Editoriale
Space Available in WBF. Steve Wozniak: “Ero solo un ingegnere che voleva cambiare il mondo con i computer”
Questa settimana la rubrica di Pasquale Diaferia si trasferisce al World Business Forum in corso oggi e domani a Milano. "La provocazione si respira nell’aria, nel panel di questa edizione: da Steve Wozniak, il socio di Jobs, a Baumgartner, il saltatore dello spazio, da Oliver Stone, multi Oscar Winner fino all’economista Jacques Attali, un innovatore di fronte al quale davvero bisogna togliersi il cappello".
“Provocatori” è il titolo di questa edizione 2014 del WBF, nell’ormai tradizionale e meravigliosa sede di Fiera Milano City. La provocazione si respira nell’aria, nel panel di questa edizione: da Steve Wozniak (foto 2) il socio di Jobs, a Baumgartner, il saltatore dello spazio, da Oliver Stone, multi Oscar Winner fino all’economista Jacques Attali, un innovatore di fronte al quale davvero bisogna togliersi il cappello. La provocazione sta anche nell’aver privilegiato senza vergogna una poderosa pattuglia di blogger, sponsorizzati dalla solita agenzia rampante e pagante, lasciando i giornalisti in cantina a guardare un tv color con un audio neanche tanto accettabile. Nonostante questa discriminazione, che peraltro ha colpito solo giornalisti del digitale, visto che degli altri non c’era traccia, il team di twittatori non è riuscito a portare l’hastag #WBFMI più in alto del 5° posto tra i trend topic di giornata. Dimostrazione che i giornali, e quelli on line in particolare, ancora una superiorità, non solo in quantità ma anche in credibilità, riescono ad esprimere. (Nella foto 1 Pasquale Diaferia).
Per tornare a Wozniak, che ha aperto la Kermesse, si presenta sanamente imbolsito e gigioneggia guidato dalle domande di un giornalista e di un professore universitario. Istintivamente ci si domanda se il suo socio avrebbe mai accettato di essere spalleggiato, lui che era un grande eroe delle presentazioni di prodotto e degli OneManShow. E alla fine della relazione, quando il miliardario Wozniak si presta buono buono perfino al classico booksigning nella libreria allestita fuori dalla sala, ci si domanda legittimamente se il grande Jobs si sarebbe abbassato a queste performance commerciali.
Noi siamo convinti di no, ed infatti abbiamo sorriso quando Wozniak, serio serio, ad un certo punto dello speech ha detto: “Io ero solo un ingegnere che voleva cambiare il mondo con le sue macchine. Jobs, invece, voleva farci anche un po’ di soldi.” Al di là dell’apparente caricatura della coppia, viene fuori in pieno il rapporto tra il tecnico, l’uomo del progetto e della
realizzazione, ed il comunicatore, l’uomo di marketing votato al mercato, ma anche quello che è riuscito a trasformare prodotti di IT in capolavori di hardware design e di interactive design di interfaccia, quello che è riuscito a “portare agli umani quello che serviva,” ma loro non sapevano di desiderare, quello che, testuali parole dell’ingegnere, “aveva un’estetica da gioielleria.”
E gran parte della sessione di Q&A è stata dedicata proprio al ricordo del rapporto tra i due. “Steve era molto geloso dei prodotti, non usciva niente che non fosse approvato da lui.” . Che detto dall’ingegnere a cui si deve gran parte dell’innovazione tecnologica dice molto di chi fosse il traino della casa della Mela. “Steve aggiungeva valore ai prodotti, magari solo con l’uso di un materiale o con un dettaglio costruttivo mai realizzato prima.” Ma era un valore che non costava moltissimo di più all’utente finale, e che i consumatori
avrebbero riconosciuto come uno dei tratti affettivi più marcati della Brand Equity di Apple.
