

Eventi
BC&E Festival 2025. “Perché un branded podcast abbia successo, non basta un contenuto di valore. Servono amplificazione e distribuzione ad hoc”
Il branded podcast è molto più di uno strumento di comunicazione: è un’opportunità per i brand di creare narrazioni coinvolgenti, costruire fiducia e consolidare la propria identità in modo autentico. Tuttavia, per trasformarlo in un vero asset strategico, è fondamentale integrarlo in una visione di lungo termine, evitando approcci frammentati o puramente tattici. Dalla progettazione alla distribuzione, passando per l’amplificazione e la misurazione dell’impatto, il podcast deve essere pensato come parte di un ecosistema più ampio, capace di dialogare con altri touchpoint e massimizzare il valore per il pubblico e per il brand. ne Ne hanno parlato al BC&E Festival Grazia Gravagna, Marketing Brand Manager CORRIERE DELLA SERA & Podcast Developer CairoRcs Media, Mirko Lagonegro, Founder Ceo MDE Audio Strategy e Andrea Maltagliati, Head of
Production VOIS.
A moderarli, Moderati da Georgia Giannattasio, CEO, Audion Italy e portavoce del Podcast Commettee di OBE, che nasce nel 2021 e ha all’attivo un White Paper, ricerche di mercato e video educational per dare al podcast il ruolo che merita.
Si parte da un punto cruciale: perché i brand dovrebbero utilizzare il branded podcast nelle loro strategie di comunicazione? “Facciamo un piccolo recap su che cos'è un brand podcast – chiarisce Gravagna -. Un branded podcast è un formato audio in cui un brand crea e distribuisce episodi con l'intento di raccontare storie, condividere conoscenze e intrattenere il pubblico, sempre però legandosi a quelli che sono i suoi valori e il suo messaggio. A differenza di quelli che sono i tradizionali spot pubblicitari, il podcast è un contenuto molto più profondo e più coinvolgente ed è anche capace di costruire una relazione molto più autentica e diretta con l'audience, grazie alla fruizione più intima che spesso avviene in cuffia e anche all'host che sembra quasi comunicare con ciascuno di noi”.
E a livello di strategia di comunicazione? “Il branded podcast può essere inserito in momenti specifici del percorso del consumatore, ad esempio, è particolarmente efficace quando si vuole sviluppare un legame più emotivo con un segmento di target anche molto difficile da raggiungere anche in termini di età, parliamo ad esempio di millennials ma in particolare la genera la Generazione Z che utilizza questo mezzo in ottica edutainment, quindi, sia per imparare nuove cose ma anche poi per intrattenersi e divertirsi”.
Quindi educare il pubblico su un prodotto e servizio per migliorare la propria awareness è effettivamente l'obiettivo di un branded podcast. Questo anche perché podcast poi permette di entrare nella vita quotidiana delle persone in modo non invasivo e molto intimo e uno dei vantaggi competitivi del podcast è assolutamente quello di essere multitasking, infatti può essere fruito sempre e ovunque anche mentre si fa altro e in questo modo i brand possono raggiungere i loro target di interesse anche senza schermo e qualsiasi momento della giornata.
Ma come si lega il multitasking al discorso dell’attenzione? Commenta Gravagna: “L'essere multitasking in realtà in questo caso non vuol dire poca attenzione, ma il mezzo nasce come on demand quindi io scelgo effettivamente di ascoltare un contenuto e questo vuol dire grande attenzione da parte del dell'utente, grande interesse e fidelizzazione, ad esempio, verso il proprio podcaster preferito. Parlando poi più specificatamente del rapporto tra pubblicità e podcast una delle caratteristiche più potenti del branded podcast è la sua memorabilità. Molti studi infatti hanno dimostrato come l'ascolto di contenuti audio sia altamente coinvolgente e memorabile”.
Il podcast, quindi, come mezzo complementare che crea un mercato con esigenze specifiche. “Non è un mezzo che va a sostituirsi al video, ma in realtà è un mezzo complementare a questo. Sicuramente rispetto al video il podcast riesce a creare
un'intimità e una profondità anche diversa rispetto ai contenuti visivi: l'intimità avviene nel momento in cui noi abbiamo un ascolto in cuffia quindi appunto abbiamo anche un rapporto one to one col mezzo. Inoltre, il podcast poi riesce anche a generare una profondità di contenuti e una narrazione più lunga nel caso in cui i brand vogliano esplorare e approfondire diverse tematiche, rispetto alla pubblicità tabellare”.
