Digital
Iab Seminar/2. Puntare sul programmatic come driver di crescita del mercato digitale. Per costruire una data-strategy evoluta servono trasparenza, qualità e creatività coinvolgenti
Rendere l’acquisto di spazi pubblicitari più economico, efficiente e affidabile. È questo, in sintesi, l’obiettivo del programmatic advertising, inteso come quel processo automatizzato di acquisto e vendita di spazi pubblicitari digitali tramite software. Il tema è stato affrontato nell’ambito dello Iab Seminar svoltosi oggi, 4 luglio, a Milano.
“In un mercato dell’advertising che evolve a ritmi sempre più sostenuti - ha spiegato Carlo Noseda (foto in alto), presidente Iab Italia -, spinto dalla rivoluzione tecnologica e dalle nuove abitudini dei consumatori connessi 24 ore su 24 ore, crediamo che sia fondamentale puntare su una formazione continua e qualificata, che permetta ad aziende e agenzie di realizzare progetti all’avanguardia”. Da qui l’idea di realizzare un Seminar proprio dedicato al programmatic (per leggere l’articolo sul valore del mercato programmatic advertising, clicca qui).
Come anticipato da ADVexpress nei giorni scorsi (leggi news), dal palco Noseda ha lanciato l’appuntamento con l’evento itinerante dedicato al digitale (D City), che si svolgerà a fine ottobre a Milano. L’iniziativa, promossa da Iab Italia in collaborazione con il Comune di Milano, Cariplo Factory, Netcomm, Assocom, Adci, Ferpi e Hublab, porterà il digitale nelle strade del capoluogo lombardo.
Altra novità, Noseda ha annunciato, in tema di programmatic, la nascita di un Advisory Board (lato clienti), una sorta di comitato scientifico, che raccoglie 40 rappresentanti provenienti dalle principali aziende che investono in advertising e dai principali trading desk. L’obiettivo dell’Advisory Board, ha precisato il presidente Iab, “è quello di offrire agli investitori un ulteriore spazio per fornire il loro punto di vista sulle priorità del mercato adv e sulle tematiche di attualità, in modo da indirizzare la industry unendo risorse e potenzialità”; il tutto confermando il ruolo di Iab come punto di riferimento e guida autorevole per il settore digitale.
“L’essenza del programmatic advertising - ha spiegato Noseda - sta nella capacità di inviare il messaggio giusto, alla persona giusta, nel momento e luogo giusto: questo permette ai brand di favorire il coinvolgimento dei consumatori e il loro tasso di conversione, raggiungendo un target ampio e variegato con proposte efficaci e pertinenti per ciascuno. Per essere davvero efficace, però, il programmatic ha bisogno di utilizzare una profilazione molto precisa, anche in maniera predittiva: deve creare una successione di messaggi che raccontino una storia o definiscano un percorso di acquisto sequenziale e pertinente, offrendo la risposta a nuovi bisogni prima ancora che il consumatore stesso ne sia consapevole. Per questo parliamo di Creative Programmatic Advertising, un approccio che unisce supporto dei dati e creatività, con l’obiettivo di creare campagne più forti e coinvolgenti”.
Come aggiunto da Oliver Kanders, director market building & marketing Zeotap, la diffusione del programmatic advertising implica il passaggio da una logica ‘media-centric’ a una ‘people-centric’, perché con il programmatic consente di raggiungere gli utenti con contenuti pertinenti, efficaci e tempestivi.
L’Italia sta facendo passi da gigante in ambito di programmatic advertising, ma il nostro Paese, come precisato da Gianmario Verona, rettore Università Bocconi di Milano, sconta ancora gravi ritardi, soprattutto culturali, più che tecnologici: molti processi aziendali non sono ancora stati riconvertiti in una logica di ‘digital transformation’ e dunque i brand faticano a presidiare efficacemente il sempre più frammentato customer journey.
Quanto alla professione del futuro, Verona non ha dubbi: “C’è sempre più bisogno di esperti di marketing che siano capaci di dialogare con i data scientist”.
Il valore aggiunto del programmatic advertising, ha affermato Giovanna Loi, managing director [m]Platform GroupM Italia, consiste nella possibilità di raggiungere e ingaggiare il consumatore giusto attraverso la conoscenza e gestione dei dati. La posta in gioco è alta e consiste nell’attivare una marketing automation che risponda davvero alle necessità delle aziende, valorizzando i dati che possiedono, convertendo i contatti in clienti e ottimizzando gli investimenti.
