Editoriale

Editoriale. Gervasi (Protagora): Colosseo vendesi

In questo intervento su ADVexpress Enrico Gervasi, fondatore della società di consulenza  Istituto Protagora, prendendo spunto dai risultati ottenuti dall'Italia a Cannes 2012, amplia la sua riflessione al sistema della creatività italiana, alle strategie di pianificazione ormai radicate da decenni  e agli schemi difficili da eliminare. "Ho letto con gioia la decisa presa di posizione del Presidente dell’UPA Sassoli contro i Diritti di Negoziazione, che non solo falsano  l’attendibilità del rapporto cliente-agenzia-editore, ma sono all’origine di questo male oscuro rappresentato dall’eccesso di TV, che banalizza la nostra creazione pubblicitaria".
Pubblichiamo su ADVexpress questo intervento di Enrico Gervasi, fondatore della società di consulenza  Istituto Protagora, che, prendendo spunto dai risultati ottenuti dall'Italia a Cannes 2012, amplia la sua riflessione al sistema della creatività italiana, alle strategie di pianificazione ormai radicate da decenni  e agli schemi difficili da eliminare.


Due mesi fa è caduta la sentenza di Cannes.

L’Italia ha vinto 18 Leoni.

Subito un coro festoso: “Quest’anno siamo stati promossi. La tendenza si inverte”.

Tutti contenti, anche quelle aziende, sempre meno numerose in realtà, che si ostinano a vedere il Festival di Cannes, non come una misura della qualità della pubblicità (quindi dell’efficacia ed in ultima analisi del R.O.I.), ma solo come una costosa saga creativa (cosa che, per altro, pure è).

Poi si alza qualche opinionista che fa notare (giustamente) che siamo assenti con le aziende e nei settori che pesano. Quindi vinciamo premi che, tutto sommato, pesano meno.

Qualcun altro sottolinea che proprio nel settore dove il sistema Italia si ostina (unico fra i paesi cosiddetti evoluti) a spendere di più - la TV - raccogliamo meno.

E in questo si conferma una tendenza ventennale.

Fatti salvi i fakes, un paio di campagne onlus e no-profit, e tre eccezioni, non abbiamo vinto niente nella categoria TV in 20 anni.

Alcuni 'grandi' creativi nostrani, che si sono fatti una reputazione di 'guru' con costosissime produzioni TV, non hanno mai vinto nulla o quasi nulla a Cannes.

Questa ultima constatazione ridarà materia di chiacchiericcio al solito anonimo blog di pseudonimi. Premetto che non risponderò.

E’ interessante constatare che probabilmente c’è una correlazione tra la visione TV centrica del mercato pubblicitario italiano (tempo fa, un centro media ha addirittura teorizzato la TV, come investimento rifugio per tempi di crisi!) e la nostra nullità creativa proprio in TV. In realtà quel centro media e gran parte degli operatori hanno dimenticato che una BUONA campagna deve SEMPRE essere multimediale. Questa verità, che ha almeno 60 anni, è ancora più vera nell’era di internet.

L’Istituto Protagora ha condotto uno studio approfondito per dimostrare queste correlazioni. Lo studio sarà ufficializzato in occasione di un convegno, nei prossimi mesi.

Mi permetto una sola anticipazione: quasi sempre il comunicato radio, il manifesto e altri tipi di comunicazione non TV, sono “brieffati” e giudicati da una cerchia limitata di attori - Dir. Marketing - Account - Dir. Creativo, oppure Titolare e Creativo.

Quando c’è di mezzo la TV, tutti i livelli, dallo Stagista all’Amministratore Delegato, sono tenuti a dire la loro. Nelle aziende padronali partecipano al coro consorti, figlie (i), amanti, che qualche volta trovano anche posto nell’organigramma.

Il risultato è confusionario, arbitrario e poco professionale.

Per portare ordine, da una trentina d’anni è stata imposta la dittatura dei test (pre e post) di vario tipo, con la conseguenza di segare originalità e ogni forma di asperità. Ne risultano campagne ovvie e ripetitive.

Questa è una parziale spiegazione alla osservazione di Salvatore Sagone, presidente e direttore responsabile ADC Group, sull’assenza delle aziende che contano nel palmares di Cannes (leggi news)

Ovviamente non può essere tutta colpa delle aziende utenti. Ho citato una delle tante ragioni che vedono nell’eccesso di cultura TV in Italia, una causa della nostra minore (e mancata) creatività.

