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Cannes 2017. Sorrell sul Festival: “Houston, abbiamo un problema!”
(Cannes – dal nostro inviato Tommaso Ridolfi) “Mi dispiace dirlo perché è come essere invitati a cena e criticare chi ci ospita – ha detto Sorrell durante la conferenza stampa rispondendo alla richiesta di un commento sull’affair Publicis –, ma in questo caso siamo noi, in parte e insieme ad altri, a pagare il conto. Lo abbiamo già detto lo scorso anno che Cannes aveva alcuni problemi e che questi andavano affrontati, domandandoci se il format fosse corretto, e se la location fosse quella giusta. Il Festival iniziato da Roger Hatchuel era decisamente europeo fin quando non sono arrivati gli anglosassoni e gli americani trasformandolo in una conferenza globale. Ora Asia, Africa, Medio Oriente, Europa dell’Est, sono tutte rappresentate. Sono, anzi, siamo tutti felici per il respiro che ha preso il Festival, che ci siano Leoni per la salute, per i ‘dati creativi’, che ci siano i Glass Lions e i Titanium Lions: tutto ciò va ammirato e rispettato perché definisce la creatività in un modo molto più moderno di quanto avrebbe potuto fare Don Draper se fosse stato qui.”
Detto questo, però, Sorrell sottolinea come il Festival sia diventato ‘troppo’: “Troppo costoso e troppo frenetico. Quanti delegati, giornalisti inclusi, hanno passato almeno un minuto all’interrno del Palais per vedere i lavori? Lo scorso anno noi avevamo qui a Cannes circa 1.000 delegati, quest’anno sono 500. Abbiamo ridotto il livello di partecipazione perché pensiamo che fra le sfide e le opportunità che questa industria sta fronteggiando, questa non sia l’atmosfera giusta e non sia l’approccio corretto”.
Boicottare il Festival è una soluzione?
“No, non credo un boicottaggio sia utile – replica Sorrell –. Per esempio non lo è stato nel caso di Google quando Havas Londra - senza fra l’altro che la sede centrale di Havas Group ne sapesse nulla - ha deciso di boicottare YouTube… Le persone di WPP – non posso parlare per quelle di Publicis – apprezzano Cannes e sono orgogliose di vincere un premio e salire sul palco a ritirarlo. Che sia un oro, un argento, un bronzo o anche una shortlist, se vincono ne sono orgogliosi perché sentono che il loro successo è giudicato come tale dai propri ‘pari’. Allo stesso modo anche ai cliente piace, e direi quasi che lo amano: molti di quelli che ho incontrato in questi giorni mi hanno raccontato di aver vinto questo o quel leone e che ne vorrebbero vincere di più. Boicottarlo, quindi, sarebbe come distruggerlo, e sarebbe sbagliato”.
"L’Advisory Board proposto dagli organizzatori, ha proseguito Sorrell, è un’ottima cosa e va applaudita perché significa ammettere che qualche problema c’è: “Qualsiasi organizzazione, comprese le nostre, sta attraversando una fase di cambiamento strutturale e tecnologico: Cannes non ne è esente. È un Festival importante, e celebrare la creatività è fondamentale per noi e per i clienti: ciò di cui non sono sicuro è che la location di Cannes, nel mese di giugno, sia davvero la migliore. Ci sono altri posti a New York, Londra, Parigi, Berlino o altrove - sono agnostico da questo punto di vista. Credo che possa essere fatto diversamente e che possa essere fatto meglio”.
Spostando il Festival, aggiunge Sorrell, si potrebbe attrarre un pubblico più ampio e più vario, fatto magari di più junior anziché di Ceo.
“Solo per fare degli esempi che conosco, ci sono un paio di location a New York: una si chiama The Shed [https://en.wikipedia.org/wiki/The_Shed_(Hudson_Yards)], è una sede congressuale da 450 milioni di dollari in fase di sviluppo e che sarà aperta fra qualche mese; un’altra possibilità è il centro culturale in fase di costruzione al World Trade Center…
Se pensassimo oggi per la prima volta a un’iniziativa come questa e a farla partire da zero, il Festival di Cannes o comunque una conference creativa di questo genere, dove la stabiliremmo? "Non credo che sceglieremmo Cannes - risponde Sorrell ai microfoni di ADVexpressTV - . Per qualcuno non è facile arrivare qui, ma è bello e ne vale la pena: pensando alla nostra industry, però, la Silicon Valley è importante, San Paolo è importante, Buenos Aires, Bangalore, Shangai, Pechino sono tutte importanti. Quindi, con tutto il rispetto per il fondatore del Festival (Roger Hatchuel: ndr), questa non sarebbe obbligatoriamente la sede che sceglieremmo”.