Editoriale

Editoriale. McCann, Leo Burnett e Publicis. Il mercato alla ricerca di nuovi equilibri

La crisi morde ancora forte. Le due sigle del Gruppo Publicis, attraverso piani di licenziamento concordati con i sindacati, riducono gli occupati di 25 e 10 persone. In generale prevista anche la riduzione del numero degli uffici. Il sistema della comunicazione sarà in grado di intervenire in maniera incisiva per recuperare il valore perduto nei confronti dei servizi offerti?
Avremmo voluto aprire il nuovo anno con notizie più confortanti per quanto riguarda lo stato di salute del comparto della comunicazione e, più in particolare, delle agenzie di advertising. Purtroppo non è così. I fatti parlano chiaro, l’economia ancora stenta a ripartire, la disoccupazione è ai massimi storici, il potere d’acquisto degli italiani è al lumicino, gli investimenti pubblicitari, di conseguenza, sono ancora congelati.

Nel senso che sono sottozero: per la fine del 2013 Wpp proietta un -16/17% e Upa un -13%.

A poco è servito il rimbalzo tecnico nella parte finale dell’anno rispetto all’ultimo trimestre del 2012 chiuso a -21%. Negli ultimi tre anni, ricordiamo, si è perso circa il 40% del valore del mercato.

Per il 2014 le previsioni degli osservatori internazionali più accreditati per l’Italia non rilevano segnali concreti di 'disgelo': secondo l’istituto Magna Global (Interpublic) l’Europa tornerà in territorio positivo

(+2,1%) ma l’Italia, insieme al Portogallo, rimarrà al palo mentre cresceranno sia pure lievemente gli investimenti in Francia e Spagna.

Insomma, c’è poco di che stare allegri, anche per l'effetto inerziale della crisi. Come già accaduto in passato la ripresa degli investimenti segue di circa sei mesi la ripresa economica, ammesso che questa ci sia davvero.

Un contesto simile non può non avere un impatto pesante sulle strutture che offrono servizi. In primo luogo sulle agenzie di comunicazione. Soprattutto sui network internazionali che, fatte le dovute eccezioni, si fondano su un business model non più adeguato alle nuove condizioni di mercato e alle nuove esigenze dei clienti. La gara al ribasso della remunerazione, la conseguente ‘commodizzazione’ dei servizi offerti, creatività in primis, il ritardo nella digitalizzazione, sono solo alcune delle cause che, insieme alla crisi, hanno portato il settore a un impoverimento generalizzato del sistema.

Il tanto discusso caso McCann (vedi anche su ADVexpressTV la videointervista a Luca Lindner, presidente mondiale McCann Worldgroup) che, complice la perdita di Findus e la decisione di ritirarsi dal mercato europeo dell’auto di Chevrolet, ha avviato un piano di riduzione del personale di 40 unità rispetto alle 120 attualmente impiegate tra le sedi di Milano e Roma (leggi news del 9/12/2013), non è isolato nel panorama delle agenzie internazionali. Chi più e chi meno è già intervenuto in questo senso nel corso dell’anno appena concluso: è il caso di DraftFcb (ancora Interpublic) e di molte altre che, all'occorrenza si sono avvalse anche di ammortizzatori sociali quali la cassa integrazione come è il caso della pur virtuosa Havas.

Anche in casa Omnicom si è proceduto a una riduzione dell'organico. Per la perdita del budget below the line di Vodafone (inglobato nella unit Red Team messa in piedi da Wpp) la TBWA ha dovuto rinunciare a una decina di persone.

Dal gruppo Publicis arrivano le notizie più recenti. Per quanto concerne Leo Burnett, al centro di un profondo processo evolutivo, sarebbe in via di definizione un piano di licenziamento concordato con i sindacati: si parla di 25 dipendenti distribuiti tra le tre sedi di Milano, Torino e Roma, mentre per Publicis si tratterebbe invece di una decina di persone tra Milano e Roma. Il progetto più ampio per il Gruppo, che si è da poco fuso con Omnicom, sarebbe quello di ridurre il numero degli uffici delle diverse sigle creative e dei propri satelliti, soprattutto a Milano. Nel capoluogo lombardo tra Publicis, Saatchi & Saatchi e Leo Burnett gli uffici al momento occupati sono 13 (di cui 4 soltanto da Leo Burnett, Arc e BCube). L'obiettivo sarebbe quello di ridurli a 4, massimo 5. Insomma, verrebbe perseguito una riorganizzazione sullo stile GroupM che permetterebbe un consistente risparmio in termini di spese di affitto e di back office.

Il cost saving, in sé, non fa notizia se non fosse per il fatto che la voce di costo più rilevante per una società di servizi riguarda le risorse umane. Parliamo di questo argomento non per la ricerca di un inutile sensazionalismo, né per gettare la croce su nessuno. Quanto, piuttosto, per mostrare come la realtà sia dura per tutto il comparto che è alla ricerca di un piano anticrisi. E' anche questo uno degli obiettivi al cui raggiungimento deve lavorare il nuovo corso di Assocom, sotto la guida di Marco Testa.

Ci auguriamo che tutto il sistema riesca a fare fronte comune per rilanciare il sistema Italia nella scena competitiva globale.

Salvatore Sagone
Presidente ADC Group