L’eccesso di TV è causa o effetto dell’impoverimento culturale? Probabilmente l’uno e l’altro.

Comunque la nostra crisi di creatività nasce e si alimenta da un sistema che non la favorisce.

La scuola e l’insegnamento in generale non preparano ad essere creativi.

L’azienda promuove di più e meglio chi dimostra di essere omologato al sistema e alla cultura aziendale, piuttosto che una mentalità più creativa e, a fortiori, più originale, ma anche più ribelle e creatrice di problemi.

Tutto il nostro sistema paese tende a premiare la furbizia e a penalizzare il coraggio... “ma chi te lo fa fare?”

A tal punto che la furbizia ed una certa ingegnosità stracciona sono diventati sinonimo di creatività.

Siamo talmente assuefatti a pensare che un contaballe venditore di Colosseo sia un esempio di creatività, che siamo stati, in maggioranza, convinti che un esponente di questa categoria possa e debba rappresentarci e governarci.

Forse, noi italiani ritorneremo ad essere creativi quando smetteremo di pensare di esserlo per grazia genetica o perché qualche italiano lo fu cinque secoli fa. Quando smetteremo di pensare che, anche se siamo disorganizzati, confusionari, inefficienti, in mano alle mafie, Guelfi e Ghibellini, prima o poi riusciamo a tirare fuori un coniglio dal cilindro. Quando smetteremo di pensare che basti essere una eccellenza nel design (storia finita da una ventina d’anni) o nella moda (ogni anno in leggero declino e in fuga dall’Italia).

Forse ritorneremo ad essere creativi quando incominceremo a pensare che i più qualificati indici di creatività siano, per esempio, il numero di brevetti (meno della metà della Francia ed un sesto della Germania), gli investimenti per la ricerca e la cultura, il numero di premi Nobel (3 su 232 negli ultimi 20 anni - gli ultimi due vinti dal dott. Mario R. Capecchi nel 2007 e dal prof. Riccardo Giacconi nel 2002, entrambi che lavoravano da sempre negli USA), oppure gli Oscar, le Palma d’Oro o i leoni di Venezia, per non parlare dei libri letti e venduti.

Sicuramente la non creatività in pubblicità è clamorosa, ma non è eccezione al sistema Italia, né è una delle conseguenze.

Quindi non si può fare niente, perché è tutta colpa del sistema? La risposta è che si può fare tutto, perché il sistema siamo noi.

Certo, le nostre cattive abitudini, peggiorate e incialtronite nell’ultimo ventennio, saranno lunghe da sradicare. Ma possiamo farcela.

Incominciamo anche nel nostro settore a riscoprire l’etica e l’estetica dell’intelligenza e del coraggio, a discapito della furbizia e dello scaricabarilismo.

Per esempio, mettiamo al bando la cattiva abitudine dei troppi (non tutti) direttori creativi che hanno stabilito una rapporto complice con troppe (non tutte) case di produzione. Un rapporto fatto di regalie, ma anche di piaceri, quali film girati, utilissimi in caso di gara; con il risultato di falsare le gare, già impostate e condotte malissimo, e di contrarre debiti con le case di produzione che saranno pagati dagli altri clienti dell’agenzia.

A proposito di corruzione anche tra i soggetti privati, l’Italia sarà costretta a seguire la normativa europea. In altri termini, sanzioni penali contro stecche (e assimilati) anche tra privati.

Forse vedremo finalmente scomparire “l’indispensabile” spreco di volantini e depliants.

Ho letto con gioia la decisa presa di posizione del Presidente dell’UPA Sassoli contro i Diritti di Negoziazione (guarda il video su ADVexpressTV) che io preferisco chiamare “Overcommission”. Non solo falsano completamente l’attendibilità del rapporto cliente-agenzia-editore, ma sono all’origine di questo male oscuro rappresentato dall’eccesso di TV, che banalizza la nostra creazione pubblicitaria. Ma la lodevole presa di posizione del Presidente Sassoli e anche una eventuale legge contro tutte le forme di overcommission (tipo la legge Sapin che in Francia esiste da circa ventanni), potranno poco se la maggioranza degli operatori del settore non incomincerà a prendere una posizione forte e chiara contro queste pratiche.

Solo allora, ricominceremo ad avere il coraggio dell’eccellenza e smetteremo di pensare d’essere creativi solo perché troviamo un allocco a cui piazzare il Colosseo.


Enrico Gervasi