Oltre a quello del mezzo podcast, c’è un altro trend crescente nel panorama mediatico: il video podcast, come spiega Lagonegro. “Il video podcast è un podcast con le immagini che puoi guardare oltre che, ovviamente, ascoltare su YouTube e più recentemente anche su Spotify. In realtà non è una novità, è qualcosa che esiste da molto tempo. Basti pensare che il podcast più ascoltato al mondo, quello americano Joe Rogan - un tizio che gira su 100 milioni di ascolti di fruizioni per ogni episodio che fa - è nato nel 2009 ed è nato proprio su YouTube, qualificandosi peraltro proprio come podcast, quindi in realtà c'è un
po’ di commistione.
Il video podcast nell'accezione contemporanea è un podcast dove ci sono delle persone che parlano riprese da una da una telecamera, quindi può essere un dialogo, un talk show o altro. Il podcast è un'altra cosa: il podcast nativo audio vede in questo formato di conversazione solo una piccola declinazione tra molte. Il podcast nasce infatti come progetto di comunicazione pensato per l'audio proprio per sfruttare i superpoteri dell’audio come, ad esempio, il fatto che puoi ascoltarlo mentre fai altro o il fatto che crea una connessione potentissima tra chi racconta e chi ascolta, che poi è il vero vantaggio che viene messo a disposizione dei brand che vogliono sfruttare questa grande connessione. Soprattutto, poi, il video podcast ha la capacità di poter essere seguito anche facendo altre cose e questo oggi va a costruire una sorta di bolla che può permettere alle persone di staccare dall’eccessiva presenza di contenuti video. In più, mentre nel video podcast il genere utilizzato è quello dell'intervista, nel podcast esistono un sacco di altre sfumature, ad esempio lo storytelling o il genere True Crime: i veri grandi successi nell'ambito podcast sono proprio questi filoni che possono esistere solo in audio”.
A proposito di dati di fruizione, oggi il fenomeno inizia a essere misurato. “In Italia c'è ancora una predominanza di persone che preferisce ascoltare un podcast rispetto a quelli che invece lo guardano. Guardando ad altri Paesi, ad esempio, gli Stati Uniti, che sono molto più ricchi di numeri lì solo il 10% del giovane pubblico li ascolta ed è lecito pensare che sia un cambiamento in corsa che molto probabilmente arriverà anche qua in Italia.
Infatti stiamo assistendo non tanto a una tendenza, quanto a una vera propria una trasformazione del modo di fruire i video podcast. Le ragioni alla base sono da ricercare nella possibilità di approcciare questo genere questi contenuti grazie alle piattaforme video che di fatto stanno ampliando il pubblico, nel senso che c'è un pubblico più nuovo che sta scoprendo questo formato grazie semplicemente ai numeri di cui YouTube può fregiarsi, con un’audience che è quattro volte quella di Spotify. Poi stiamo notando come queste persone magari scoprono questi contenuti e poi in seguito possono decidere di vederli o
semplicemente di sentire la loro versione audio, quindi c’è un nuovo pubblico che sta conoscendo questo formato ed è un pubblico del quale può trarre vantaggio sia chi produce i podcast sia i brand”.
Ma quando, a livello di kpi, un brand può dire che l’operazione ha funzionato? “Facciamo prima un passo indietro - spiega Maltagliati -. Dobbiamo prima di tutto considerare in maniera molto attenta qual è il tipo di esperienza che fa un ascoltatore di podcast, ed è un'esperienza molto diversa da quella che può essere esperita in altri media che possiamo considerare affini, per esempio la radio che condivide il fatto di essere audio, oppure altri media digitali, social media e youtube che condividono col podcast il fatto di essere fruiti online e essere on demand. Ecco, il podcast ha dei comportamenti di ascolto molto diversi e tutto questo, a cappello, ci serve per considerare che prima ancora di contare gli ascolti e i numeri di un podcast, questi vanno pesati, perché la qualità di questi numeri è completamente diversa e soprattutto vanno pensati anche in funzione di quella
che vuole essere la strategia di comunicazione di un brand”. Quindi, se anche il podcast dovesse avere piccoli numeri, bisogna considerare che è un prodotto che lavora sull’awareness, sulla familiarità e sulla consideration piuttosto che sui
numeri.
Tornando a podcast e videopodcast, come scegliere la formula giusta per un brand? “Sono due cose estremamente diverse, ognuna delle quali ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi, quindi non c'è una scelta migliore una scelta peggiore, ma questo rimanda a un ragionamento sulla strategia di comunicazione che deve essere stabilita prima, ragionando sugli obiettivi e sul target”, spiega Lagonegro. “L'errore che spesso si fa è quello di pensare che facendo un podcast e riprendendo con delle videocamere si ottenga automaticamente più audience. In realtà non è assolutamente detto che sia così, cioè se vogliamo considerare un podcast con l'aggiunta delle immagini quindi nella declinazione podcast più video podcast bisogna che sin dall'inizio venga considerato come un progetto multimediale e come tale deve essere curato sotto tutti gli aspetti. Banalmente, pensiamo alla scrittura: ci sono parecchi esempi dove si realizza un video podcast dopodiché si estrapola la colonna sonora lo si mette sulle piattaforme audio e dentro ci sono dei riferimenti come ad esempio all'abbigliamento dell'ospite che se uno ascolta non riesce a seguire, quindi deve essere progettato sin dall'inizio come un progetto multimediale che deve esistere nella sua dimensione audio e nella sua dimensione visiva”.
