Editoriale
Editoriale/ La fusione tra Omnicom e Publicis cambia il futuro dell'advertising, sempre più media driven
La nascita di Publicis Omnicom Group può trarre origine da un mercato sempre più fondato dalla forza del media e delle ricerche, con buona pace della creatività sempre più percepita come una commodity. Delle sei grandi holding è ipotizzabile che ne rimangano solo tre.

Parliamo di due mondi che sembravano lontanissimi per cultura e approccio al mercato. Il primo vero e proprio simbolo della superpotenza dell'advertisng mondiale, orgogliosamente made in USA, il secondo pur caratterizzato da un'anima e una guidata profondamente francese, molto aperto ai mercati emergenti e all'approccio moderno alla pubblicità (basti vedere le numerosi, recenti acquisizioni in ambito digital).
Sono diverse le domande che gli operatori e gli analisti internazionali si pongono: perché questo merger, da quali esigenze nasce, con quali finalità, e come cambierà il mercato globale della comunicazione? Al di là delle dichiarazioni ufficiali che parlano di una scelta motivata dalla necessità di dare un più ampio, articolato e capillare servizio ai tanti clienti in portafoglio con un conseguente saving valutato intorno ai 500 milioni di dollari (leggi news) altre possono essere le più profonde motivazioni.
Per avere forse un'idea più chiara, e ottenere quindi qualche risposta, la regola è sempre la stessa: seguire il flusso del denaro. Se guardiamo al mercato dell'advertising vediamo che la cassaforte è costituita dalle agenzie media. Da loro transita la stragrande maggiorana degli investimenti in comunicazione, sono loro che fanno stare in piedi il sistema e dettano le regole del gioco con buona pace delle agenzie creative che, non sono io a dirlo ma è opinione sempre più diffusa, offrono un prodotto sempre più percepito come una commodity.
Certo, il digitale fa registrare una crescita tumultuosa ma anche in questo caso si passa sempre dalla cassa, le agenzie media appunto. Forse non è un caso che, pochi giorni prima della notizia che oggi ci troviamo a commentare sia stato annunciato la nascita di un terzo network in casa Omnicom (leggi news). Servirà a creare ulteriore spazio per la neonata Publicis Omnicom Group? Come noto, l'anno scorso Publicis si era già portata avanti con la creazione di Spark, terza entità dopo Zenith Optimedia e Starcom Mediavest Group. Nel panorama delle grandi holding rimaneva Omnicom Media Group ad evere solo due sigle: OMD e PHD.
Altra area di grande dinamismo del mercato, dove si indirizzano investimenti sempre più consistenti, è costituita dall'area delle ricerche. Maurice Levy, patron di Publicis lo ha detto abbastanza chiaramente durante la conferenza stampa di domenica: l'esplosione dei big data significa nuovi servizi alle aziende che devono interpretarli per essere meglio allineati con i mutati cambiamenti delle abitudini di consumo.
Insomma, è il caso di dirlo, niente sarà come prima. Questo ultimo atto apre una nuova fase. Più di dieci anni fa, si diceva che di grandi holding ne sarebbero rimaste non più di cinque. Forse il numero potrebbe ridursi a tre, se non a due.
Siamo tutti in attesa di vedere, infatti, come reagirà l'ex numero uno, il colosso Wpp, scalzato nella classifica mondiale dalla nuova realtà Publicis Omicom Group che nel 2012 ha raccolto un fatturato
complessivo di 22,7 miliardi di dollari (fonte: Ad Age) contro i 16,5 del gruppo guidato da Martin Sorrell. E' proprio da Sorrell che il mercato si attende la prossima mossa. Chi lo conosce bene sa che non rimarrà con le mani in mano, sa che con il rivale d'oltre manica, Levy, c'è una competizione storica, accesissima. E allora? Sulla carta, ma solo sulla carta perché in questo caso il conflitto tra clienti è notevole, per riportarsi in testa si dovrebbe comprare il malconcio network Interpublic (fino a ieri quarta holding con 7 miliardi di dollari) che da tempo veniva dato nel mirino di altri gruppi, tra i quali la stessa Publicis.
Al momento, ovviamente, non è chiaro quali possano essere le sue mosse ma, in generale, è lecito pensare che IPG come Havas (sesta holding con 2,3 miliardi di dollari) non possano rimanere fuori da questa nuova era di fusioni. Come pure è da tenere sott'occhio il gigante giapponese Dentsu (quinta holding con 6,4 miliardi di dollari) che, come noto, ha recentemente acquisito Aegis Media, ulteriore cartina di tornasole del nostro assunto sul driver del media in questa fase. Sarà proprio Dentsu a sparigliare le carte mettendo a segno qualche altro colpo a sorpresa?
Comunque vada a finire lo scenario che si delinea va verso una ulteriore concentrazione e, a breve, credo che non mancheranno altri inaspettati colpi di scena.
Domanda finale: cosa succederà in Italia a fronte di quello che sta accadendo? Ancora presto per dirlo, ma se è vero che i manager locali sono stati colti quasi del tutto di sorpresa dalla notizia significa che il nostro paese, ex settima potenza mondiale dell'advertising, ha un ruolo sempre meno rilevante nello scacchiere mondiale.
Salvatore Sagone
Presidente ADC Group