, il ricordo personale è molto più qualificato, più duraturo e molto più legato al brand. In sintesi, la qualità della comunicazione cambia significativamente ed è nettamente superiore, sebbene il target raggiunto sia numericamente inferiore.

Cosa c’è da aspettarci per il futuro?

Anche qui è necessario partire dal macro contesto. Dobbiamo pensare che in questi ultimi 20 anni abbiamo attraversato fasi molto critiche, dalla crisi del 2008 alla guerra in Ucraina passando per la pandemia, un caos a livello globale. E il mondo degli eventi e della comunicazione in generale è legato agli andamenti dell’economia mondiale. Nella speranza che le cose gradualmente vadano meglio, è necessario che, pian piano, le aziende si rendano conto che c’è bisogno di integrare sempre di più la parte digitale e di adv classica con la parte relazionale e fisica. Alcune forme tradizionali di comunicazione stanno perdendo efficacia e, soprattutto, le nuove generazioni sono poco attratte dalla tv, sono distratte e desiderano vivere esperienze fisiche vedendo, sentendo, toccando, discutendo e anche contestando. La comunicazione sarà sempre meno unidirezionale e sempre più basata sul confronto. Concludo, riprendendo un dato del Monitor 2022 che sottolinea come ci sia una forte voglia di tornare a fare eventi. La differenza sta nel modello, ora ce ne sono tanti: fisici, digitali, ibridi, ibridi con una piccola componente fisica... Forse, nel futuro, inizieremo a fare sempre di più mini eventi per i giovani e li ibrideremo con le nuove piattaforme come Twitch e affini. Un grande mix di approcci diversi per ottenere una maggior efficacia.

Serena Roberti