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Eurobest: al via la tre giorni dedicata alla creatività nel centro di Roma

Si è aperta oggi a Palazzo Barberini, nel centro di Roma, la prima edizione 'italiana' di Eurobest, che fino a venerdì raccoglierà nella capitale creativi, produttori e clienti provenienti da tutta Europa. Una prima giornata dedicata a numerosi speech riguardanti case history internazionali di enorme successo: dai 30 anni di comunicazione delle assicurazioni olandesi Central Behheer al progetto ‘The Next Rembrandt’ firmato JWT Amsterdam per ING, dal rebranding dei canali Rai ispirato alla storia del design italiano al contest creativo Nespresso ‘Talent’ realizzato in collaborazione con Userfarm. Fra tutti, però, ha sicuramente brillato l' analisi condotta da BMB sul 'fail' della comunicazione che ha portato ai risultati a dir poco sorprendenti del referendum sulla Brexit e delle presidenziali USA.

(Roma - dal nostro inviato Tommaso Ridolfi) Di fronte a un pubblico di delegati numeroso e composto in gran parte di giovani e studenti, ha preso oggi il via la prima edizione di Eurobest a svolgersi in Italia, presso la Galleria di Arte Antica di Palazzo Barberini nel centro di Roma. Una prima giornata ricca di seminari e speech che hanno spaziato su aspetti della creatività e della comunicazione molto diversi.

La prima sessione ha visto per esempio Balder Onarheim (nella foto), co-fondatore del Copenhagen Institute of NeuroCreativity, invitato da CP+B London, illustrare le differenze nell’approccio creativo fra adulti e bambini, mostrando quanto con l’età si perda l’approccio ‘disruptive’ tipico dell’infanzia. Grazie alle neuroscienze, ha spiegato Onarheim, oggi sappiamo di più, ma non ancora abbastanza, di come funzioni il lato creativo del nostro cervello: “Quello che sappiamo è che abbiamo dei filtri ‘automatici’ che la bloccano, ma che possiamo superare attraverso alcuni semplici esercizi: per questo dovremmo abituare il nostro cervello a valorizzare la creatività, piuttosto che a inibirla, fin da bambini”.

Roberto Bagatti, Creative Director di Rai, ha proposto invece un excursus fra tutto ciò che dell’Italia conoscono i non italiani, il Made in Italy per cui siamo famosi: cibo, vino, auto, arte, opera, paesaggi, moda – ma anche la mafia – e naturalmente il design. “Se è impossibile parlare di un unico ‘italian style’ nel campo del design – ha spiegato –, possiamo però identificare le ragioni per cui è unico. Ragioni storiche, innanzitutto: il design italiano è nato sull’onda della ricostruzione, sui resti dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, cui si sono aggiunti fattori locali (l’Italia è una nazione giovanissima, fatta da 20 regioni diverse e che ospita circa 200 diversi dialetti), una cultura e una tradizione basata sulla famiglia e sulla religione”.

Spesso, ha aggiunto, si pensa al design italiano più classico anziché a quello più moderno, associandolo a un’idea di cultura rinascimentale: “Nel lavoro che stiamo facendo per il rebranding dei canali Rai – ha quindi concluso – ci siamo invece focalizzati su nomi come Munari, Mari e Vignelli, mixando modernismo e minimalismo per evidenziarne la contemporaneità”.

Successi internazionali

I seminari sono poi proseguiti con due pluripremiate – ma assai diverse – case history del panorama europeo: quella della campagna Pink Ribbon ‘Check it before it’s removed’, che allo scorso Festival di Cannes ha conquistato ben 12 leoni, e quella dal format ormai storico – ‘Just call us’ – per le assicurazioni olandesi Central Beheer che da ormai 30 anni vince premi a ripetizione. Myles Lord, Creative Managing Director DDB Berlin, ha raccontato la nascita e lo sviluppo di un’idea nata ‘inside the box’, dove per box si intende lo schermo di qualsiasi device mobile, fatta apposta per essere censurata da Facebook e Instagram in cui alcune donne apparivano a seno scoperto (violando quindi le ferre regole dei social network in proposito), invitando ogni altra donna a controlli per prevenire il tumore al seno prima che fosse troppo tardi: “Lanciata lo scorso 8 marzo per la giornata mondiale della donna – ha raccontato Lord – la campagna è stata condivisa, censurata come ci aspettavamo, e proprio per questo rilanciata nel giro di pochissime ore in tutto il mondo, raggiungendo 29 milioni di persone. "I premi ricevuti a Cannes sono stati ovviamente graditi, ma mi hanno portato a una riflessione perché uno solo dei 12 leoni è arrivato dalla categoria ‘mobile’: ciò vuol dire che ormai non possiamo più parlare di advertising, pr o media incasellando le idee e i progetti. In quest’epoca digitale il punto è ingaggiare l’audience a qualunque costo: e oggi che 2,2 miliardi di persone hanno in mano uno smartphone pensare ‘inside the box’, partendo dal mobile, è diventato indispensabile”.

