Advertising
Speciale Cannes. J.M Dru: piccolo è bello, grande è meglio
(Dal nostro inviato a Cannes, Tommaso Ridolfi). In nessun altro
luogo, come a Cannes, si celebra la creatività, mostrandone l'evoluzione. Si è
aperto con queste parole il seminario 'The Beauty of Big' tenuto oggi
da Jean Marie Dru (nella foto), chairman di
TBWA\Worldwide. Dru frequenta il Festival, dove è stato
presidente di giuria due volte, nel 1982 e nel 1998, da 36 anni. Ma non si è
ancora stancato, perché, sostiene, "Quanto abbiamo visto negli ultimi anni
dimostra che l'advertising 'sicuro' e ripetitivo non esiste più, e questa è la
migliore notizia per i creativi".
I Grand Prix a Procter & Gamble e Unilever del 2007, i premi agli advertiser of the year, il fatto che negli ultimi anni a vincere sono state 85 volte su 100 grandi agenzie e grandi marche "Non è una coincidenza, ma un fatto estremamente significativo – ha detto ancora Dru –. Alcuni grandi brand hanno infatti capito che il loro consumatore è cambiato, e che devono rivolgersi a dei giovani che conoscono perfettamente tutti i meccanismi del marketing. Di conseguenza, hanno cominciato a chiedere alle agenzie un pensiero strategico molto più innovativo che in passato. E naturalmente grandi idee creative e che possano essere implementate sull'intero spettro di mezzi e canali a disposizione".
Citando casi come Nissan, Apple o adidas, Dru legge in tutto ciò due effetti principali: "Il primo è che anche il management di queste aziende ha cominciato a esprimersi utilizzando il nostro vocabolario". 'Think Different' o 'Impossibile is nothing' , per esempio, da headline e rappresentazione dei valori dei rispettivi brand, sono diventate qualcosa di più, la piena e concreta espressione delle stesse aziende. "Il secondo effetto – ha proseguito – è che oggi ci sono permesse centinaia di esecuzioni che fino a qualche anno fa sarebbero state impensabili: basta citare il caso del sangue degli All Blacks neozelandesi mischiato all'inchiostro con cui sono stati stampati i manifesti adidas".
Un ulteriore dato di fatto è che più è grande l'idea, più è forte il brand, anche sui nuovi media digitali. "Il web è testimone di un interessante paradosso: è il luogo in cui le marche più forti sono le più criticate, ma è anche il media dove senza quegli stessi 'big brand' non ci sarebbero i numeri che registriamo oggi". E di nuovo Dru ha citato i casi di Nissan Quashquai, il cui sito ha registrato 14 milioni di visitatori nelle settimane prima del lancio ufficiale, o i 26 milioni di quello creato per il lancio del videogame per Sony Playstation 'Shadow of the Colossus' (la cui campagna andava in realtà molto al di là del solo online).
"Questi numeri testimoniano che i brand si stanno a loro volta trasformando in media – ha proseguito Dru –. Ma hanno bisogno di forti contenuti editoriali che solo i più grandi di loro possono permettersi: perché quei contenuti costano molto, e solo i più forti possono garantirne al tempo stesso la quantità e la qualità".
Un'altra caratteristica dei brand più innovativi è la loro capacità di adattarsi: "Steve Jobs – racconta Dru – ha definito Apple 'la più grande delle piccole imprese'. E lo dimostra nella pratica, come leader in un mercato (quello dei download musicali, con iTunes), e outsider in un altro (il Mac ha raddoppiato la sua quota di mercato in quattro anni)".
Più importante di tutti, infine, è anche secondo Dru il fatto che la comunicazione abbia intrapreso una nuova strada la responsabilità, la trasparenza, la sostenibilità o comunque la si voglia chiamare. "In Francia, MacDonald's spende il 20% del proprio budget per campagne corporate proprio su questi temi, con il risultato che l'immagine della catena come posto di lavoro si è trasformata, arrivando ai primi posti per valori come la sicurezza e l'appetibilità".
Dru ha successivamente mostrato un film virale prodotto da Pampers per promuovere la sua iniziativa a favore del vaccino antitetanico nei paesi più poveri dell'Africa. Quando a differenza delle campagne mostrate in precedenza, dalla platea non si è levato alcun applauso, il chairman di TBWA ha interpretato la cosa come dimostrazione del cinismo che molto spesso circonda questo genere di campagne: "Eppure funzionano, e ci insegnano una cosa straordinaria, che le mamme preferiscono comprare un vaccino piuttosto che ricevere un buono sconto! E' anche questo un completo ribaltamento di prospettiva".
Come i brand, anche la 'charity' si sta a tutti gli effetti trasformando in un media: "E' un tema che riguarda il mass market e, di nuovo, anche in questo caso è un terreno molto più fertile per i grandi brand. I grandi leader di queste market non pensano più in termini di quote di mercato, ma di quote di futuro". Grazie a loro, ha concluso Dru, la parola 'big' è tornata ad assumere un significato positivo: "Ciò non toglie che, ovviamente, tutti noi dovremo cambiare. E' ovviamente sappiamo di vivere in tempi difficili. Ma quella che stiamo attraversando è la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova. Sono ottimista come sono sempre stato, e resto convinto che il meglio debba ancora venire".