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Italians do it better. Ghelardi/Siani/Sperti/Bucci (Serviceplan Group): “If we do it our way, we do it better”

Dalla sua nascita, 12 anni fa, a oggi il Gruppo Serviceplan è cresciuto identificando manager che grazie alle loro competenze sono capaci di costruire un piano di comunicazione integrato, ma anche di realizzare qualcosa di proprio all’interno di un ecosistema. Per fare ciò è necessario non solo avere forti capacità consulenziali, ma anche sapere aprire porte e condividere con gli altri partner il proprio sapere.

Il Gruppo Serviceplan è evoluto nel tempo identificando manager dotati delle abilità necessarie allo sviluppo di un piano di comunicazione integrato e desiderosi di costruire qualcosa di proprio all’interno di un sistema organizzato. “Oggi, in Italia siamo 10 partner che curano ognuno la propria ‘azienda’ e che, allo stesso tempo, sanno che solo mettendo a disposizione i propri talenti ai colleghi che si occupano di altre specializzazioni, riusciranno tutti insieme a essere più forti e convincenti.

Questa è la parte più importante, direi, del nostro percorso evolutivo all’interno della House of Communication di via Roncaglia a Milano, la nostra sede, ma anche il concetto che guida il nostro modo di lavora- re”. Con queste parole esordisce Giovanni Ghelardi, partner & ceo Serviceplan Group, intervistato insieme a Stefania Siani, partner, ceo & cco, Fabio Sperti, partner & cfo Serviceplan Group Italia e Vittorio Bucci, partner & ceo Mediaplus Italia. Un Gruppo che vede nella condivisione di expertise e nell’equilibrio fra visione strategica globale e conoscenza dei mercati locali due dei suoi punti di forza. “Nel caso di Serviceplan Group - precisa Gheraldi -, la scelta, apparentemente divisiva, di evolversi sulla base di un modello imprenditoriale dove ogni manager è allo stesso tempo azionista del proprio business, fa sì che lo spirito che anima il Gruppo sia fortemente orientato al risultato. Ognuno dei leader è consapevole che essere un Gruppo più forte e più internazionale è fondamentale quanto la tensione che ognuno di noi mette in ciò che produce individualmente e localmente”.

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Ora passiamo al tema dell’inchiesta: gli italiani lo fanno davvero meglio?

(Siani) In controtendenza rispetto alle narrazioni decliniste, ciò che gli italiani fanno meglio è a mio avviso parte integrante del successo del brand ‘made in Italy’ nel mondo: adattamento e innovazione. I nostri brand, vere reason to believe del Made in Italy, si sono adattati ai cambia- menti globali mostrando una capacità di competere senza precedenti. Anche in comunicazione è fondamentale sostenerne il posizionamento puntando sulla nostra autentica e profonda connessione con la bellezza, e su una storia millenaria di arte e design proprietaria. Come direttore creativo e come membro dell’adci constato che il meglio lo otteniamo quando ‘facciamo a modo nostro’.

The Italian Way’: questa è la strada da perseguire. Come i nostri prodotti anche i nostri creativi sono fenomeni da esportazione: la miglior agenzia al mondo secondo Cannes è guidata dall’italiano Marco Venturelli, a capo del dipartimento creativo di uno dei brand più creativi al mondo c’è l’Italiano Carlo Cavallone. Quanto alle agenzie italiane che si misurano con benchmark internazionali possiamo e dobbiamo affermare ‘if we do it our way, we do it better’. Genio, passione, talento sono tratti della nostra storia da affermare sempre meglio e di più anche in advertising, partendo dalla cultura dell’eccellenza e iniziando a lavorarci gIà nelle scuole di alta specializzazione. Il nostro rinascimento ripartirà da lì. Dalla cultura di un ‘Made in Italy’ nell’advertising presso le nuove generazioni di talenti creativi.

 

In termini di risorse umane come è organizzata la vostra struttura?

(Sperti) All’interno del gruppo, convivono figure altamente specializzate, con competenze verticali pensate per rispondere alle esigenze specifiche delle singole società, e ruoli cross-company che facilitanola collaborazione tra diverse entità e aree aziendali. Questo modello ci permette di mantenere un focus mirato sul business di ogni agenzia, cogliendo, al tempo stesso, opportunità evolutive, grazie a un approccio sinergico e a una visione olistica delle esigenze dei nostri interlocutori.

Per quanto riguarda la ricerca di profili professionali, il candidato ideale deve soddisfare un duplice bisogno. Da un lato, attribuiamo grande valore alle hard skills, fondamentali per affrontare le sfide tecniche specifiche di ogni area di business; dall’altro, emerge con forza l’importanza del fit con i valori dell’azienda. Siamo fermamente convinti che il successo delle nostre iniziative non dipenda esclusivamente dalle competenze tecniche, ma anche dalla capacità di lavorare in team, gestire attività complesse e collaborare in modo efficace con colleghi di discipline diverse o di altre agenzie, per portare a termine progetti condivisi.

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Quanto comunicazione e creatività sono centrali per far crescere concretamente il business delle aziende? (Bucci) In un’epoca caratterizzata dalla riduzione perpetua della soglia di attenzione e dall’iperproliferazione dei messaggi, la buona comunicazione è il solo antidoto per ancorare i valori distintivi del brand al target di riferimento e produrre concreti risultati di business. Le opportunità sono molteplici e, fino a poco tempo fa, inimmaginabili. Il digitale è il paradiso degli specialisti del marketing di precisione e dei maniaci della misurazione.

Il Roas non è più una chimera e anche gli attributi di brand sono facilmente prevedibili e monitorabili. Tutto facile, dunque? No, c’è un rischio, insito in questo paradiso: lo schiacciamento verso una logica di breve periodo che satura velocemente la domanda e rende il brand sostituibile perché povero di valore intrinseco e di legami emozionali. Non esiste un antidoto, non in un modello così saturo di short-termismo, ma è nostro dovere non cedere, specie lato creatività (elemento detonatore dell’efficacia della comunicazione) all’algoritmo imperante.