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Annamaria Testa: “Per essere creativi l’AI non basta. Oggi nel marketing serve una creatività autentica, fondata su conoscenza, contesto, empatia, dati e pensiero integrato. E sul coraggio di osare”
In un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale e da contenuti sempre più veloci e standardizzati, la creatività italiana deve ripartire da un concetto chiave: l’integrazione. A spiegarlo ad advexpress è Annamaria Testa, esperta di comunicazione e creatività, docente universitaria e saggista, durante una riflessione, condivisa con il pubblico radunato da Kantar in occasione della presentazione della ricerca Media Reactions (leggi news), che tocca il cuore stesso del pensiero innovativo.
“La parola fondamentale è integrazione,” afferma Testa, “bisogna bilanciare il pensiero logico-razionale con quello intuitivo. Il processo creativo funziona davvero solo quando queste due dimensioni dialogano tra loro.” Non è un caso che molte delle idee più efficaci e durature nascano da una profonda conoscenza del problema e del contesto: “Conoscere i consumatori, il mercato, i dati, è il primo passo. Solo così possiamo andare oltre e generare idee nuove, rilevanti e consistenti.”
Ma l’intuizione, da sola, non basta. È necessaria una verifica costante delle idee: “Un’intuizione, per diventare creativa, deve essere anche utile, efficace e appropriata. Deve funzionare nel tempo, magari cambiando le cose, consolidando una marca, generando valore reale.”
L’illusione creativa dell’IA
Nel cuore della nostra contemporaneità, però, si impone con forza il tema dell’intelligenza artificiale. “Oggi viviamo un’esposizione potente all’AI,” osserva Testa, “ma è il risultato di un processo iniziato nel secondo dopoguerra. Un percorso lungo, i cui effetti ora sono evidenti e pervasivi.”
L’AI, però, resta uno strumento. Straordinario, certo, ma pur sempre uno strumento. “Le sue potenzialità non sono ancora del tutto espresse, ma non possiamo aspettarci che sia l’AI a inventare il futuro per noi. Lavora su routine consolidate, su linguaggi stereotipati. Non ha esperienza del mondo. Non ha un corpo, non soffre, non spera, non si innamora.”
Il messaggio è chiaro: la responsabilità creativa resta tutta umana. “Solo noi possiamo definire gli obiettivi, le strategie, il purpose. Solo noi possiamo comprendere l’altro essere umano e costruire relazioni autentiche.”
Dove nasce la vera creatività?
Nell'universo mediatico contemporaneo dove l’attenzione è la nuova moneta, Testa lancia un avvertimento importante: “La capacità delle persone di prestare attenzione è diminuita drasticamente. Solo contenuti nuovi, utili, consistenti e rilevanti riusciranno a emergere. Il resto è rumore di fondo.”
La risposta, anche qui, parla di contesto, di ambiente, di cultura organizzativa. “La creatività nasce in ambienti favorevoli: luoghi dove si chiedono risultati ma si è aperti al nuovo, dove non vige il ‘si è sempre fatto così’.” Serve un clima che stimoli, legittimi e valorizzi le idee, dove le persone si sentano libere di esprimere se stesse.
Un esempio? “Nelle università americane, i momenti più creativi non accadono nelle aule o nei laboratori, ma nelle caffetterie. Quando studenti e professori si incontrano liberamente, scambiano idee, integrano competenze diverse.”
Il segreto è proprio qui: diversità e contaminazione. “Solo gruppi creativi eterogenei – per genere, cultura, formazione, tradizione – sono davvero in grado di generare idee autenticamente nuove.” E soprattutto, non temere il futuro. Annamaria Testa, in conclusione della chiacchierata, invita a guardare avanti senza timori, ma con consapevolezza: “La creatività non può nascere nella paura. Deve essere nutrita dalla libertà, dalla curiosità e dal desiderio di costruire qualcosa che prima non c’era. Ed è sempre, profondamente, umana.”
Davide Riva