A Marteyn Roose, Marketing Manager di Centraal Beheer Achmea, e Milo van der Meij, Business Director di DDB e Tribal Worldwide Amsterdam, il compito di svelare invece la ‘formula segreta’ del successo di una campagna ormai trentennale: “L’ingrediente essenziale – hanno spiegato – è la paura, o meglio le paure. Paura di cambiare un modello di business consolidato: abbiamo cominciato a vendere assicurazioni al telefono in un’epoca in cui lo si faceva solo di persona, faccia a faccia. Paura che la comunicazione non sia abbastanza efficace: per questo ogni nostro spot punta sempre al massimo livello di awareness, likeability e brand consideration, utilizzando da 30 anni la leva dello humour e dell’entertainment per conquistare l’attenzione della gente. Paura dei cambiamenti nello scenario di business e paura dei competitor: ogni storia di successo viene immancabilmente copiata, perciò la soluzione è essere sempre un passo avanti anche dal punto di vista delle produzioni – investire in campagne di qualità, oltretutto, ci assicura un tale impatto che possiamo permetterci di spendere meno sul lato della pianificazione media…”.

Fra gli altri, Roose e van der Meij hanno mostrato un commercial che azienda e agenzia avevano scartato, in cui, in un meravigloso Giardino dell’Eden, Eva incontrava un Adamo ‘gay’: “Avevamo paura di esserci spinti troppo in là e lo spot non è mai andato in onda – hanno detto –. Anzi, pensavamo di averne distrutto ogni copia, salvo poi scoprire che qualcuno ne aveva postato una versione online diventata a nostra insaputa un clamoroso successo virale! Un’altra paura è infatti quella dei cambiamenti nella società: alle persone basta un attimo per andare online per comparare i prezzi delle assicurazioni, ma anche in questo caso siamo sempre stati i primi ad adottare le nuove tecnologie, dalle app mobili all’uso di Whatsapp come canale di vendita e contatto”. E questo porta al tema delle analytics: nessuna paura dei Big Data e della misurazione di qualsiasi attività attraverso qualsiasi canale, ma sempre ricordandosi di dare un tocco personale alla comunicazione: “La nostra campagna di maggior successo – testimoniano – è stata quella in cui abbiamo invitato le persone a chiamarci proprio mentre erano online e stavano per sottoscrivere un contratto, non per offrirgli un prezzo scontato ma per aggiungere valore alla polizza che intendevano acquistare”.

L’ultima paura è quella del rigetto e del rifiuto, perché ogni nuovo direttore marketing e ogni nuovo direttore creativo che si è avvicendato in questi 30 anni ha avuto il dubbio se non fosse ora di cambiare formula: “E alla fine è sempre servito un grande coraggio per rimanere ‘fedeli alla linea’, comprendendo che la sfida non è cambiare solo per cambiare ma migliorare quel che è già stato fatto, mantenendo centrale la chiave del messaggio di semplicità, facilità e vicinanza alle persone che è nostro da sempre”.

I pochi sì e molti no della comunicazione referendaria e politica mondiale

Il referendum scozzese perso dai separatisti per un soffio, la svolta epocale della Brexit, il successo a dir poco inatteso di Trump: che cosa accomuna questi tre eventi e potrebbe estendersi anche alle altre imminenti consultazioni elettorali e referendarie attese in Europa nelle prossime settimane?

La risposta di Juliet Haygarth, Chief Executive, e Jules Chalkey, Chief Creative Officer dell’agenzia inglese BMB, è in una sola parola: rabbia.

““Ciò che sta accadendo in tutto il mondo è l’emergere della destra populista cui fa da contraltare la stanchezza della sinistra ‘illuminata’ e, una volta, progressista – hanno esordito –. E qual è il sentimento che domina i diversi paesi in cui ciò avviene? La rabbia, appunto. Gli arrabbiati si autogiustificano, sono sempre convinti di aver ragione: e la psicologia ci insegna che parlare razionalmente a qualcuno in quel preciso momento non serve a nulla e anzi è controproducente. Ciò che si può fare, invece, è empatizzare’ con chi è arrabbiato, non per dargli ragione ma per dimostrargli che lo capiamo”.

Da questo spunto è partita la riflessione sulla comunicazione.

“I sostenitori della Brexit promuovevano il sì con l’immagine di una lunga coda di stranieri pronti a invadere la Gran Bretagna, o con slogan come ‘diamo al Servizio Sanitario Nazionale i 350 milioni di sterline che diamo ogni settimana alla UE’. La risposta del no è stata sconcertante: pagine e pagine di parole che spiegavano che la coda era di rifugiati e non di immigranti, con una infinita sequenza di dati e numeri i benefici e i ritorni che i soldi versati alla UE portavano al Regno Unito… Ma nessuna immagine altrettanto forte”.

