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BC&E Festival 2025. Il biopic come ponte tra passato e futuro del brand
Il biopic ha il potere di trasformare la storia di un’azienda in una narrazione coinvolgente, capace di ispirare, emozionare e creare connessioni profonde. Dare voce al passato significa dare valore al futuro, trasformando l’eredità di un’azienda in un patrimonio vivo, in grado di rafforzare il legame con il pubblico. Il branded entertainment diventa così uno strumento potente per rendere autentico il racconto di un brand, trasformando la memoria in un motore di crescita e innovazione.
Moderati da Salvatore Sagone, Presidente ADC Group, ne hanno parlato Axel Donzelli, Digital Affairs Director UTOPIA e Marco Geranzani, Creative Director Ogilvy. Prima di tutto, il significato del biopic. Una tendenza che sfrutta celebrazioni e anniversari
dalla nascita dei brand o un nuovo e diverso modo di raccontare i brand, le aziende e le persone le hanno fondate? “Al di là delle tendenze, alla base del biopic ci deve essere una bella storia da raccontare. Ci sono dei brand che evidentemente se lo possono
permettere e ci sono dei brand che questa possibilità non ce l'hanno. Ovviamente sta nella sensibilità sia del cliente che dell'agenzia capire se la storia del brand possa o meno diventare argomento di comunicazione”, spiega Geranzani. “Esistono delle bellissime storie da raccontare. Noi l’abbiamo sperimentato con Neutro Roberts, trovando un racconto di un brand che dal passato sa proiettarsi nel futuro e vivere il presente con un certo approccio. L’autenticità della storia è la conditio sine qua non e noi abbiamo trovato la storia di Henry Roberts, un inglese che, a metà dell’Ottocento, si trasferì a Firenze e aprì una farmacia da cui poi è scaturita la scintilla del brand e dei suoi oltre 100 anni di storia”.
Conferma Donzelli: quella del biopic non è una tendenza destinata a svanire. “Il biopic rientra in quello che viene definito ‘branded entertainment’ e io credo che nel corso del tempo sarà sempre più presente. Le motivazioni sono legate a due elementi: il fattore umano e il fattore tecnico. Sul fattore umano c'è da dire che oggi le persone sono sempre più interessate alle storie vere, complesse e ispirazionali. Specialmente se si ha a che fare con le nuove generazioni, che sono sempre più attratte dalle origini e dai valori delle aziende. Non è più sufficiente proporre la vendita di un prodotto attraverso la pubblicità convenzionale, ma è necessario fare uno sforzo in più. Il branded entertainment, in questo, è il mezzo ideale: la serialità in qualche maniera dà profondità ed è interessante non solo raccontare quanto un prodotto sia straordinario, ma anche quali sono stati i momenti di difficoltà per arrivare a oggi. Noi con il docufilm ‘Una passione dirompente’ diffondiamo la storia dell'azienda Ambrosoli dove ci sono dei momenti di difficoltà che vengono raccontati dallo stesso presidente Alessandro Ambrosoli. Un'azienda centenaria che nel dopoguerra ha dovuto far fronte a tante complessità. Dal punto di vista tecnico, inoltre, credo che la tecnologia oggi abbia abbassato fortemente l'asticella rispetto agli investimenti. Le videocamere, i software di montaggio, le piattaforme di post- produzione o addirittura quelle di distribuzione sono gratuite in alcuni casi e hanno creato un linguaggio narrativo più alla portata di tutti. Noi all’interno di Utopia abbiamo la società Urania, che che nasce dallo spin off della divisione editoriale specializzata nella produzione e nella distribuzione di contenuti editoriali. Nei vari sforzi che stiamo facendo per portare avanti questo progetto, abbiamo investito nell'acquisizione di un canale tv per digitale terrestre che è Urania TV (canale 260) all'interno del quale noi oltre a ospitare dei format di approfondimento istituzionale, economico e su temi sociali, abbiamo una porzione del palinsesto dedicata alla distribuzione di contenuti di docufilm proprietari e non, come, appunto, quello di Ambrosoli, perché crediamo che sia un linguaggio che funziona molto molto bene”.
Quando si raccontano le storie delle aziende e soprattutto dei suoi fondatori si entra in una sfera molto intima e privata, nel cuore pulsante dell'ego delle persone. Non è come fare uno spot tradizionale per un prodotto o un servizio.
Da un punto di vista creativo di rapporto azienda agenzia o case di produzione, quali problematiche opportunità può
rappresentare questo genere di racconto? Donzelli: “Siamo stati fortunati. Abbiamo avuto a che fare con un cliente molto ricettivo rispetto ai suggerimenti e al taglio da adottare. Il docufilm nasce per celebrare il centenario di Ambrosoli e io ho avuto l'opportunità di confrontarmi con Alessandro Ambrosoli che è l'attuale presidente e che è una persona straordinaria di 90 anni, ma con una lucidità di pensiero e una passione davvero dirompente. E ricordo che quando abbiamo avuto la possibiità di approfondire, lui ci ha portati nella stanza della vecchia casa di famiglia che era un archivio con le pizze con i
vecchi spot del carosello e le pubblicità degli anni’60, per cui nel mio caso specifico è stata un'esperienza incredibile, con il coinvolgimento di Officine Ied che ha contribuito alla scrittura e la direzione artistica di Silvio Soldini. Ci sono state, quindi, delle concause che hanno reso questo progetto eccezionale, il tutto poi supportato anche dal fatto che Alessandro Ambrosoli in quel periodo aveva pubblicato un libro della storia di famiglia, quindi non dico che lo script fosse quasi pronto, però ha contribuito tantissimo alla fluidità di lavoro”.
Racconta Geranzani. “Il nostro è stato un percorso iniziato con un grande dialogo con il cliente. L’obiettivo era dare vita a una nuova campagna di comunicazione di Neutro Roberts e il punto di partenza è stato quello classico per noi di Ogilvy, ovvero un lavoro strategico di approccio di analisi dei dati fino all'individuazione passo dopo passo con la partecipazione del cliente di quella che ci è sembrata essere la scintilla: il prodotto restituisce cura alla pelle ed è una sua missione da sempre. Questa restituzione è stata l'asset strategico su cui abbiamo cominciato a lavorare e lì abbiamo individuato la storia e ci si è
resi conto tutti insieme che c’era materiale per il biopic, un branded entertainment di 4 minuti di film”.
La lunghezza del formato, infine, non è un particolare trascurabile per perché poi da questo dipende anche dalla scelta dei canali. “Con Ambrosoli abbiamo organizzato la prima all’Anteo di Milano, dopodiché in termini di distribuzione abbiamo utilizzato tutti i canali digitali e, avendo l'opportunità di avere un canale tv, sono state organizzate diverse repliche, quindi un media mix che va dai canali più tradizionali a tutti i canali digitali”.
Il media mix di Neutro Roberts è stato plasmato step by step. “Abbiamo fatto un lancio in grande stile con il quattro minuti portato in televisione su Canale 5 in prime time con tanto di lancio di Cesara Bonamici del Tg5, con teaser nella settimana precedente sia su stampa sia sui social. Poi siamo andati in onda negli stessi spazi pubblicitari con il 30 secondi e un 20 secondi più incentrato sul prodotto. E siamo andati anche al cinema perché si trattava di un branded entertainment con un linguaggio cinematografico molto forte”.
SR