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Speciale Cannes. Mediaedge:cia: non sprecare soldi nelle sponsorizzazioni
(Cannes) Gli investimenti in sponsorizzazioni sono cresciuti
del 31% negli ultimi 5 anni, per un totale di oltre 33 miliardi di dollari spesi
nella sola acquisizione di diritti. A questa cifra va aggiunta una quota di
budget - non stimabile - destinata all'attivazione delle campagne, senza la
quale la sponsorizzazione rischia di essere completamente inutile.
Jeremy Clark, managing director Emea, e Julian
Yeomans, managing partner di Mediaedge:cia
Sponsorship, hanno spiegato quali sono i principali problemi
che chi vuole investire in questo settore senza sprecare il proprio budget si
trova ad affrontare.
"Il primo handicap – ha detto Clark – e' la mancanza di planning strategico:
circva il 40% delle decisioni sulle sponsorizzazioni sono prese direttamente dai
board aziendali, e il 35% dai responsabili marketing o relazioni pubbliche. Ma
questo non vuol dire che tali scelte siano sempre corrette.
"Spesso,
inoltre, non sono chiari gli obiettivi che con la sponsorizzazione ci si propone
di raggiungere, e di conseguenza si scelgono le piattaforme sbagliate (cosa che
avviene in particolare nell'ambito sportivo). Ci si lascia facilmente abbagliare
dalle stelle e si rischia cosi' di pagare oltre ogni ragionevole misura i
diritti (negli ultimi anni lo sviluppo degli intermediari ha letteralmente fatto
lievitare i costi), senza peraltro che si faccia attenzione ad acquisire quelli
realmente importanti. E' infatti diffusa fra molti marketer la convinzione che
il semplice acquisto dei diritti sia di per se' una soluzione: ma si dimentica
che altrettantio fondamentale e' destinare una quota dell'investimento (anche se
per quantificarla e' necessario distinguere di caso in caso) alle campagne di
attivazione dei consumatori attraverso tutti i media e canali. La
sponsorizzazione non puo' vivere isolata, e per sua stessa natura deve essere
integrata con tutte le altre discipline". Altro punto caldo, ha proseguito
Clark, e' la scarsa focalizzazione sul ROI: "Chi investe in sponsorizzazioni
continua ad attendersi un generico riflesso in termini di immagine sul brand, ma
non misura quasi mai i ritorni effettivi sulla base degli obiettivi stabiliti".
Quali dunque le linee guida suggerite da Clark per non sprecare i propri
soldi? "La comunicazione oggi ci insegna che l'obiettivo e' sempre di piu'
l'engagement del consumatore: la sponsorizzazione puo' benissimo assolvere
questo compito sfruttando le passioni delle persone. Fa parte quindi di quella
ristretta cerchia di discipline che possono far si' che il brand sia inseguito
dal consumatore anziche' doverlo inseguire, e' parte dell'emotional marketing
anziche' del vecchio modello di interruption marketing. Proprio per questo,
pero', i brand devono imparare ad applicare alla sponsorizzazione lo stesso
rigoroso pensiero strategico che adoperano per ogni altra tecnica.
Devono
capire il ruolo della sponsorizzazione nel loro mix di marketing, Studiare a
fondo le loro audience. Analizzare e valutare ogni potenziale impatto delle loro
scelte, assicurandosi, per quanto sembri banale dirlo, che queste siano
realmente rilevanti con i propri brand" A questo proposito Clark ha citato
alcuni casi "sbagliati": lo streaker brandizzato Vodafone che ha interrotto un
match di Rugby fra Australia e Nuova Zelanda che si e' pero' trasformato in un
boomerang mediatico; l'abbinamento di Philips con il navigatore
Pete Goss, risoltosi in un naufragio; o il contratto da 4
milioni di sterline fra ASDA e il calciatore Wayne
Rooney agli scorsi Mondiali di Calcio, durante i quali la star piu'
attesa del football inglese si e' infortunata e ha giocato solo pochissimi
minuti.
Julian Yeomans ha illustrato invece una serie di
case history che, al contrario, hanno avuto successo proprio perche' hanno
saputo seguire correttamente i principi alla base della sponsorizzazione.
Partendo da Ferrari, il marchio piu' aspirazionale al mondo, una piattaforma
ultra-efficace che offre a brand come Vodafone o Marlboro una platea mondiale e
appassionata, che dura per quasi tutto l'anno.
Significativo ed emblematico e' anche l'abbinamento fra Visa e Olimpiadi, che dura da oltre 20 anni: "Sulla sua base sono state costruite numerose campagne di attivazione capaci di evolversi nel tempo, e ha dimostrato di funzionare a livello locale, nazionale e globale - ha detto Yeomans – per esempio attraverso i Team Visa, le squadre di atleti sponsorizzate in ogni disciplina".
Altri casi citati riguardavano gli "Unexpected Concerts" organizzati da Sony Ericcson in Spagna, attraverso operazioni di street marketing, guerrilla, viral e altro il target giovanile e' stato convocato per un grande concerto a sorpresa, e la "Dr. Pepper Band in a Bubble": nel cuore di New York e' stato costruito un vero e proprio studio di registrazione dove un gruppo ha trascorso diverse settimane per realizzare un album. Il tutto e' stato comunicato attraverso web, blog, social networking, mobile e in store: grazie alla collaborazione con i grandi magazzini Wal-Mart, infatti, a ogni acquisto effettuato i consumatori ricevevano punti da "spendere" per accedere a livelli online sempre piu' approfonditi. "E' un processo impegnativo e complesso, che richiede la cooperazione di piu' agenzie – ha concluso Yeomans – ma l'integrazione e' la chiave del successo, ed e' essenziale che i brand costruiscano campagne sostenibili sul lungo periodo".
Tommaso Ridolfi