Avviare una strategia davvero ‘data driven’, ha spiegato Loi, significa riuscire a costruire una ‘visione unica’ sul cliente, che permetta di massimizzare la customer experience degli utenti e, di conseguenza, il loro gradimento sia dei media che ospitano le campagne pubblicitarie, sia delle campagne stesse.
Solo in questo modo, infatti, sarà possibile far crescere gli investimenti complessivi del mercato. In quest’ottica, è importante che le aziende si affidino a una piattaforma tecnologica di Data Management Platform (Dmp) in grado di raccogliere, processare e organizzare grandi quantità di dati, permettendo di creare segmenti di utenti differenziati e attivando, così, progetti di comunicazione personalizzati e ad alto valore, riducendo le dispersioni.
Secondo Andrea Campana, ceo Beintoo, “attention is the new currency”. E per conquistare l’attenzione degli utenti, occorre saper utilizzare al meglio i dati a disposizione, a cominciare da quelli socio-demografici, ma non solo, perché, per esempio, persone dello stesso sesso e della stessa età possono essere interessate a comprare prodotti completamente diversi. E, dunque, oltre ai dati socio-demografici occorre saper analizzare la location e il contesto in cui si trova l’utente (se sono in libreria molto probabilmente voglio comprare un libro, mentre se bazzico spesso le concessionarie di auto, probabilmente è perché sono intenzionato a comprare un’automobile).
A questo punto, ha aggiunto Campana, per emergere nell’overload di impression in cui siamo immersi serve una creatività coinvolgente sia in termini di contenuto sia di formato, a cominciare dalle creatività verticali; senza tralasciare, ovviamente, l’uso di creatività geolocalizzate.
“Nel 2017 - ha concluso Campana - le creatività non devono essere solo belle, ma devono ‘funzionare’, quindi serve un approccio data driven per customizzare la creatività e avviare un controllo in tempo reale dei risultati, per essere in grado di modificare la comunicazione passo dopo passo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Luca Morpurgo, senior regional director southern Europe FreeWheel, il quale ha parlato di ‘qualità’ e ‘trasparenza’ come le due parole chiave del nuovo sistema di comunicazione basato su logiche programmatic.
Sul palco dello Iab Seminar è salita anche Christina Lundari, general manager Oath Italy, la quale si è concentrata soprattutto sul processo di nascita della nuova media company (leggi news). Ricordiamo che Verizon ha recentemente completato l'acquisizione di Yahoo!. Dalla combinazione degli asset con Aol, Verizon ha creato una nuova controllata, Oath appunto, con oltre 50 marchi dei settori media e tecnologia. Il portfolio di Oath comprende, tra gli altri, HuffPost, Yahoo Sports, Aol.com, Makers, Tumblr, Build Studios, Yahoo Finance e Yahoo Mail.
Da citare anche l’intervento di Simone Pepino, sales director Ligatus Italia, il quale ha spiegato che la diffusione del programmatic va coniugata con una valorizzazione del paradigma della qualità, a cominciare dai formati utilizzati. “Oggi - ha precisato -, non pagano più i formati invasivi, che anzi producono un effetto controproducente”, meglio far leva su formati contestuali, a cominciare dal native advertising.
Michele Marzan, consigliere Iab Italia e chief strategy officer MainAd, si è soffermato, in particolare, sulle trasformazioni introdotte, nell’ecosistema della comunicazione, dalle innovazioni tecnologiche, a cominciare dall’intelligenza artificiale, intesa come quella capacità delle macchine di prendere decisioni imparando dall’ambiente. Il machine learning svolge, infatti, un ruolo fondamentale nel sistema programmatic.
Bruno Maggioni, direttore commerciale area digital PubliAdige, ha evidenziato l’ottimo impatto commerciale (e di fatturato) esercitato dagli investimenti in programmatic, evidenziando come “l’inventory locale diventi spesso anche globale, ottimizzando le singola impression”.
A insistere in particolare sul tema della trasparenza come condizione indispensabile per qualsiasi approccio data driven è stato infine Stefano Spadini, ceo Havas Media Group. “Senza trasparenza - ha precisato - non c’è fiducia” e di conseguenza non ci sono investimenti e non c’è crescita. Ma attenzione, ha ammonito il manager, non tutti gli investimenti devono per forza essere realizzati in modalità programmatic.
Mario Garaffa