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Interact/6. La parola alle aziende: trasparenza, misurazioni ‘olistiche’ e controllo dei dati sono aspetti chiave per trasformare l’ambiente del digital adv in un vero ‘ecosistema’
“Molti parlano di ecosistema digitale – ha esordito Barbara Sala, CEE Strategic Connection and Media Director Coca-Cola –, ma personalmente non sono d’accordo: non abbiamo ancora trovato un modo, un ‘sistema’ appunto, per collaborare in modo trasparente lungo tutta la supply chain. Nel nostro settore manca la fiducia: una fiducia ‘soft’, come quella fra amici che si dovrebbero aiutare l’uno con l’altro nel navigare in questo mondo. Noi aziende dovremmo perseguire una visione più chiara e obbiettivi più precisi, investendo e fidandoci dell’aiuto dei nostri partner”.
Bastien Parizot, Global Head of Consumer Engagement and Personalization di Nestlé, si è detto d’accordo con Sala: “La fiducia oggi è fondamentale quanto la trasparenza, ed entrambe vanno in due direzioni: così come noi chiediamo trasparenza alle agenzie, alle piattaforme e al mondo adtech in generale, allo stesso modo dobbiamo essere totalmente trasparenti verso i consumatori, e nell’ultimo giorno dell’era pre-GDPR il riferimento non può non essere ai dati che raccogliamo e a come li utilizziamo”.
“Quella verso i consumatori è una responsabilità importante – ha aggiunto Ben Sutherland, Chief Digital Officer Diageo –, ma ricordiamoci che non è l’unica! Altrettanto grande è la responsabilità nei confronti dei nostri azionisti, ai quali dobbiamo garantire livelli di performance e di reputazione che assicurino l’andamento positivo della società. È la forza dei nostri brand, che dobbiamo difendere e alimentare nel miglior modo possibile, a permettere tali performance. E se non basta, dobbiamo trovare partner che ci sfidino e ci spronino ad alzare ancor di più i nostri standard”.

Nuove metriche e KPI
“Per parlare di performance bisogna rifarsi alle metriche attraverso cui misurarla” ha osservato Sala. La manager ha quindi citato il grande lavoro fatto da UPA sul tema dei KPI (che proprio in questi giorni è stato presentato agli investitori internazionali al congresso mondiale della WFA, a Tokyo – leggi news: http://www.adcgroup.it/adv-express/news/industry/industry/upa-presenta-a-tokio.html), ricordando che se la mappatura ne indica più di 500, “La colpa è anche nostra: siamo noi aziende ad aver generato una simile confusione. Proprio due settimane fa, in Coca-Cola, siamo partiti con un programma di ‘chiarimento’ di quali devono essere gli obiettivi lungo l’intera catena del valore dell’ambiente digital”.
“La complessità è oggi una caratteristica di un po’ tutte le organizzazioni aziendali – ha confermato Parizot –: dobbiamo imparare a semplificare, smettendo di inseguire le ultime e luccicanti novità del momento, pensando piuttosto a consolidare le nostre attività ‘core’, a identificare un modello di misurazione sistematica capace di andare oltre i due grandi classici del clickthrough e della viewability, ma senza arrivare agli eccessi di cui parlava Barbara”.
“Per ogni marketer – ha rispreso Sala –, quella della misurazione è una questione cruciale: siamo abituati a lavorare con le metriche che ci sono più familiari, ma anche senza complicarci la vita dovremmo passare dalla misura delle impression pure e semplici a quella delle reazioni suscitate dalle impression. Ci servono nuovi strumenti capaci di misurare ‘olisticamente’ tutta la nostra attività: non solo dal punto di vista della cross-medialità, ma anche cross-brand, cioè su tutto il nostro portfolio di marchi e prodotti…”.
Secondo Sutherland, “Si possono usare KPI e metriche di tre tipi: di lungo periodo, di breve termine, o anche puramente operative. Ma alla fine l’obiettivo del digital marketing è uno solo: chiudere il cerchio fra la creazione di domanda e la decisione e l’atto di acquisto, modificando i comportamenti dei consumatori. Per riuscirci dobbiamo imparare a sbloccare il valore dei dati di cui noi stessi disponiamo”.
Il controllo dei dati e della filiera AdTech
“La proprietà e il controllo dei dati sono questioni importanti – ha sostenuto Parizot –, ma non bisogna farne un feticcio e dovremmo forse concentrare di più l’attenzione sul modo in cui i dati sono raccolti, conservati e utilizzati. Altrettanto importante Sarebbe, secondo me, riprendere il controllo della filiera Ad Tech, che abbiamo lasciato quasi interamente nelle mani delle agenzie”.
Barbara Sala si è detta d’accordo, ma ha aggiunto che “Il nocciolo della questione non sta nella filiera tecnologica, perché le macchine si possono comprare: quelle che servono sono le capacità di usarle. Questo è il vero problema. Abbiamo due possibilità: costruire queste capabilities internamente, portando in casa data scientist e analisti capaci di far funzionare le macchine; oppure affidarci ai partner, e qui si ritorna sul tema della trasparenza e della fiducia nell’intera supply chain, creando valore per tutti coloro che ne fannoparte”.
A una domanda specifica del moderatore del panel Andrew Buckman sull’adozione di Blockchain, Artificial Intelligence e Machine Learning, Sutherland ha risposto che Diageo sta effettuando diversi test sulla Blockchain internamente ed esternamente: “Ma il suo impatto sul business vero e proprio appare ancora abbastanza lontano e non se ne vedranno i risultati prima di 18-24 mesi. Sono invece convinto che AI e Machine Learning avranno applicazioni pratiche molto più ravvicinate – ha precisato Sutherland –, nella personalizzazione della comunicazione e del packaging e nell’evoluzione dei prodotti stessi per renderli sempre più rilevanti per i consumatori, e infine nell’aiutarci a prendere decisioni migliori, più intelligenti e più rapide”.
Coca-Cola non ha ancora fatto un passo sufficientemente avanzato dal punto di vista della digital
trasformation, ha ammesso Sala: “La nostra società è ancora molto indietro sotto questi punti di vista: ma stiamo lavorando per riprendere terreno e oggi la nostra priorità è riuscire a gestire al meglio tutti i dati disponibili per informare e supportare le nostre strategie.
TR