Solo nel finale, arriva la vera stoccata provocatoria, ancora più rivoluzionaria arrivando da un tecnico, da uno che da ragazzino aveva messo 28 chip da un dollaro nella sua prima macchina per videogiochi, realizzando un prodotto economico e superiore a quelli in commercio all’epoca. La domanda conclusiva richiedeva un consiglio a chi vuole cimentarsi oggi nell’innovazione incrementale. Wozny tira un sospiro prima di cominciare, come un nerd a cui stanno chiedendo uno sforzo sovrumano. Poi lascia andare tutto d’un fiato: “Ricordatevi sempre che l’etica è un valore personale. Io ho sempre amato essere leale e considerare tutti uguali. Ma l’etica aziendale è diversa: in azienda pur di sopravvivere si mente”.
Insomma, il paradosso è che l’affermazione che gli umani esistono, e che gli altri vanno rispettati anche quando si sta facendo innovazione, impresa e profitto, arriva proprio da un ingegnere. Esattamente da quello che da piccolo voleva cambiare il mondo con la sua tecnologia, e che il suo socio geniale negli affari ha fatto diventare immensamente ricco.
(pasquale diaferia tweetter @pipiccola)
Per tornare a Wozniak, che ha aperto la Kermesse, si presenta sanamente imbolsito e gigioneggia guidato dalle domande di un giornalista e di un professore universitario. Istintivamente ci si domanda se il suo socio avrebbe mai accettato di essere spalleggiato, lui che era un grande eroe delle presentazioni di prodotto e degli OneManShow. E alla fine della relazione, quando il miliardario Wozniak si presta buono buono perfino al classico booksigning nella libreria allestita fuori dalla sala, ci si domanda legittimamente se il grande Jobs si sarebbe abbassato a queste performance commerciali.
Noi siamo convinti di no, ed infatti abbiamo sorriso quando Wozniak, serio serio, ad un certo punto dello speech ha detto: “Io ero solo un ingegnere che voleva cambiare il mondo con le sue macchine. Jobs, invece, voleva farci anche un po’ di soldi.” Al di là dell’apparente caricatura della coppia, viene fuori in pieno il rapporto tra il tecnico, l’uomo del progetto e della
realizzazione, ed il comunicatore, l’uomo di marketing votato al mercato, ma anche quello che è riuscito a trasformare prodotti di IT in capolavori di hardware design e di interactive design di interfaccia, quello che è riuscito a “portare agli umani quello che serviva,” ma loro non sapevano di desiderare, quello che, testuali parole dell’ingegnere, “aveva un’estetica da gioielleria.”
E gran parte della sessione di Q&A è stata dedicata proprio al ricordo del rapporto tra i due. “Steve era molto geloso dei prodotti, non usciva niente che non fosse approvato da lui.” . Che detto dall’ingegnere a cui si deve gran parte dell’innovazione tecnologica dice molto di chi fosse il traino della casa della Mela. “Steve aggiungeva valore ai prodotti, magari solo con l’uso di un materiale o con un dettaglio costruttivo mai realizzato prima.” Ma era un valore che non costava moltissimo di più all’utente finale, e che i consumatori
avrebbero riconosciuto come uno dei tratti affettivi più marcati della Brand Equity di Apple.
Solo nel finale, arriva la vera stoccata provocatoria, ancora più rivoluzionaria arrivando da un tecnico, da uno che da ragazzino aveva messo 28 chip da un dollaro nella sua prima macchina per videogiochi, realizzando un prodotto economico e superiore a quelli in commercio all’epoca. La domanda conclusiva richiedeva un consiglio a chi vuole cimentarsi oggi nell’innovazione incrementale. Wozny tira un sospiro prima di cominciare, come un nerd a cui stanno chiedendo uno sforzo sovrumano. Poi lascia andare tutto d’un fiato: “Ricordatevi sempre che l’etica è un valore personale. Io ho sempre amato essere leale e considerare tutti uguali. Ma l’etica aziendale è diversa: in azienda pur di sopravvivere si mente”.
Insomma, il paradosso è che l’affermazione che gli umani esistono, e che gli altri vanno rispettati anche quando si sta facendo innovazione, impresa e profitto, arriva proprio da un ingegnere. Esattamente da quello che da piccolo voleva cambiare il mondo con la sua tecnologia, e che il suo socio geniale negli affari ha fatto diventare immensamente ricco.
(pasquale diaferia tweetter @pipiccola)