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G.Martínez (Newlink): “Puntiamo sul mercato dell’Europa ‘Latina’ e sulla capacità di creare Engagement a tutti i livelli: corporativo, reputational, di brand. E sul growth engine dell’Experience Marketing”
«In questo mese e mezzo, dopo il lancio di Newlink Italia – esordisce Gustavo Martínez, Chief Growth Officer di Newlink Group –, quello su cui ci siamo concentrati è stato portare il nostro portfolio di prodotti globali e scalabili sul vostro mercato. EJ era principalmente e maggiormente un’agenzia di content marketing, pubblicità e advertising: noi stiamo integrando i nostri prodotti di People and Culture, di Reputation, Crisis e Issues Management, tutto il tema del Corporate Affairs, con l’obiettivo di avere la stessa capacità e profondità di portfolio che abbiamo in altri paesi, come Spagna, Messico e Stati Uniti.
Allo stesso tempo, insieme a Massimo Costa (presidente e ad di Newlink Italia) e al suo team, stiamo facendo un po' di scouting per far crescere la squadra dei talenti: stiamo cercando cioè di trovare in Italia nuovi talenti da far “innamorare” e far venire a lavorare con noi, e contemporaneamente di portare qui alcuni talenti da altre parti del mondo per lavorare su progetti specifici.
È stato un lavoro piuttosto intenso per prepararci al 2026, che sarà veramente l'anno della “creazione” di NewLink Italia».
Al momento del lancio avevate dichiarato obiettivi particolarmente ambiziosi, sia per l'Italia che a livello globale. A che punto siete della vostra roadmap?
«Diciamo che andiamo un po' controcorrente: forse è la follia o l'allegria dei pazzi, ma mentre tutto il mondo è un po' più “depresso”, noi invece siamo abbastanza ottimisti-realisti. Penso che la nostra capacità di capire i mercati latini più di altri network, più anglosassoni, ci dia un vantaggio competitivo insieme alla nostra agilità e al nostro essere un network indipendente.
A livello di Gruppo abbiamo un conto economico unico, quasi un concetto di cassa comune, e non abbiamo le problematiche più locali che in altri network sono molto più complicate e spesso legate alla troppa politica interna o alla troppa burocrazia – a discapito del business.
Quindi, diciamo, realisticamente ottimisti, con l'Italia soprattutto».
Una delle problematiche che mi sembra Newlink abbia superato grazie al suo approccio è quello, atavico, se possiamo dire così, dei silos e delle discipline….
«Giustissimo. La nostra religione si chiama engagement. Il nostro Santo Graal è quello di creare engagement per i nostri clienti a diversi livelli: corporativo, reputational, di brand. Quindi mettiamo tutto il nostro toolkit di programmi e la nostra strategia e la nostra metodologia di lavoro al servizio di questo obiettivo.
Zero silos, zero business unit in quel senso e, come dicevo, anche il ricavo è un ricavo comune.
Abbiamo imparato dagli errori, come dici tu, atavici, che sono stati fatti da alcune grandi sigle: ricordo che quando ero in una di queste passavo il 70% del mio tempo a discutere se un business doveva essere indirizzato a Londra, a Milano o a New York. Di chi era la responsabilità? A chi attribuire le revenue?
Tanto tempo e tanta fatica che oggi possiamo invece destinare interamente al cliente.
In realtà non vogliamo neppure crescere più di tanto in termini di numeri, perché vogliamo mantenere questo aspetto di atelier, di boutique, diciamo, per avere talenti senior che danno ai nostri clienti il miglior servizio possibile».
Insieme a Engagement, altra parola chiave della comunicazione di oggi è Experience. Come vi state muovendo su questo fronte a livello globale e anche a livello italiano?
«Non potrei essere più d'accordo! L'experience è una parte dell’engagement: oggi la gente non vuole che glielo raccontino, non vuole leggerlo, non vuole vederlo, vuole viverlo. E noi stiamo sperimentando una crescita dei concerti, degli eventi e di tutto questo, anche grazie alla divisione Lifestyle Experiential proprietaria che verremo a sviluppare anche qua in Italia.
Per noi è un business di altissimo livello: in primo luogo per la relazione con la marca; in secondo perché è una relazione diretta col consumatore o col cliente; e infine perché crea un'atmosfera che realmente ci interessa e che penso sarà uno dei growth engine dei prossimi anni».
Altro motore di crescita per Newlink sono e saranno le acquisizioni. Quali le novità da questo punto di vista?
«Sicuramente ci saranno molto presto novità che riguardano la Francia, il Portogallo e la Turchia, e qualcosa nel Middle East – regione molto importante specialmente per il B2B. E probabilmente ci saranno alcune altre acquisizioni o affiliations sulle quali stiamo lavorando nel Sud Est asiatico, ma questo succederà un po’ più avanti, a fine 2026 o inizio del 2027.
Non puntiamo ad avere “bandiere” dappertutto, ma la nostra priorità in questo momento è avere innanzitutto una presenza chiara in quella che io chiamo l'Europa che preferisco chiamare “Latina” piuttosto che “del Sud”».
Siete quindi in linea con il business plan presentato a ottobre che puntava al raddoppio dei ricavi – attualmente vicino ai 100 milioni di dollari – entro il 2030?
«Assolutamente. Stiamo crescendo correttamente a livello di revenue e di tutto il resto. Soprattutto, quello che vogliamo avere è talenti, e uso le nostre parole, “uber engaged” rispetto ai nostri obiettivi. Teniamo più al talento che al volume, e a mantenere sempre il focus sul cliente che ci contraddistingue».