Oggi siamo in una fase in cui un video podcast fatto con una ripresa di bassa qualità un cellulare, senza un setting e un minimo di scenografia non può più funzionare. “La componente visual deve essere all'altezza e ciò significa che il brand che decide di avvicinarsi anche al video podcast deve ragionare su tutti questi aspetti qualitativi perché vengono percepiti come sinonimo della qualità complessiva del messaggio. Va quindi elaborata una strategia corretta e finalizzata”.
Quali dovrebbero essere i Kpi quelli del video podcast? “Sono quelli classici con cui misuriamo l'efficacia di qualunque progetto video – prosegue Lagonegro -. Diciamo che forse sono quelli un po’ più orientati a una logica media di stima delle reach dei contatti.
Ricapitolando: un branded podcast mira a costruire una relazione diretta tra il brand che ha commissionato il progetto e la audience che ha deciso di essere il suo target di interesse. Da questa relazione trarrà dei vantaggi nel tempo”.
Che ruolo svolgono la distribuzione e l'amplificazione per il raggiungimento di obiettivo? “Sicuramente un ruolo molto importante, anche se molto spesso purtroppo si tende a sottovalutare che se contenuto non viene distribuito correttamente il suo valore potenziale viene fortemente ridotto quindi è molto importante per un branded podcast avere poi la possibilità di essere distribuito: la distribuzione l’amplificazione fanno veramente la differenza”, spiega Gravagna. Come possiamo farlo? “Possono aiutarci diverse attività quindi possiamo realizzare articoli, attività sui social media, oppure attivare anche delle piattaforme specializzate. Questo sicuramente aiuta a raggiungere un pubblico che sia il più ampio possibile e in target con quello che vuole il nostro brand per arrivare nelle orecchie giuste. Un contenuto di valore non basta se non è visibile, è fondamentale integrarlo anche alle attività proprie del brand, quindi, se ad esempio il brand ha un suo sito, si possono creare degli articoli che vadano ad approfondire quello che è il tema del podcast e in questo caso magari si può anche attirare un pubblico che preferisce leggere però poi può essere incuriosito dall'ascolto del podcast. Anche i social media sono una piattaforma molto potente per promuoverlo attraverso citazioni, brevi clip e YouTube che oggi è primo canale di discoverability dei podcast”.
Ecco perché è estremamente importante affidarsi a professionisti di settore, perché non bisogna dimenticare la capacità di trasferire nel linguaggio podcast cosa il brand vuole comunicare. Affinché il podcast sia efficace e di valore, è fondamentale avvalersi dell’esperienza di gruppi editoriali o agenzie specializzate come le podcast factory, in grado di sviluppare una narrazione che risponda agli interessi del pubblico di riferimento.
Ma quali sono le modalità che un brand ha per collaborare con creator e podcast già esistenti? “Quando si crea un podcast da zero c’è la difficoltà di doversi creare un proprio pubblico”, spiega Maltagliati. “Se invece cisi appoggia su un podcast già esistente, si può sfruttare un’audience già costruita per comunicare il messaggio”.
Da questo punto di vista ci sono dati interessanti: secondo un’indagine di Ecast, il podcast è il media che più permette di costruire una community, più dei social media. Con il 55% contro il 52% dei social media e 47% di YouTube. “Il 59% degli intervistati, inoltre, considera i podcaster come amici e il 63% si fida di loro. Ed ecco che quindi si può lavorare con la content integration, con la creazione di episodi speciali fatti da creator e brand, con product placement, ospiti per le puntate, oppure si possono fare sponsorship degli episodi o ancora, come accade soprattutto negli Usa, si può sfruttare la modalit delle host read ads, ovvero far trasmettere il messaggio del brand direttamente dall’host con il suo tone of voice”.
Infine, nell’ultimo periodo si stanno diffondendo anche i live podcast. “Un trend interessante, dove i brand possono diventare sponsor di questi eventi o addirittura creare eventi ex novo che possono porre il podcast al centro del loro evento. In tutti i casi, va costruita su misura un’esperienza di valore”.
Per informazioni e dati sull’argomento, si può scrivere a: segreteria@osservatoriobe.com
Serena Roberti