“Una cosa simile è accaduta negli Stati Uniti, dove alle bugie conclamate di Trump durante uno dei dibattiti presidenziali Hilary Clinton ha risposto minimizzando, con un’alzata di spalle e un sorriso di compatimento, come quando un genitore ignora uno scatto d’ira di suo figlio. Ed è in quel preciso momento che ha perso…”.

Come è possibile intervenire efficacemente in questi casi per cambiare l’umore di una persona arrabbiata ma anche, più in generale, il sentiment di un’intera nazione?

Haygart e Chalkey hanno proposto un decalogo:

1. Non cambiare argomento, ma riconoscere le possibili ragioni dell’altro e confrontarsi

2. Non affidarsi esclusivamente ai fatti e alla razionalità

3. Anche se è difficile e nessuno vuole mostrarsi il più debole, si deve accettare di partecipare al gioco del ‘di chi è la colpa’

4. Spezzate il cerchio della rabbia: il carattere si dimostra con l’azione, non per forza con il combattimento

5. Cercate di incanalare la rabbia dell’altro e la sua energia verso qualcosa di costruttivo (anziché distruttivo)

6. Dotate i vostri supporter dei mezzi e degli strumenti per agire anch’essi

7. Create un sistema di immagini ben preciso e definito, perché le immagini restano impresse nel nostro cervello molto più delle parole

8. Create idee capaci di parlare a tutti e non solo a chi è già ‘convertito’: abbiate un obiettivo e una visione più ‘alti’

9. Il momento in cui intervenite e comunicate è fondamentale tanto quello che direte o farete vedere e sentire

10. Siate trasgressivi e divertenti: è psicologicamente impossibile che il nostro cervello possa provare nello stesso momento rabbia e divertimento; lo humour, per di più, è capace di sollevare domande importantissime

11. Riqualificate il dibattito e spostate l’accento su idee capaci di cambiare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone

Userfarm e Nespresso: nel 2017 la seconda edizione

Come già anticipato ieri da ADVexpress (vedi notizia correlata), in chiusura di giornata Frederik Pénot, CEO Userfarm, e Yvonne Iwaniuk, Head of Corporate Communications and Public Affairs Nestlé Nespresso, hanno illustrato il processo e la meccanica attraverso cui è stato realizzato il contest creativo Nespresso Talent.

“In uno scenario fortemente competitivo, lo storytelling è da sempre al centro del nostro brand – ha detto Iwaniuk –, come dimostrano le campagne con George Clooney (e altri testimonial famosi, da John Malkovich a Jack Black: ndr) che si susseguono da alcuni anni. L’obiettivo di Talent era proseguire su questa strada ma raggiungendo un’audience più giovane, anche se questo ha significato muoversi in un territorio per noi inesplorato”.

“Sono ancora pochi i marketer che hanno il coraggio di avventurarsi nell’approcciare il crowdsourcing – ha proseguito Pénot – accettando la sfida di chiedere agli stessi utenti di trovare una risposta non solo alla domanda su quali idee possano essere generate ma anche su come ciò possa essere fatto. Oggi esistono innumerevoli strumenti per pianificare e gestire il processo creativo, assicurandosi che il risultato sia conforme alle attese prima ancora che una singola idea sia prodotta. In questo caso abbiamo ribaltato i termini della questione proponendo alla community di Userfarm un brief apparentemente semplice ma assai impegnativo: raccontare una storia personale ma straordinaria, unbranded, di massimo 3 minuti e soprattutto in formato verticale”.

Il vincitore del primo premio, lo spagnolo Franzo Nàjera, presente a Roma, ha raccontato le difficoltà e le caratteristiche del suo progetto ‘Scars’, che mostra un uomo nell’atto di tagliarsi improvvisamente la barba che da 30 anni celava le cicatrici presenti sul suo volto: “La storia vuole essere una metafora di come sia possibile superare i propri complessi e problemi, non necessariamente fisici ma anche mentali o spirituali. È stato curioso: dopo tutte le volte che mi è capitato di dire a mia moglie di ruotare in orizzontale il suo telefono quando faceva dei filmati, per la prima volta mi sono trovato io a dover girare in formato verticale. Ma alla fine sono stato completamente soddisfatto delle luci e della composizione dell’immagine”.

Visto il successo della prima edizione, che in un solo mese ha raccolto dai 1660 partecipanti al contest – “Di cui quasi il 30% sotto i 30 anni” specifica Iwaniuk –, ben 384 filmati, 20 dei quali entrati in shortlist e tre sono stati premiati con un viaggio a Cannes in occasione del Festival del Cinema, Pénot e Iwaniuk ha confermato il proseguimento della collaborazione annunciando la partenza a breve del Nespresso Talent 2017.