Editoriale

Space Available Here. Il timore di giocare

Nella sua rubrica Pasquale Diaferia riflette sul digital game Mercedes -Benz Italia, sulle reazioni che ha sollevato presso le principali associazioni del settore e sul suo significato.  "Vogliamo provare a dire che si tratta di un tentativo, pubblico e non nascosto, di trovare alternative alle modalità di selezione di partner creativi e strategici? Non ho ancora sentito commenti della manager che ha promosso il contest, ma sembra evidente il desiderio di trovare forme alternative di selezione che permettano alle agenzie di mostrare, all’azienda ed agli altri colleghi in competizione, le proprie capacità, in modo così trasparente da esibire ogni passaggio del processo a tutti. Anche perché ormai è chiaro che la gara tradizionale non è il miglior sistema di selezione di un partner creativo".
Sarà che spesso mi trovo su posizioni minoritarie, perché non ho bisogno di stare con i più forti. Sarà che amo pensare con la mia testa, perché non sono interessato a seguire la corrente del fiume. Sarà che il mio core business è sfruttare le nicchie redditizie che gli altri lasciano libere, mentre si affannano su mercati dove regna la guerra di prezzo.

Sarò anche inguaribilmente fuori dai giochi. Ma anche stavolta ho trovato sinceramente esagerato l’attacco alla Mercedes-Benz Italia. La scorsa settimana ha proposto alle agenzie digitali italiane di partecipare ad una selezione del prossimo partner di comunicazione attraverso una formula sicuramente innovativa per il nostro mercato locale, un Business Game. Dietro al termine si cela una pratica utilizzata spesso nelle università americane per selezionare i migliori studenti, o nelle aziende per scremare i migliori stagisti.

La proposta, sicuramente originale, di applicare questo metodo alle agenzie di comunicazione digitale, avvenuta pubblicamente, attraverso annunci sui maggiori quotidiani della nostra industry, ha trovato l’immediato attacco da parte di molti dirigenti delle principali associazioni di categoria. Gli stessi che la scorsa settimana segnalavo come responsabili, con le loro politiche “informi” dello stato di prostrazione della nostra comunità, esattamente come la politica generalista ha fatto con il resto del paese. Un attacco, il loro, molto deciso e “puntuto”, legato a presunta mancanza di trasparenza ed alla richiesta di partecipare senza rimborso spese. Si teme che "tutto fosse già deciso e la nuova pratica solo un modo per nascondere pratiche umilianti nei confronti delle agenzie". I giorni scorsi il DG di UPA commenta che, dopo aver esaminato il bando: "per ora, in generale, non vi riscontro gravi scorrettezze".

A questo punto, è chiaro che non c'è nulla di grave in quel bando, e che nessuno ci avrebbe trovato niente di strano se non ci fosse stato l'assalto all'arma bianca di un paio di associazioni. Ma altrettanto onestamente mi tocca segnalare che non si ricordano prese di posizione così nette nei confronti dei tanti associati di quelle stesse organizzazioni che negli ultimi 15 anni hanno partecipato a gare non remunerate, o proponendosi con fee creativi tendenti al nulla, magari protagonisti di operazioni di dumping selvaggio (e conseguente sfruttamento reale di stagisti e giovani professionisti per potersi permettere di offrire, di propria iniziativa, remunerazioni insignificanti). Non ricordo nomi di agenzie o di professionisti messi così pubblicamente alla gogna come si sta facendo in queste ore per Mercedes. Piccola nota, la multinazionale tedesca in Italia ha sempre trattato le sue agenzie in modo chiaro, professionale, ben remunerato. Lo posso dire avendo anche collaborato, in passato, con la sede romana dell’azienda automobilistica tedesca e con manager diversi che si sono alternati nel tempo.

Vogliamo provare a dire che si tratta di un tentativo, pubblico e non nascosto, di trovare alternative alle modalità di selezione di partner creativi e strategici? Non ho ancora sentito commenti della manager che ha promosso il contest, ma sembra evidente il desiderio di trovare forme alternative di selezione che permettano alle agenzie di mostrare, all’azienda ed agli altri colleghi in competizione, le proprie capacità, in modo così trasparente da esibire ogni passaggio del processo a tutti. Anche perché ormai è chiaro che la gara tradizionale non è il miglior sistema di selezione di un partner creativo. Perfino ADCI, sotto la Presidenza Panzeri, fece una campagna chiedendo di superare questa pratica.

Personalmente lo sostengo anch'io da una ventina d'anni. Lo pratico da almeno undici anni, rifiutando le selezioni non remunerate. Negli ultimi tre, non ho partecipato definitivamente ad alcuna gara. Ed in questi anni, ha perso clienti che sono andati a lavorare con agenzie, spesso grandissime, che si sono offerte a fee creativo zero. Non ricordo prese di posizione da parte dei dirigenti delle associazioni di categoria a mio sostegno. Non ricordo parole di chiara condanna delle pratiche di queste grandi società, nonostante fossero loro associate.

Dunque non capisco perché questo improvviso accanimento nei confronti di chi propone una pratica nuova. Probabilmente migliorabile, come dice la Maggioni nella bella intervista a questo giornale (http://www.advexpress.it/interna.asp?sez=36&info=198923). Sicuramente da verificare, aggiungo io. Vedo lo stesso accanimento manifestato dagli stessi dirigenti nei confronti di nuove realtà del mercato, le piattaforme di crowdsourcing. Ma Merceds, come Zooppa nel suo settore, sono aziende private, libere, trasparenti e competitive, che si limitano a proporre nuovi modelli operativi all’interno di una situazione di sfacelo generata non da loro. Ma dalle agenzie che hanno fatto, e disfatto il mercato negli ultimi vent'anni.

Capisco che siano proprio i dirigenti della Milano “informe” che vogliano difendere le pratiche che hanno portato questa industria agli attuali livelli di depressione. Capisco che provare ad esaminare le posizioni nuove rappresenti il massimo del rischio. Capisco la necessità di attaccare frontalmente player di grande nome che potrebbero dare una svolta significativa alle pratiche del passato. E' infatti più rischioso provare a operare con regole nuove. Giocare significa mettersi in gioco: questa è pratica rischiosa per chi vuole mantenere posizioni dominanti.

Per fortuna io parlo da posizioni minoritarie. Per questo posso mettermi in gioco. Per questo posso domandare dove fossero tutti questi signori mentre il mercato sprofondava verso la remunerazione zero. Per questo posso chiedere cosa facessero mentre le “gare ammucchiata”, quelle sì non trasparenti e vecchio stile, venivano accettate dalle agenzie associate.

Certo, il mio è un gioco duro. Ma qualcuno lo deve pur fare.

(pasquale diaferia Twitter @pipiccola)